Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7579 del 27/03/2020

Cassazione civile sez. III, 27/03/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 27/03/2020), n.7579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25727-2018 proposto da:

F.D. in proprio e quale erede di F.P.,

C.G., F.S., F.F., F.M., tutti quali

eredi di F.P., elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZZA

COLA DI RIENZO, 69, presso lo studio dell’avvocato PIETRO MINICUCI,

rappresentati e difesi dall’avvocato CARLO GIUSEPPE TERRANOVA;

– ricorrenti –

contro

C.M., l.m., L.M.,

LA.MA., tutte in proprio e quali eredi di LA.MA.,

L.O. in proprio e quale eredi di P.E.,

LA.MO. in proprio, L.C. in proprio, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI, 11, presso lo studio

dell’avvocato GENNARO ESIBIZIONE, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

L.O., LA.MO., L.C.,

LA.MA., L.M., l.m., AUTOTRASPORTI

L. SNC DI LA.MO. E MA., ITALIANA ASSICURAZIONI SPA,

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, F. AUTO SRL;

– intimati –

Nonchè da:

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA in persona del legale rappresentante

Dott.ssa C.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

BLASI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

F.D., F.S., F.F., F.M.,

C.G., C.M., l.m., L.M.,

LA.MA., L.C., L.O., F. AUTO

SRL, ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, LA.MO.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 911/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il (OMISSIS), in un punto della statale (OMISSIS), si verificava una collisione tra un autoarticolato condotto da La.Ma., che perdeva la vita in quella occasione, e la vettura, ferma sulla corsia preferenziale, con a bordo F.D. e F.P., entrambi lesi dall’urto con il camion antagonista.

In particolare, i due F. agivano in giudizio nei riguardi degli eredi del L., del proprietario del mezzo da costui condotto, ossia la società Autotrasporti L. snc e della compagnia di assicurazione Italiana Assicurazioni spa: dichiaravano di essersi fermati nella corsia preferenziale a causa di un guasto della loro vettura e di essere stati travolti dall’autotreno.

Il giudice di primo grado attribuiva l’esclusiva responsabilità dell’incidente al L., ossia al conducente dell’autotreno, in quanto a seguito delle testimonianze assunte era emerso che costui procedeva a pochi metri da un precedente autoarticolato, che però si era accorto della vettura in sosta e l’aveva evitata, mentre il L., proprio a causa della distanza ravvicinata con chi lo precedeva non era riuscito a farlo, ed aveva cosi travolto l’auto in sosta.

Secondo il giudice di primo grado dunque la responsabilità era esclusivamente da attribuirsi al L. il quale, viaggiando cosi a ridosso del veicolo che lo precedeva, si era messo nelle condizioni di non poter evitare l’impatto, non potendo vedere il veicolo in sosta.

Invece, il giudice di appello, adito su impugnazione sia degli eredi del L. che della Unipol, ha ripartito in diverso modo la responsabilità attribuendola per il 70% al L. e per il restante 30% a F.D. conducente la vettura. Va rilevato che, nelle more del giudizio, è deceduto F.P., e gli sono succeduti in causa gli eredi, i quali, unitamente al superstite F.D., ricorrono per cassazione con sei motivi. V’è controricorso degli eredi di La.Ma., e della Unipol Sai che propone ricorso incidentale con due motivi. Entrambe le parti depositano memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello ha riformato la decisione di primo grado quanto alla ripartizione della responsabilità dell’incidente.

Il Tribunale aveva attribuito tale responsabilità esclusivamente al L., conducente l’autoarticolato, assumendo che quest’ultimo si era posto nella condizione di non avvedersi del veicolo in sosta, marciando a ridosso di un altro camion che lo precedeva.

Invece, la decisione di secondo grado ha ritenuto che vi fosse un concorso di colpa del conducente la vettura, in quanto non era provato che avesse assoluta necessità di fermarsi e comunque lo aveva fatto invadendo leggermente la corsia di marcia.

2.- I ricorrenti, F.D. e gli eredi di F.P. impugnano con sei motivi.

2.1- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione falsa applicazione degli artt. 149 e 161 C.d.S., nonchè art. 2043 c.c..

Secondo la loro prospettazione, l’errore della corte di merito starebbe nell’avere intanto accertato che la loro autovettura, sia pure di poco, invadeva la corsia di marcia, ed in secondo luogo, nella contraddizione insita nel fatto di avere, da un lato, ritenuto in colpa il conducente del camion, il quale si era posto nella condizione di non poter vedere, e, dall’altro, di aver ritenuto imprevedibile, in parte, la sosta del veicolo su una parte della carreggiata di marcia.

2.2- Il secondo motivo pone, sotto denuncia di violazione degli artt. 149 e 161 C.d.S., e sempre, art. 2043 c.c., una questione analoga.

La corte avrebbe errato nell’attribuire al minimale ingombro della corsia di marcia da parte della vettura dei ricorrenti la caratteristica di una circostanza imprevedibile, senza considerare che aveva contemporaneamente affermato che il conducente del camion si era messo nelle condizioni di non poter evitare l’urto. Dunque, l’ingombro non poteva essere imprevedibile se si fosse usata la diligenza di tenere la dovuta distanza dal veicolo che precedeva.

2.3.- Con il terzo motivo si denuncia nuovamente violazione dell’art. 2043 c.c., artt. 1227 e 1233, non che artt. 40 e 41 c.p..

In sostanza, la tesi dei ricorrenti è nel senso che la corte non motiva adeguatamente e comunque erra nel ritenere che l’ingombro minimo della carreggiata di marcia da parte della vettura del F. ha avuto un contributo causale. Non vi sarebbe in effetti alcuna prova in tal senso della efficienza causale di tale violazione o di tale condotta (v. in particolare p. 23 dove si legge che la minima infrazione da parte del veicolo del F. è causalmente irrilevante a fronte della ben più colpevole condotta del conducente dell’autotreno).

2.4. Con il quarto motivo si denuncia invece violazione degli artt. 2697 e 2054 c.c., nonchè artt. 1223 e 1227 c.c..

Secondo i ricorrenti, la difficoltà di ricostruire il fatto avrebbe dovuto portare la corte di appello a non applicare dell’art. 2054 c.c., il comma 2, ossia la presunzione di pari colpa, ma ad applicare il comma 1 ritenendo responsabile il conducente del camion salva la prova contraria a suo carico, che però non è stata fornita.

3.- Questi quattro motivi, che contengono censure comuni, possono esaminarsi insieme, e sono infondati.

Va premesso che la corte di merito, solo in ipotesi subordinata, o comunque quale ulteriore argomento, ricorre alla circostanza della invasione (sia pure minima) da parte del veicolo fermo in corsia preferenziale, di parte della corsia di marcia.

In realtà la ratio è anche un’altra, ed è autonoma rispetto a questa. La corte infatti ritiene che non è emersa alcuna prova della necessità di fermarsi in corsia preferenziale, cosi che la sosta in quel punto doveva ritenersi in violazione delle regole del codice della strada (“peraltro è risultata incerta la circostanza afferente la possibilità per lo stesso (il F. ndr) di raggiungere l’area di servizio distante circa 700 metri ancorchè con un auto (nella sentenza l’art. è accentato) che segnala guasto al motore, p. 10).

Ed inoltre a pagina 11 si legge che “indipendentemente dalla motivazione della sosta della Opel Corsa, ovvero del possibile guasto alla vettura condotta dal F…”.

Si può in un certo senso enucleare una ratio da questi passaggi, che consiste nel ritenere concorrente nel danno il F. per aver sostato senza motivo valido (meglio senza che una ragione sia stata provata) nella corsia di emergenza. Questa ratio non è contestata, e basterebbe la sua affermazione a giustificare il concorso di colpa.

Per il resto i tre motivi mirano ad una rivalutazione dell’accertamento in fatto, ossia della efficacia causale esclusiva dell’imprudenza del conducente del camion, e si risolvono in una contestazione dell’affermato concorso di colpa proprio sotto il profilo della valutazione delle prove e del fatto, esame qui precluso e rimesso alla discrezionalità del giudice di merito.

L’accertamento circa l’ingombro della corsia di marcia non può qui essere messo in discussione, e con esso la valutazione della efficienza causale di tale violazione rispetto all’evento, che è questione anche essa di fatto riservata al giudice di merito.

Quanto poi alla censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1 va osservato che il riferimento ad esso non dipende certo dalla mancata possibilità di applicare il comma 2: si tratta di fattispecie diverse. Quella in esame è chiaramente una ipotesi di scontro tra veicoli, e la scelta tra il comma 1 ed il comma 2, art. 2054 c.c. non dipende certo dalla difficoltà di prova dell’uno che autorizza a ricorrere all’altro; dipende piuttosto dalla diversità di fattispecie concreta.

Correttamente dunque la corte di merito ha fatto riferimento al comma 2, art. in questione, che, nel caso, come quello presente, di scontro tra veicoli, presume una concorrente responsabilità.

4.- Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 92 c.p.c.. Il giudice di primo grado, accolta integralmente la loro domanda, ha condannato i convenuti alla rifusione delle spese di lite, mentre quello di secondo grado ha accolto in parte l’appello, attraverso il riconoscimento di un concorso di colpa ed ha conseguentemente compensato delle spese di entrambi i gradi.

I ricorrenti si dolgono di tale compensazione, ritenendo che, essendo stato ritenuto un concorso di colpa del 70% e del 30% rispettivamente, anche il regime delle spese avrebbe dovuto seguire tale ripartizione, e non già portare ad una totale compensazione.

Il motivo è infondato.

Infatti “in tema di spese processuali, è vittoriosa la parte che, dopo essere stata condannata in primo grado al risarcimento integrale del danno da fatto illecito, ottenga in appello il riconoscimento di un concorso di colpa, a carico del danneggiato; ne consegue che, in tal caso, il giudice del gravame non può, neppure in parte, condannare l’appellante a rimborsare le spese del secondo grado all’appellato, il quale ha dato causa al prolungarsi del processo, opponendo all’impugnazione una resistenza rivelatasi ingiustificata, ma può, eventualmente, compensare, in tutto o in parte, tali spese, qualora ne ravvisi i giusti motivi” (Cass. 25132/ 2010).

6.- Con il sesto ed ultimo motivo invece i ricorrenti lamentano omesso esame di un fatto decisivo e controverso, consistente nel rilevo emerso in giudizio del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del L..

Secondo i ricorrenti la corte non avrebbe preso in considerazione questa circostanza, che avrebbe consentito di ridurre il risarcimento a favore del conducente del camion.

Il motivo è infondato.

Al di là della decisività di tale circostanza (la cui efficacia causale non era in effetti provata), al di là di ciò il fatto non era nè controverso nè discusso nel grado di appello.

Gli stessi ricorrenti ammettono di avervi fatto un mero cenno (a pagina 30 del ricorso si legge: “avendolo il F. dedotto nella propria comparsa… “Ma se avesse indossato la cintura di sicurezza, non si sarebbe fatto niente”), non sufficiente a costituire l’allegazione di un fatto su cui si dovesse controvertere e che, pur controverso, non è stato esaminato dal giudice.

Il mancato uso delle cinture non era oggetto di una eccezione, nè di una deduzione volta a far rilevarne la rilevanza causale, ma è rimasto in forma di affermazione non idonea a costituire una pretesa che obbligasse il giudice a tenerne conto.

7.- Va infine considerato il ricorso incidentale della Unipol Sai, che è articolato in due motivi.

Con il primo motivo la Unipol denuncia violazione degli artt. 2056,1223 e 1226 c.c. nella parte in cui la corte di appello ha liquidato il danno da invalidità permanente in capo a F.P. nei termini dell’incidenza sulle future aspettative di vita, anzichè sul periodo di vita effettivamente vissuta.

In sostanza, il F. suddetto, al momento della pronuncia di primo grado era deceduto (il decesso è avvenuto in corso di causa). Conseguentemente, il giudice avrebbe dovuto, secondo la Unipol, non considerare l’incidenza della invalidità permanente sulla aspettativa di vita rimanente (che non v’era), bensì sulla effettiva vita vissuta tra l’evento e la morte.

Il capo di sentenza relativa è stato impugnato e la corte d’appello, con motivazione sfuggente, ha ritenuto di confermarlo.

Il motivo è fondato.

Invero, la liquidazione del danno biologico patito da persona deceduta per cause indipendenti dal fatto lesivo oggetto del giudizio va correlata al tempo, noto, trascorso dal sinistro alla morte, in cui il soggetto ha effettivamente sopportato le conseguenze non patrimoniali della lesione alla sua integrità psicofisica, e non invece alla durata della vita futura, rapportata al momento del sinistro e valutata secondo criteri di probabilità statistica (Cass. 4551/2019; Cass. 23379/2011; Cass. 2297/2011).

Conseguentemente, il calcolo della invalidità permanente va fatto, dal giudice del rinvio, tenendo conto della incidenza di tale invalidità sul periodo di vita vissuto effettivamente tra l’incidente e la morte sopraggiunta per altre cause, e non già sulla aspettativa di vita futura.

7.-1. Il secondo motivo di ricorso incidentale manifesta violazione dell’art. 112 c.p.c..

Secondo UnipolSai la corte non ha deciso su una espressa domanda di restituzione delle somme eventualmente percepite in eccesso, rispetto al primo grado ed in caso di riforma.

Essendo state le decisioni del primo grado, per l’appunto, riformate, ed essendo state ridotte le somme a carico della Unipol ed a favore degli attori, la corte avrebbe dovuto pronunciare condanna di questi ultimi alla restituzione dell’eccesso.

Il motivo è fondato.

Risulta che l’Unipol ha versato le somme cui era stata condannata in primo grado, e risulta altresì che la compagnia ha chiesto la restituzione di quelle che, all’esito dell’appello fossero risultate in eccesso.

Domanda quest’ultima su cui la corte, avendo operato la riduzione dell’obbligazione, avrebbe dovuto pronunciare.

Vanno pertanto accolti i due motivi del ricorso incidentale con rinvio al giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta quello principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2020

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