Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7582 del 30/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 30/03/2020), n.7582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 885/2013 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38

presso lo studio dell’avvocato Sinopoli Vincenzo che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Nussi Mario;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore p.t., elettivamente

domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 116/7/2012 della COMM.TRIB.REG., FRIULI

VENEZIA GIULIA, depositata il 24/09/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal consigliere Gori Pierpaolo.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 116/7/12 depositata in data 24 settembre 2012 la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, rigettava l’appello proposto da B.F., titolare di impresa individuale di installazione di impianti elettrici e tecnici, avverso la sentenza n. 139/4/10 della Commissione tributaria provinciale di Udine, la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento II.DD. e IVA 2004, emesso a seguito di applicazione di studio di settore (TG75U).

– In particolare, la ripresa poggiava su un’incidenza di costi sui ricavi superiore al range rilevato sulla media nazionale di operatori svolgenti la medesima attività di impresa e un tenore di vita non compatibile con entrate dichiarate per poche centinaia di Euro mensili. La CTR confermava la decisione di primo grado, ritenendo l’atto impositivo legittimo in assenza di dimostrazione di una realtà reddituale diversa da quella accertata.

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo sei motivi, che illustra con memoria. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo – dedotto ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – il ricorrente lamenta la nullità della sentenza del giudice di appello per non essersi pronunciato sullo specifico motivo di impugnazione, di violazione da parte della CTP dei limiti dell’oggetto del processo, attraverso l’introduzione di fatti nuovi da parte dell’Agenzia con l’atto di controdeduzioni in primo grado, non posti alla base dell’atto impositivo.

– In particolare, in ricorso si legge che l’avviso di accertamento non avrebbe precisato e indicato nel quantum quali fossero i beni indice di capacità di reddito incompatibili con il reddito dichiarato, poi individuati solo nelle controdeduzioni in primo grado in: una somma di Euro 50.000 mutuata e per cui erano stati corrisposti regolarmente ratei di mutuo, un furgone acquistato nel 2002 – bene strumentale e come tale già conteggiato nello studio di settore -, una somma di Euro 11.176,00 che secondo il contribuente sarebbe “il risultato del redditometro per l’anno 2004”, (pag. 11 del ricorso).

– Il quarto motivo deve affrontarsi prioritariamente su di un piano logico rispetto al secondo e terzo, in quanto dedotto ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e, quindi, come il primo, se accolto, determinerebbe la nullità dell’intera sentenza. Con il quarto mezzo il ricorrente lamenta la violazione di plurime previsioni di legge e l’omessa pronuncia da parte della CTR sul difetto di motivazione dell’atto impositivo idoneo a dare al contraddittorio una valenza non prevista dalla legge, comportando in concreto un’inversione dell’onere della prova, dedotto come specifico motivo di appello.

– I motivi primo e quarto possono essere affrontati congiuntamente in quanto connessi, e sono infondati. Il ricorrente nel corpo dei due motivi, per compiuta autosufficienza, ha riassunto le doglianze sollevate con l’atto di appello, in cui eccepiva la violazione da parte del giudice del primo grado dei limiti dell’oggetto del processo per aver posto a base della decisione fatti non presenti nell’atto impositivo e tardivamente introdotti dall’Agenzia con le proprie controdeduzioni in primo grado.

– La Corte osserva inoltre come, nonostante nel titolo del quarto motivo sia indicata anche la censura di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nello sviluppo del motivo si fa unicamente riferimento alla denuncia di omessa pronuncia della CTR, per non aver preso posizione sull’illegittimo uso del contraddittorio endoprocedimentale dedotta in appello.

– A fronte di tale censura, dalla lettura della sentenza, in effetti non si evince una pronuncia espressa sul punto, ma trova accoglimento la controdeduzione articolata dall’Agenzia, secondo la quale sarebbe intervenuta una pronuncia implicita di rigetto per effetto della decisione della causa nel merito. Va al proposito rammentato che “Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 – 01).

– Nel caso di specie la CTR ha rigettato nel merito l’appello, e tale risposta implica preliminarmente il necessario superamento in senso negativo dei motivi di appello sulle due questioni preliminari, tanto circa il superamento del perimetro di fatto individuato dall’avviso di accertamento, quanto circa l’assenza di adeguata motivazione dell’avviso e illegittimo uso del contraddittorio endoprocedimentale a dire del contribuente comportante un’inversione dell’onere della prova.

– Con il quinto motivo – dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 sia quale vizio motivazionale sia quale violazione di una pluralità di disposizioni legge -, da affrontarsi prioritariamente rispetto al secondo e terzo in quanto denuciante un vizio di difetto di motivazione assoluto attinente alla decisione nel merito della controversia, il contribuente contesta alle pagg.23 e 24 del ricorso come “Non integra gli estremi di una motivazione su un punto decisivo della controversia, l’affermazione che “nel caso di specie il contribuente non ha vinto l’onere della prova ad esso incombente”, dovendosi concludere che la Commissione regionale non abbia affatto esaminato gli elementi a controprova dell’odierno ricorrente”. Ancora, nello sviluppo della censura a pag.25 del ricorso si legge che la motivazione della CTR con cui vengono dismessi gli specifici motivi di impugnazione della sentenza di primo grado nel merito è “affermazione tautologica e immotivata e non costituisce un’adeguata replica” e, a pag. 26, si conclude che “ne deriva la totale illegittimità della sentenza oggetto del presente ricorso”.

– Il motivo, previa sua riqualificazione, è fondato. Va rammentato che per consolidata interpretazione giurisprudenziale “Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017, Rv. 643793 – 01).

– La motivazione della sentenza impugnata è apparente perchè non controllabile nel suo iter logico, disancorata da precisi riferimenti al quadro probatorio e astrattamente idonea ad essere applicata ad un numero indefinibile di fattispecie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014). Dalla lettura della decisione si evince che si controverte sull’applicazione dello studio di settore, si citano precedenti giurisprudenziali relativi all’onere della prova, ma non vi è una conclusione del sillogismo che ancori il ragionamento astratto di diritto agli elementi di fatto della fattispecie, aderendo – se ritenuto del caso – alla motivazione del giudice di prime cure, ma in modo critico e ponderato (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018, Rv. 651516 – 01).

– E’ tale motivazione apparente ad essere chiaramente censurata con il motivo in parola che, tuttavia, deve tener conto della vigenza del riformato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, per effetto della pubblicazione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, G.U. 11/08/2012, applicabile alla sentenza del giudice d’appello, depositata il 24.9.2012. Il motivo può nondimeno essere riqualificato secondo il paradigma del dell’art. 360 c.p.c., n. 4, comma 1, in applicazione del principio di diritto secondo il quale “L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014, Rv. 630239) e, in questi termini, trova accoglimento.

– Per effetto dell’accoglimento del quinto motivo, restano assorbiti il secondo, con cui si censura la violazione di legge per decisione sugli stessi elementi di fatto tardivamente introdotti dettagliati al primo motivo, il terzo mezzo, con cui si denuncia la violazione di legge circa l’onere della prova sul presupposto dell’inutilizzabilità degli elementi di fatto tardivamente introdotti nel giudizio e il sesto motivo, con cui la censura sull’onere della prova viene dedotta anche quale vizio motivazionale oltre come violazione di legge. La sentenza impugnata viene pertanto cassata ed il giudizio rinviato alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, affinchè si attenga all’enunciato principio e provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il quinto motivo ricorso, rigettati il primo e quarto, assorbiti il secondo, terzo e sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2020

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