Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7579 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17554 del ruolo generale dell’anno 2020,

proposto da:

F.G. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato

Fabio Ferri (C.F.: FRR FBA 71609 H501Y);

– ricorrente –

nei confronti di:

TRENITALIA S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Rieti n. 53/2020,

pubblicata in data 30 gennaio 2020;

udita la relazione sulla causa svolta nella Camera di consiglio in

data 12 gennaio 2022 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Trenitalia S.p.A. ha promosso l’esecuzione forzata nei confronti di F.G., sulla base di titoli esecutivi di formazione giudiziale, instaurando due distinti procedimenti di pignoramento presso terzi, successivamente riuniti.

Il debitore ha proposto una opposizione, rigettata dal Tribunale di Rieti.

Ricorre il F., sulla base di due motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile.

Esso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 30754 del 28/11/2004). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.

In primo luogo, non viene precisato (né si evince dalla sentenza impugnata) chi fosse il terzo pignorato (debitor debitoris) nei procedimenti esecutivi per espropriazione di crediti che hanno dato luogo alla presente controversia: secondo quanto emerge dagli atti, peraltro, tale soggetto non avrebbe neanche partecipato al giudizio di merito.

Questa Corte ha di recente affermato il principio di diritto per cui “nei giudizi di opposizione esecutiva relativi ad una espropriazione presso terzi ai sensi degli artt. 543 e ss. c.p.c., il terzo pignorato è sempre litisconsorte necessario”, superando ogni precedente incertezza in proposito e chiarendo, anzi, espressamente, in motivazione, che “e’ avviso del Collegio giudicante che il terzo pignorato sia un litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione od agli atti esecutivi: e debba esserlo sempre, senza distinzioni di sorta. Ciò per molteplici ragioni: di sistema, di semplicità e di coerenza” (per la più esaustiva illustrazione, in dettaglio, delle suddette ragioni, si fa diretto rinvio alla motivazione del precedente in questione, e cioè Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13533 del 18/05/2021, Rv. 661412-01).

Nella specie, peraltro, l’omessa identificazione del terzo pignorato non consente neanche di rilevare l’eventuale nullità del processo nei gradi di merito per la sua mancata partecipazione al giudizio, risolvendosi in una insanabile lacuna del ricorso nell’esposizione dei fatti sostanziali e processuali alla base della controversia.

Inoltre, nel ricorso non vengono adeguatamente chiarite neanche altre circostanze necessarie a fornire un quadro complessivo sufficientemente preciso degli aspetti di fatto e di diritto rilevanti della vicenda sostanziale e processuale che ha dato luogo all’opposizione e manca un dettagliato richiamo al contenuto degli atti e documenti rilevanti ai fini della decisione, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6: non è infatti adeguatamente richiamato l’esatto contenuto delle relazioni di notificazione dei vari atti che si assumono nulle o addirittura inesistenti (e ciò specie dovendosi tener conto che si tratta di due distinte procedure esecutive riunite, entrambe presumibilmente precedute dalla notificazione dei relativi titoli e dei relativi precetti); manca, poi, del tutto l’indicazione della natura e dell’oggetto dei crediti pignorati in danno del F., dei termini in cui è stata resa l’eventuale dichiarazione di quantità da parte dei terzi pignorati e degli esatti termini dell’ordinanza di assegnazione dei predetti crediti, che pure si assume emessa dal giudice dell’esecuzione.

Neanche è inequivocabilmente chiarito, infine, se le contestazioni relative alla pretesa “parcellizzazione” del credito della società procedente – contestazioni peraltro da qualificarsi in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., e non di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., – erano state già sollevate con il ricorso proposto al giudice dell’esecuzione (come è sempre necessario, ai fini della procedibilità del relativo giudizio di merito a cognizione piena: cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25170 del 11/10/2018, Rv. 651161 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 28848 del 12/11/2018, Rv. 651505 – 01) o se esse sono state avanzate esclusivamente e direttamente per la prima volta con l’instaurazione della fase di merito a cognizione piena dell’opposizione agli atti esecutivi proposta nel corso del processo esecutivo (come in verità parrebbe intendersi dalla pur lacunosa esposizione del ricorso).

Il ricorso deve in definitiva ritenersi inammissibile, in quanto esso non è assistito da una sufficiente esposizione della complessiva vicenda processuale, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e non contiene un adeguato richiamo al contenuto degli atti e dei documenti su cui si fonda, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, onde non risulta idoneo a garantire alla Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del correlativo fatto processuale e non consente l’esame del merito delle censure avanzate nei riguardi della decisione impugnata.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

 

 

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