Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7581 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. II, 17/03/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 17/03/2021), n.7581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25420-2019 proposto da:

A.E., rappresentato e difeso dall’avv. ANTONIO BARONE e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3648/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 17.4.2018 il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso proposto da A.E. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello l’ A. e la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza oggi impugnata, n. 3648/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.E. affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello non avrebbe esercitato il dovere di cooperazione istruttoria.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7, 8 e 11 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice di seconda istanza non avrebbe tenuto conto, ai fini dell’esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, che la persecuzione può anche essere causata, o agevolata, dal contesto locale di generale insicurezza.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere la protezione sussidiaria, alla luce dell’incapacità dello stato nigeriano di contrastare il fenomeno della violenza privata.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili.

Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito dalla Nigeria, suo Paese di origine, perchè accusato della morte della fidanzata, che era rimasta incinta ed era deceduta a seguito dell’ingestione di un farmaco abortivo, dai familiari della medesima. La storia è stata ritenuta non credibile dal giudice di merito, alla luce della risalenza dei fatti narrati, della genericità delle circostanze riferite, e del fatto che l’ A. aveva deciso di non denunciare l’accaduto alla polizia locale, ma di affrontarlo come vicenda privata e personale. Questa motivazione, non viene adeguatamente attinta dai motivi, con i quali il richiedente si limita ad una generica invocazione di riesame del giudizio di fatto operato dal Tribunale, del tutto estranea alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Per quanto invece attiene alla considerazione del contesto locale nigeriano, va evidenziato che la Corte di Appello, dopo aver interpretato i motivi di impugnazione proposto dall’ A. come essenzialmente incentrati sull’omesso riconoscimento della protezione sussidiaria -dal che deriverebbe anche l’ulteriore profilo di inammissibilità delle censure relative al mancato riconoscimento dello status e della protezione sussidiaria ex lettere a) e b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, perchè non specificamente riproposte in appello- ha affermato l’inesistenza, in Nigeria, di un contesto di violenza generalizzata, citando le specifiche fonti consultate e indicando le informazioni da esse tratte (cfr. pag. 8 della sentenza). Il ricorrente non richiama, nel proprio ricorso, fonti alternative più aggiornate di quelle usate dal Tribunale, nè indica quale specifico elemento dimostrerebbe l’inadeguatezza, o il non aggiornamento, delle informazioni utilizzate dal giudice di merito, limitandosi a contestare il mancato esercizio della cooperazione istruttoria che, invece, la Corte territoriale risulta aver diligentemente assolto. Sul punto, occorre ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S. C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (Cass. Sez.1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

Da quanto precede deriva l’inammissibilità delle prime tre doglianze proposte dall’ A..

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile. Il giudice di merito ha dato atto che l’ A. non aveva riproposto la domanda di protezione umanitaria con i motivi di appello ed il ricorrente non attinge la statuizione. Ne consegue che la questione deve ritenersi coperta da giudicato interno.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, in difetto di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

 

 

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