Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7579 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. II, 17/03/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 17/03/2021), n.7579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubalda – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22387-2019 proposto da:

C.S., rappresentato e difeso dall’avv. MASSIMO GILARDONI

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

05/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso proposto da C.S. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il C. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente solleva la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, nel testo modificato dalla L. n. 46 del 2017, per contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito con provvedimento non reclamabile entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso.

La censura è manifestamente infondata.

Va premesso che non si ravvisa alcuna norma di rango costituzionale che preveda l’obbligo del doppio grado di giurisdizione in materia civile. Il legislatore ordinario, pertanto, è libero di prevedere che, in determinate materie, il giudice si pronunci in unico grado o con provvedimento non appellabile. Ciò è previsto, peraltro, non soltanto in materia di protezione internazionale, a seguito dell’entrata in vigore della novella di cui al D.L. n. 13 del 2017, convertito in L. n. 46 del 2017, bensì in numerose altre ipotesi, in cui il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia ritenuto preferibile, in ragione della tipologia degli interessi in gioco, delle posizioni soggettive coinvolte nel giudizio, della sussistenza di peculiari esigenze di celerità, ovvero dell’esistenza di una fase precedente a quella giurisdizionale, nella quale sia comunque assicurato un confronto dialettico tra le parti, accordare una forma di tutela in unico grado, ovvero prevedere l’inappellabilità del provvedimento conclusivo del giudizio di merito. Gli unici limiti che il legislatore deve osservare, nell’esercizio della predetta discrezionalità, sono quelli della necessità di assicurare l’effettività del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 Cost., di non introdurre trattamenti irragionevolmente differenziati a detrimento dei diritti di talune categorie di soggetti, in aderenza al principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., e di assicurare il rispetto dei principi del cd. giusto processo, stabiliti dall’art. 111 Cost.. Nessuno di detti limiti è violato nel caso di specie, posto che, come già detto in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente con i primi quattro motivi, la struttura del giudizio di riconoscimento della protezione internazionale garantisce da un lato la piena esplicazione del contraddittorio tra le parti, e dall’altro lato il pieno rispetto del diritto di azione e difesa in giudizio del richiedente asilo. Nè, di conseguenza, si configura alcuna lesione del principio di eguaglianza, posto che la peculiare disciplina del giudizio in esame appare coerente, come già detto in precedenza, con le esigenze che ad esso sono sottese, e considerata la genericità della doglianza proposta dal ricorrente, che anche in questo caso non individua alcuna categoria soggettiva rispetto alla quale sussisterebbe il dedotto profilo di violazione del criterio di eguaglianza.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato la concessione della tutela umanitaria.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale non ha ravvisato la sussistenza di profili di vulnerabilità idonei ai fini del riconoscimento della protezione in esame, considerando che il richiedente da un lato non aveva documentato un significativo inserimento nel tessuto socio-lavorativo italiano, e dall’altro conservava ancora legami familiari ed affettivi con il proprio Paese di origine. Questa statuizione non risulta adeguatamente attinta dal motivo, con il quale il ricorrente non deduce alcun profilo di inserimento in Italia, ma si limita a contestare, in termini assolutamente astratti, il mancato svolgimento, da parte del giudice di merito, del giudizio di bilanciamento tra condizione di vita in Italia e nel Paese di provenienza, senza tuttavia dedurre alcunchè di concreto, nè quanto al primo, nè quanto al secondo termine della comparazione.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, considerato che l’atto notificato dal Ministero, intimato nel presente giudizio di legittimità, non presenta i requisiti del controricorso.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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