Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7580 del 01/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7580 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 19210-2011 proposto da:
DI PERNA MATTEO(DPRMTT50E25B829Z) elettivamente domiciliato
in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avv. MENICHELLA GIUSEPPE, giusta procura speciale in calce al
ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA
29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA,
STUMPO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, TRIOLO
VINCENZO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 01/04/2014

- controricorrente avverso la sentenza n. 4132/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del
5.7.2010, depositata il 15/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per il controricorrente l’Avvocato Ester Sciplino (per delega avv.
Antonietta Coretti) che si riporta agli scritti.

Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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18/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 18
febbraio 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con ricorso al Tribunale di Lucera, Matteo Di Perna, operaio

chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità
di disoccupazione per l’anno 2000; la parte ricorrente – premesso
che il trattamento di disoccupazione gli era stato corrisposto
dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato
all’anno 1995 – sosteneva che tale trattamento doveva essere invece
calcolato, ai sensi del D. Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi
retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, ivi
compreso l’elemento denominato t.f.r., con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
La domanda è stata accolta dal giudice di primo grado, mentre
la Corte d’appello di Bari, rilevando d’ufficio la decadenza ex art. 47
del D.P.R. n. 639 del 1970, l’ha respinta con sentenza depositata il 15
luglio 2010.
Avverso detta sentenza, Matteo Di Perna propone ricorso per
cassazione — notificato in data 8-11 luglio 2011 -, con un unico
motivo, relativo alla violazione dell’art. 6 D.L. n. 103/1991,
convertito nella L. n. 166/1991 nonché dell’art. 47 D.P.R. n.
639/1970.
L’Inps resiste alle domande con rituale controricorso
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.
Il ricorso è manifestamente fondato.
Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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agricolo a tempo determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps,

Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 stabiliva quanto segue.
‘Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta Pnione
dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi degli arti. 459 e ss. cod. proc. civ.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni

competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la
pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di
trattamenti pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni
dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di
prestazioni a carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e dell’assicurazione
contro la disoccupa#one involontaria’.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito
con modificazioni nella legge 1° giugno 1991 n. 166, ritenuto da
Corte Cost., con la sent. n. 246 del 1992, di interpretazione autentica
dell’art. 47 D.P.R. n.639/70, venne poi stabilito:
“/ — I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto alla
prestazione previdenziale. la decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei
pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda
giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini
decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2— Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva,
ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del
presente decreto”.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi
secondo e terzo del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti
dai seguenti:
Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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dalla data di comunicnione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai

’Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione
giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni
dalla data di comunicazione della derisione del ricorso pronunziata dai competenti
nani dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia
della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per

di presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all’art. 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al
precedente comma”.
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni
indicate “non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di
entrata in vigore de/presente decreto ancora in corso alla medesima data”.
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6
luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha
aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: ‘Le
decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni
giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in
parte o i l pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza
decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della
sorte”, precisando al quarto comma che ‘Le diiposizioni di cui al comma
1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di
entrata in vigore de/presente decreto”.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la
giurisprudenza consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa
Corte (da ultimo, sulla base di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 che ribadisce le tesi della precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 n.
6491-, 01, ad es., Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e 26 gennaio 2010 n.
Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data

1580) era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente novella del
2011, nel senso della inapplicabilità della decadenza alle domande di
adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate
solo parzialmente dall’ente previdenziale.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n.

giurisprudenza insorto nell’ambito della sezione lavoro, avevano
affermato che “La decaderka di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art.
47 – come interpretato dal D.L. 29 maqo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con
modificazioni, nella L 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in
tutti quei casi in cui la domanda giudkiale sia rivolta ad ottenere non già il
riconoscimento del diritto alla prestazione prevideniale in sé considerata, ma solo
l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a
quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previderkiale sia incorso in
errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia
disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite
che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente
rimessa da un collegio della sezione lavoro, con ordinanza
interlocutoria depositata il 18 gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite
di questa Corte, sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente
non apparirebbe giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione
delle finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di
azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di ritnessione alle
sezioni unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste ultime,
la citata novella di cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del recente
D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111/’1 1, è stata quindi
disposta la restituzione degli atti alla sezione lavoro, sulla base della
Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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12720 del 29 maggio 2009, componendo un contrasto di

considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito
di investire della questione le sezioni unite, alla luce della valutazione
della eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina,

una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale
consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite
del 2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima
all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella
del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni
unite della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza
proveniente dallo stesso legislatore convincono in definitiva il
collegio della inapplicabilità dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n.
639, prima delle integrazioni apportate dell’art. 38 del D.L. n. 98 del
2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali
solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale.
Non essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, il ricorso dovrebbe essere accolto.”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza
in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto e le conclusioni della riportata
relazione e , pertanto, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e
rinvia alla Corte di Appello di Lecce, anche per le spese del presente
giudizio non essendo possibile decidere nel merito.

P.Q.M.

Ric. 2011 n. 19210 sez. ML – ud. 18-02-2014

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esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla
Corte di Appello di Lecce anche per le spese.

&flA ri/tA

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2014

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