Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7588 del 01/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7588 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 8130-2012 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL
05541630728 succeduta ex lege alla Gestione Commissariale
Governativa per le Ferrovie del Sud in persona dell’amministratore
unico e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEL BABUINO 107, presso lo studio dell’avvocato
SCHIANO ANGELO, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati ANCORA LUCIANO, LUCIO RICCARDI, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
VERGARI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio ‘dell’avvocato MAGI

Data pubblicazione: 01/04/2014

PIERPAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PETRACHI
LILIA LUCIA, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3004/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per la ricorrente l’Avvocato Luciano Ancora che si riporta ai
motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Lilia Lucia Petrachi che si
riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 08130 sez. ML – ud. 18-02-2014
-2-

LECCE del 25.11.2011, depositata il 05/12/2011;

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 18 febbraio 2014,
ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma
dell’art. 380 bis c.p.c.:
“esaminati gli atti depositati;

i.- Luigi Vergari ha chiesto al Tribunale di Lecce la condanna della Ferrovie del
Sud Est e Servizi Automobilistici srl al pagamento delle differenze retributive
maturate a titolo di lavoro straordinario dall’ 1.7.1998 per il lavoro eccedente le 36
ore settimanali.
La domanda veniva accolta con sentenza che, sull’appello della società, era
confermata dalla Corte d’appello di Lecce, che riscontrava l’esistenza di un uso
aziendale a contenuto negoziale diretto ad organizzare la prestazione degli
impiegati nell’arco di un orario di lavoro di 36 ore settimanali e rilevava che tale
uso, essendo stato perpetuato dalla Gestione commissariale – pur nella vigenza del
c.c.n.1 25.7.1985, che aveva previsto un orario di lavoro di 39 ore settimanali – fino
al 31.12.2000, doveva ritenersi vincolante anche per l’attuale datore di lavoro,
avente causa dalla Gestione commissariale.
2.- Avverso tale decisione la società propone ricorso per cassazione fondato su
due motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore.
3.- Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione delle norme dei contratti
collettivi e carenza di motivazione, rilevando che il rapporto di lavoro fino al
31.12.2000 (data di cessazione della Gestione commissariale) rientrava nel pubblico
impiego e che sulla disciplina di tale rapporto non poteva quindi avere alcuna
incidenza un eventuale uso aziendale, atteso che l’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1998
aveva previsto l’esclusiva regolamentazione contrattuale del rapporto di lavoro.
Conseguentemente, nessun obbligo poteva ritenersi sorto a carico dell’avente
causa, società Ferrovie del Sud Est.
4.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1362 e segg, c.c., 13221326 c.c., 1419 e 1339 c.c. e del c.c.n.l., nonché vizio di motivazione, sostenendo

osserva quanto segue:

l’erroneità della decisione impugnata nell’avere ritenuto applicabile un uso aziendale
ad un rapporto di lavoro regolato dal r.d. 8.1.1931, n. 148, e comunque
l’incompatibilità di una semplice “prassi ” aziendale con il principio di generalità ed
uniformità del rapporto di lavoro pubblico.
5.- Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, devono

ritenersi manifestamente infondati alla stregua dei principi già affermati da questa

Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 722/2012, nonché Cass. sez. unite n. 16166/2011)
secondo cui “la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore
di lavoro nei confronti dei propri dipendenti integra, di per sé, gli estremi dell’uso aziendale, il
quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle cosiddette fonti sociali – tra le quali vanno
considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perché, pur
non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in
quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con rifèrimento alla collettività
impersonale dei lavoratori di un’azienda – agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo
stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale” (nello stesso senso,
Cass. sez. unite n. 26107/2007, che ha confermato la sentenza di merito che aveva
riconosciuto ai dipendenti della ex Gestione commissariale governativa per le
Ferrovie del Sud Est il compenso per lavoro straordinario eccedente le 36 ore
lavorative, giacché tale doveva appunto reputarsi l’orario normale di lavoro in forza
di prassi aziendale risalente al 1945 – periodo in cui il rapporto di lavoro era di
natura privatistica – poi recepita dal d.m. 20 settembre 1985, n. 976, il quale,
riscattando la concessione ferroviaria e disponendo la gestione commissariale
governativa dell’azienda, faceva assumere natura pubblica al rapporto lavorativo
medesimo, assicurando al personale dipendente la conservazione di tutti i diritti
maturati in epoca anteriore, così da mantenere invariato l’orario lavorativo sino a
diversa regolamentazione proveniente dalla contrattazione collettiva). La S.C. ha
anche precisato che “nella specie, poi, non occorre neanche evocare la categoria della prassi
aziendale e porsi il problema della sua compatibilità con la traycormazione del rapporto di lavoro
da privato a pubblico a seguito del “riscatto” della concessione, perché in realtà … la risalente
prassi aziendale (fin dal 1945) di un orario settimanale di 36 ore, formatasi nel regime
2

privatistico del rapporto, era stata recepita nel cit. d. m. 20 settembre 1985, 976, che, tra l’altro,
assicurò al personale dipendente la conservazione di tutti i diritti maturati in epoca anteriore al
riscatto della cessione. Ciò, beninteso, non significava certo un diritto quesito ad un più favorevole
orario di lavoro rispetto a tutti gli altri lavoratori del settore del trasporto ferroviario. Ma
significava solo che l’orario di lavoro dopo il riscatto della concessione era rimasto invariato e tale
avrebbe continuato ad essere fino ad una diversa regolamentazione di pari livello alla fonte

originaria, ossia ad una contrattazione collettiva aziendale, atteso che – come già rilevato – nel
lavoro pubblico prima (in ragione della cit. legge quadro sul pubblico impiego) e, successivamente,
anche nel lavoro pubblico privatizzato (in ragione della normativa cit. sul lavoro pubblico
privatizzato) l’orario di lavoro costituisce materia demandata alla contrattazione collettiva” (cfr.
in motivazione Cass. n. 26107/2007 cit., richiamata da Cass. n. 722/2012).
6.- Il giudice di merito si è uniformato ai suddetti principi e l’esame dei motivi di
ricorso non offre elementi per mutare l’orientamento espresso nei precedenti sopra
citati.
7. Che ove si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può quindi essere
trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 codice procedura civile e
dichiarato manifestamente infondato.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
La ricorrente società ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. che ribadisce le
argomentazioni di cui al ricorso e non indica ragioni idonee ad inficiare il contenuto
e le conclusioni della riportata relazione che il Collegio ritiene di condividere.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a
carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo con attribuzione in
favore dell’avv. Lilia Lucia Petrachi per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio
liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in curo 2.500,00 per compensi professionali
, oltre accessori, con distrazione.
3

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2014
sidente

Il

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