Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7591 del 01/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2011, (ud. 18/03/2011, dep. 01/04/2011), n.7591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10768-2007 proposto da:

O.V., P.R., D.M.G.,

I.M., A.A.M., B.S.,

G.O., L.V., P.A., B.

C., D.C.G., P.C., P.

R., R.R., L.P.V., tutti

elettivamente domiciliati o in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo

studio 8/8 dell’avvocato KRATTE KLITSCHE DE LA GRANGE TEODORO, che li

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA “SAN CAMILLO FORLANINI”;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1677/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/08/2006 R.G.N. 10385/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/03/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO ROSELLI;

udito l’Avvocato KATTE KLITSCHE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con sentenza del 2 agosto 2006 la Corte d’appello di Roma confermava la dichiarazione, emessa dal Tribunale, di inammissibilità del ricorso proposto da A.A.M. ed altri qui indicati in epigrafe contro la datrice di lavoro Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini ed avente ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto esercizio di mansioni superiori a quelle della qualifica nonchè la condanna al pagamento delle differenze retributive;

che ad avviso della Corte d’appello i ricorrenti in primo grado non avevano assolto l’onere di indicare, nel loro atto introduttivo, le caratteristiche delle mansioni proprie della qualifica superiore e di raffrontarli con le mansioni in concreto svolte;

che in particolare, senza riferimento alle posizioni dei singoli, essi avevano chiesto il superiore inquadramento in base alle mansioni superiori riconosciute nella Delib. n. 316 del 2003 e svolte in un periodo non precisato, con riferimento a schede di contenuto generico e riferibili a soltanto quattro dei quattordici lavoratori;

che la genericità della causa petendi aveva leso il diritto al contraddittorio, spettante alla parte convenuta, la quale non aveva potuto predisporre le sue difese;

che bene il Tribunale aveva rigettato l’istanza di ordinare alla convenuta l’esibizione delle schede di valutazione, poichè l’esercizio del potere istnittorio giudiziale non poteva essere ottenuto dalla parte per eludere l’onere probatorio a suo carico;

che contro questa sentenza l’ A. e litisconsorti ricorrono per cassazione mentre l’Azienda ospedaliera non si è costituita;

che i ricorrenti hanno presentato una memoria.

Considerato che col primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. nonchè vizi di motivazione per non avere la Corte d’appello pronunciato sulle censure alla sentenza di primo grado e trascurando di trascrivere le conclusioni di parte, per avere altresì omesso di motivare;

che il motivo è inammissibile per contraddizione, ossia per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 4, giacchè non è possibile che il giudice non pronunci e, al tempo stesso, ometta di motivare la pronuncia;

che del resto, la Corte d’appello ha illustrato ampiamente, come si è qui detto nella parte narrativa, le ragioni di inammissibilità della domanda per genericità sulla causa petendi; genericità che ora i ricorrenti tentano inutilmente di giustificare con “economia di giudizio”;

che col secondo motivo essi deducono violazione dell’art. 2697 cod. civ., art. 115 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, per avere la Corte di merito preteso la prova di fatti pacifici;

che neppure questo motivo è ammissibile poichè la Corte ha ritenuto l’inammissibilità della domanda e non il difetto di prova;

che col terzo motivo i medesimi prospettano la violazione degli artt. 115 e 157 cod. proc. civ. e omessa motivazione sulla sufficienza delle schede provenienti dalla controparte a rendere comprensibile la domanda;

che analoga censura essi muovono col quinto motivo, con cui, invocando l’art. 112 cod. proc. civ. e D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 152 parlano di omesso esame della documentazione prodotta;

che i connessi motivi non hanno fondamento poichè il collegio di merito ha esaminato la documentazione e l’ha ritenuta generica ed insufficiente ad illustrare le ragioni della domanda, con valutazione incensurabile nel giudizio di legittimità;

che col quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 210 cod. proc. civ. e della L. n. 241 del 1990, per non avere la Corte d’appello chiesto in via officiosa documenti alla pubblica amministrazione datrice di lavoro;

che è inammissibile il riferimento alla L. n. 241 del 1990, la quale, come riconoscono gli stessi ricorrenti, “regola l’attività e il procedimento amministrativo ma in tutt’altro ambito”;

che il rigetto dell’istanza istruttoria è stato esattamente motivato dalla Corte d’appello con esatto riferimento alla discrezionalità nell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, non attribuiti dalla legge al giudice per rimediare alla negligenza probatoria delle parti;

che, rigettato il ricorso, sulle spese processuali non si provvede poichè la parte intimata non si è costituita

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2011

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