Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7586 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3231-2020 proposto da:

M.V., C.M., V.A., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 28, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO ERRANTE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ALESSANDRO DUCA;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLA SICILIA “(OMISSIS)”, in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 535/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/07/2019 R.G.N. 586/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2022 dal Consigliere Dott.ssa DI PAOLANTONIO ANNALISA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO DUCA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello proposto da M.V., V.A. e C.M., dirigenti medici veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per la Sicilia “(OMISSIS)” assunti a tempo indeterminato (il M. e la C. con decorrenza dal 2 gennaio 2009, V.A. dal 1 settembre 2008), i quali avevano lamentato che l’Istituto non aveva tenuto conto, ai fini della quantificazione dell’indennità di esclusività e della retribuzione di posizione unificata, dell’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato ed avevano domandato, previo accertamento dell’effettiva esperienza professionale, la condanna dell’amministrazione convenuta a corrispondere il trattamento previsto in favore dei dirigenti in possesso di un’anzianità non inferiore a cinque anni.

2. La Corte territoriale, pur dando atto del principio di diritto affermato da questa Corte con ordinanza n. 7440/2018, ha ritenuto che l’asserita disparità di trattamento rispetto agli assunti a tempo indeterminato fosse giustificata, quanto alla retribuzione di posizione unificata ed all’indennità di esclusività, da ragioni oggettive, perché la maggiorazione degli importi contrattualmente previsti è legata non alla sola anzianità di servizio bensì anche alla previa verifica positiva da parte del Collegio Tecnico, ossia a condizioni che nella specie non si erano verificate.

3. Per la cassazione della sentenza i litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese l’Istituto con tempestivo controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria: l’Istituto ex art. 380 bis c.p.c. in data 5 maggio 2021; i ricorrenti ai sensi dell’art. 370 c.p.c. il 20 gennaio 2022.

4. Con ordinanza n. 23311/2021 la Sesta Sezione Civile, all’esito della camera di consiglio, ha rimesso la causa alla pubblica udienza della sezione semplice, ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1362 e s.s. c.c.), di disposizioni contrattuali dettate dai CCNL per la dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale (artt. 4 e 5 CCNL 2000/2001; artt. 31 e 33 CCNL 8.6.2000; artt. da 25 a 32 CCNL 2002/2005), della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e sostengono in sintesi, che allo scadere del quinquennio il dirigente deve essere sottoposto alla valutazione da parte del collegio tecnico, che condiziona la maggiorazione dell’indennità di esclusività e della retribuzione di posizione ed anche l’attribuzione di incarichi di natura professionale e di direzione di struttura semplice. Il datore di lavoro, pertanto, non può fare ricadere sul dirigente le conseguenze negative dell’omessa valutazione, nella specie non avvenuta sul presupposto, erroneo, della mancata maturazione del quinquennio che, invece, era stato compiuto in quanto doveva essere computato il servizio prestato sulla base di contratti a tempo determinato.

2. La seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla Corte territoriale di non avere tenuto conto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 254 del 2000, art. 8, al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, comma 4. I ricorrenti sostengono che all’esito della riformulazione la norma attribuisce al dirigente con cinque anni di servizio il diritto soggettivo “a vedersi riconosciuti gli incarichi, le indennità e l’aumento del trattamento economico correlati all’anzianità maturata”.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato, nei limiti di seguito precisati.

Occorre premettere che l’art. 5 del CCNL 8.6.2000 – biennio economico 200/2001 – per la dirigenza medica e veterinaria del S.S.N. (che ricalca l’analoga previsione del CCNL sottoscritto in pari data per l’area della dirigenza non medica) differenzia gli importi da corrispondere a titolo di indennità di esclusività in relazione alla natura dell’incarico ricoperto ed all’esperienza professionale maturata (le quattro fasce si riferiscono a: dirigente con incarico di struttura complessa; dirigente con incarichi di cui alle lettere b) e c) dell’art. 27 CCNL 8.6.2000 ed esperienza professionale nel SSN superiore a quindici anni; dirigente titolare dei medesimi incarichi con anzianità compresa tra cinque e quindici anni; dirigente con esperienza professionale nel SSN sino a cinque anni) e prevede, al comma 5, che il passaggio alla fascia superiore ” è condizionato all’esito positivo della verifica triennale di cui all’art. 31, comma 2 del CCNL stipulato in data 8 giugno 2000 ” nonché, al successivo comma 6, che “In caso di non coincidenza dei tempi tra la verifica e la maturazione dell’esperienza professionale, la verifica è anticipata dall’azienda al trimestre immediatamente successivo al conseguimento del requisito ed è effettuata, con le stesse modalità previste dall’art. 31 e 32 del CCNL stipulato in data 8 giugno 2000. L’indennità – se la verifica è positiva – decorre dal primo giorno del mese successivo alla maturazione dell’esperienza richiesta.”.

Quanto alla retribuzione di posizione l’art. 4 dello stesso CCNL prevede che i dirigenti “raggiungono la retribuzione di posizione minima contrattuale di cui all’art. 3, comma 1, al compimento del quinto anno di attività, previa verifica positiva da parte del Collegio Tecnico di cui all’art. 31 del CCNL stipulato in data 8 giugno 2000. In caso di verifica negativa, fatta salva l’applicazione dell’art. 34 dello stesso CCNL, l’adeguamento avrà luogo al superamento di quella triennale successiva.”.

L’art. 12, comma 3, precisa, poi, che “Con riferimento alle norme in cui è richiesta esperienza professionale si deve intendere: a) ai fini del compimento del quinquennio di attività di cui all’art. 4, l’anzianità di servizio maturata in qualità di dirigente del SSN con rapporto di lavoro, a tempo indeterminato, senza soluzione di continuità anche se prestato in aziende o enti diversi del comparto; b) ai fini dell’applicazione degli artt. 3 e 5 l’anzianità complessiva, con rapporto di lavoro a tempo determinato ed indeterminato, maturata alle date previste dalle norme, senza soluzione di continuità anche in aziende ed enti diversi del comparto.”.

In tal modo, quindi, le parti collettive hanno delineato un sistema di progressione che valorizza l’esperienza positivamente acquisita nel S.S.N. e, quindi, richiede congiuntamente la maturazione dell’anzianità e la valutazione positiva dell’attività svolta dal dirigente.

4. Questa Corte, chiamata a pronunciare in fattispecie analoga a quella oggetto di causa, ha evidenziato che la disciplina contrattuale deve essere interpretata alla luce della clausola 4 dell’Accordo Quadro, che impone di riservare agli assunti a tempo determinato le medesime condizioni di impiego previste per i dipendenti a tempo indeterminato, e che prevede espressamente, al comma 2, “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”. E’ stato, quindi, affermato che laddove il servizio “si sia svolto, in base a contratti a termine, sempre e soltanto alle dipendenze del SSN non costituisce “soluzione di continuità” la presenza di intervalli temporali tra i diversi contratti a termine che siano conformi a quelli richiesti dalla suddetta disciplina e che, a maggior ragione, è da escludere che possa configurarsi una “soluzione di continuità” nel rapporto laddove tali intervalli siano insussistenti o minimi e la parte interessata rinunci a far valere la prevista nullità” (Cass. n. 7440/2018).

4.1. Alle richiamate conclusioni la pronuncia è pervenuta valorizzando la giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale, con orientamento costante, ha affermato che le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C-177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata) ed ha precisato che a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55; negli stessi termini Corte di Giustizia 5.6.2018, in causa C-677/16, Montero Mateos, punto 57 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C-302/11 e C-305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C-393/11, Bertazzi).

La Corte di Giustizia ha anche aggiunto che la clausola 4 non cessa di spiegare effetti una volta che il lavoratore abbia acquistato lo status di dipendente a tempo indeterminato, perché l’esigenza di vietare discriminazioni dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato viene in rilievo anche qualora il rapporto a termine, seppure non più in essere, venga fatto valere ai fini dell’anzianità di servizio (cfr. Corte di Giustizia 8.11.2011 in causa C- 177/10 Rosado Santana punto 43; Corte di Giustizia 18.10.2012 in cause riunite da C- 302/11 a C-305/11, Valenza ed altri, punto 36).

5. La Corte territoriale, nel ritenere non valutabile l’anzianità maturata dal dirigente medico e veterinario sulla base di contratti a tempo determinato, si è discistata dal principi di diritto sopra richiamati e, nel valorizzare l’omessa sottoposizione alla verifica dell’attività svolta, da un lato ha ritenuto, erroneamente, che la stessa potesse valere a giustificare la diversità di trattamento, dall’altro non ha considerato che l’obbligo di sottoporre a verifica il dirigente, sulla base delle disposizioni contrattuali sopra richiamate, grava sul datore il quale alla maturazione del quinquennio è tenuto ad effettuare la valutazione.

Quanto al primo aspetto è utile ribadire che la ragione oggettiva che giustifica la diversità di trattamento può essere ravvisata, secondo l’orientamento che la stessa Corte di Giustizia, nella recente decisione del 17 marzo 2021, in causa c-652/19, ha definito costante, solo in presenza ” di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale differenza risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine. Detti elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 25 luglio 2018, Vernaza Ayovi, C-96/17, EU:C:2018:603, punto 39) ” (punto 60).

In quest’ottica non può certo costituire “ragione oggettiva” idonea a giustificare la disparità di trattamento la circostanza che la progressione economica sia legata non alla sola anzianità in sé ma anche alla valutazione positiva del dirigente, atteso che quest’ultima, secondo i CCNL per la dirigenza, medica e non medica, del SSN, è ritenuta una “caratteristica essenziale ed ordinaria del rapporto di lavoro” (art. 25 CCNL 3.11.2005), ed alla stessa, da effettuare con carenza periodica, sono sottoposti anche gli assunti a tempo determinato perché condizione necessaria, tra l’altro, per l’attribuzione della retribuzione di risultato.

Il sistema della valutazione accomuna le due tipologie di rapporto in comparazione e, pertanto, non è idoneo ad integrare una ragione oggettiva nei termini intesi dalla Corte di Giustizia.

6. In relazione agli obblighi che gravano sul datore ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE questa Corte (cfr. Cass. n. 705/2021) ha anche precisato che detta clausola è stata recepita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 e, successivamente, dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 25 che, nell’abrogare la previgente disciplina del contratto a tempo determinato, ha ribadito il principio di non discriminazione riferito all’intero “trattamento economico e normativo”, fatta sempre salva l’obiettiva incompatibilità con la natura a termine del rapporto.

In tal modo sul piano contrattuale è stata posta a carico del datore di lavoro una obbligazione, ossia quella di riservare all’assunto a tempo determinato le medesime condizioni previste per i dipendenti a tempo indeterminato comparabili, sicché l’onere probatorio, in caso di denunciato inadempimento, si ripartisce fra i contraenti sulla base della regola generale indicata dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 13533/2001) e, pertanto, spetterà al datore di lavoro dimostrare o di avere esattamente adempiuto la prestazione, assicurando l’uniformità imposta dal diritto nazionale e Eurounitario, o di non essere tenuto a farlo per la sussistenza di ragioni oggettive che consentono di derogare alla regola generale. Queste ultime costituiscono un fatto impeditivo all’applicabilità del regime ordinario della necessaria equiparazione del rapporto a termine a quello a tempo indeterminato, con la conseguenza che l’onere della prova non può che gravare sul soggetto che lo allega, per sottrarsi all’adempimento.

7. Dall’applicazione congiunta dei principi richiamati nei punti che precedono discende che qualora la progressione stipendiale dipenda congiuntamente dalla maturazione dell’anzianità e dalla valutazione positiva dell’esperienza lavorativa, escluso che quest’ultima possa costituire una “ragione oggettiva” nei termini precisati dalla Corte di Giustizia, il datore di lavoro, in quanto tenuto all’adempimento dell’obbligo che discende dal diritto Eurounitario e da quello nazionale, sarà tenuto, al raggiungimento dell’anzianità, calcolata anche tenendo conto dell’esperienza maturata sulla base di contratti a termine, ad attivare la procedura richiesta ai fini della progressione stipendiale, salvo che non dimostri elementi di differenziazione inerenti alle modalità concrete di svolgimento del rapporto che rendano la posizione dell’assunto a tempo determinato non comparabile, ai fini della condizione di impiego che viene in rilievo, a quella del dipendente a tempo indeterminato.

Il diritto all’attribuzione del maggiore trattamento retributivo sorgerà al concorrere di entrambe le condizioni, ossia l’anzianità di servizio e la valutazione positiva, sicché, ove questa sia già avvenuta, sia pure ad altri fini (come ad esempio ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato), potrà essere pronunciata condanna al pagamento delle differenze retributive con la decorrenza contrattualmente indicata. Altrimenti il giudice dovrà limitarsi ad accertare l’avvenuta maturazione dell’anzianità ed il conseguente diritto del dirigente ad essere valutato.

8. Tornando alle disposizioni contrattuali che vengono in rilievo, va detto che nella fattispecie, nella quale si discute sia della maggiorazione dell’indennità di esclusività sia della retribuzione di posizione minima contrattuale, il principio di diritto già affermato da Cass. n. 7440/2018, disatteso dalla Corte territoriale, va precisato perché la contrattazione collettiva disciplina diversamente le due componenti del trattamento retributivo ed inoltre contempla sia l’ipotesi del servizio prestato per la medesima azienda, sia quella dell’anzianità maturata presso altre aziende o enti del servizio sanitario nazionale.

L’art. 12, comma 3, lett. a), ai fini della maggiorazione della retribuzione di posizione valorizza solo l’anzianità di servizio prestata con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed opera un’oggettiva discriminazione in danno del dirigente assunto a tempo determinato, la cui anzianità non riceve valorizzazione alcuna. La disposizione contrattuale, pertanto, deve essere in parte qua disapplicata, perché, come più volte affermato da questa Corte, la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact; 13.9.2007, causa C-307/05, Del Cerro Alonso; 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana).

L’assenza di “soluzione di continuità” che le parti collettive hanno richiesto ai fini dell’attribuzione della maggiorazione va intesa per l’assunto a tempo determinato nei termini indicati da Cass. n. 7440/2018 (secondo cui “non costituisce “soluzione di continuità” la presenza di intervalli temporali tra i diversi contratti a termine che siano conformi a quelli richiesti dalla disciplina tempo per tempo vigente, né tale “soluzione di continuità” è ravvisabile laddove gli intervalli siano insussistenti o minimi e la parte interessata rinunci a far valere la prevista nullità “) in relazione al servizio prestato presso il medesimo ente del S.S.N. mentre, qualora vengano in rilievo anzianità maturate presso aziende diverse, fermo il riconoscimento dell’anzianità, la continuità va esclusa in caso di intervalli non lavorati, sia pure minimi, perché, altrimenti, ciò determinerebbe una discriminazione alla rovescia in danno del dirigente assunto a tempo indeterminato.

Va ricordato, infatti, che la clausola 4, di diretta applicazione, può essere invocata per ottenere il medesimo trattamento riservato al lavoratore a tempo indeterminato comparabile e la disapplicazione non può mai avere l’effetto di assicurare al dipendente a termine un regime di miglior favore rispetto a quello che vale per il primo.

8.1. Analoga precisazione deve essere fatta quanto all’interpretazione dell’art. 12, comma 3, lett. b), che ai fini dell’indennità di esclusività, accomuna il rapporto a tempo indeterminato a quello a tempo determinato e richiede per entrambi che il servizio sia prestato senza soluzione di continuità.

Anche in tal caso le parti collettive hanno fatto riferimento a due diverse situazioni, ossia al servizio prestato presso il medesimo datore di lavoro, ed a quello reso in favore di enti diversi del S.S.N.. Mentre in relazione alla prima ipotesi va escluso che gli intervalli non lavorati il cui rispetto sia imposto dalla legge possano costituire “soluzione di continuità”, non altrettanto può dirsi con riferimento ai rapporti instaurati con enti diversi del S.S.N., posto che, altrimenti, si determinerebbe una non consentita discriminazione alla rovescia rispetto al dirigente a tempo indeterminato.

9. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché concerne una questione, quella del diritto all’attribuzione di un incarico dirigenziale, alla quale non fa cenno la sentenza impugnata e che non era oggetto delle originarie domande (il cui contenuto è riportato alle pagine da 3 a 5 del ricorso), volte ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità ai fini della quantificazione dell’indennità di esclusività e della retribuzione di posizione.

10. In via conclusiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto che, sulla base delle considerazioni sopra esposte, di seguito si enunciano:

a) la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE impone al datore di lavoro di riservare all’assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l’assunto a tempo indeterminato e, pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa all’anzianità di servizio ed alla valutazione positiva dell’attività prestata, il datore di lavoro sarà tenuto ad includere nel calcolo, ai fini dell’anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e, alla maturazione del periodo così calcolato, ad attivare la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato

b) la ragione oggettiva che giustifica la diversità di trattamento fra assunto a tempo determinato e assunto a tempo indeterminato deve rispondere ai criteri indicati dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia 17 marzo 2021, in causa c-652/19, punto 60) e, quindi, non costituisce ragione oggettiva idonea ad escludere il diritto alla progressione stipendiale la sola circostanza che questa presupponga anche la valutazione positiva, se alla maturazione dell’anzianità il datore di lavoro, contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l’abbia omessa sull’erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato

c) in tal caso, poiché il diritto all’attribuzione del maggiore trattamento retributivo sorge solo al concorrere di entrambe le condizioni, ossia l’anzianità di servizio e la valutazione positiva, potrà essere pronunciata condanna al pagamento delle differenze retributive con la decorrenza contrattualmente prevista solo se la valutazione positiva sia già avvenuta, anche se ad altri fini; altrimenti il giudice dovrà limitarsi ad accertare l’avvenuta maturazione dell’anzianità ed il conseguente diritto del dirigente ad essere valutato

d) l’art. 12, comma 3, lettera a) del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza medica e veterinaria del SSN deve essere disapplicato, perché in contrasto con la clausola 4 del richiamato Accordo quadro, nella parte in cui, ai fini della retribuzione di posizione, non valorizza anche il servizio prestato presso lo stesso ente sulla base di contratti a tempo determinato, e, pertanto, il datore di lavoro è tenuto ad includere non calcolo le prestazioni a termine rese nel rispetto degli intervalli temporali conformi a quelli richiesti dalla disciplina vigente ratione temporis. L’assenza di soluzione di continuità resta limitata, per l’assunto a tempo determinato così come per il dirigente a tempo indeterminato, alle anzianità maturate presso aziende o enti diversi del S.S.N..

e) l’art. 12, comma 3, lettera b) del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza medica e veterinaria del S.S.N. si interpreta nel senso che, ai fini della maggiorazione dell’indennità di esclusività, va calcolato anche il servizio prestato presso lo stesso ente sulla base di rapporti a termine stipulati nel rispetto degli intervalli di legge. L’assenza di soluzione di continuità è richiesta, ai medesimi fini, per l’assunto a tempo determinato e per il dirigente a tempo indeterminato in caso di rapporti intercorsi con aziende o enti diversi del S.S.N.

11. Alla Corte territoriale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Non sussistono le condizioni processuali richiesta dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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