Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7575 del 18/03/2019

Cassazione civile sez. I, 18/03/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 18/03/2019), n.7575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 410/2017 proposto da:

M.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via Oslavia

n. 30, presso lo studio dell’avvocato Gizzi Fabrizio, rappresentato

e difeso dall’avvocato De Castello Valentino, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B2 Kapital s.r.l., nella qualità di mandataria di B2 Kapital

Investment s.r.l. (già SPV PROJECT 1609 s.r.l.), a seguito di

contratto di cessione dei crediti pecuniari con Banca Sella s.p.a.,

ora Banca Sella Holding s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Piemonte n. 39,

presso lo studio dell’avvocato Bassani Petra, rappresentata e difesa

dall’avvocato Fontana Laura, giusta procura in calce all’atto di

intervento;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2188/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2018 dal cons. Dott. NAZZICONE Loredana;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto che ha concluso per il rigetto;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Valentino De Castello che ha

chiesto l’accoglimento;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Paolo Petrosillo, con

delega, che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto ricorso, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 3 ottobre 2016, la quale ha respinto l’impugnazione del sig. M.B. avverso la decisione del Tribunale di Belluno, che aveva, a sua volta, disatteso l’opposizione a decreto ingiuntivo, emesso su istanza di Banca Sella s.p.a., e la domanda di risarcimento del danno per la revoca illegittima dell’affidamento concesso e la violazione delle norme in tema di intermediazione finanziaria online, proposte dall’investitore.

La corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) l’appellante non ha indicato quali operazioni di borsa alleghi come inadeguate, nè la data di acquisto e il valore dei titoli; b) le operazioni erano tali da risultare adeguate al suo profilo di rischio, sul piano qualitativo e quantitativo, anche tenuto conto delle dichiarazioni dell’investitore circa la sua ampia ed approfondita conoscenza del mercato finanziario, ivi compresi gli strumenti derivati o con leva finanziaria; c) considerata la sistematica e specifica operatività praticata, sarebbe stato comunque onere dell’investitore provare che, ove la banca avesse fornito tutte le informazioni sui titoli, egli si sarebbe astenuto dalle operazioni, ed anzi vi sono indizi in senso opposto, in quanto egli da tempo operava in autonomia e con ampi volumi di scambio.

Dal ricorso del sig. M. si difende con controricorso l’intimata B2 Kapital s.r.l., mandataria di B2 Kapital Investment s.r.l., cessionaria del credito.

Inviata la causa alla sezione VI-1, nel cui ambito il ricorrente ha depositato memoria, essa è stata rimessa alla sezione semplice, con deposito di ulteriore memoria di parte ricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nel non essere egli proprietario di beni immobili e nel percepire un reddito da lavoro dipendente di circa 18.000,00 Euro annui, mentre la corte d’appello ha rilevato che, nella scheda informativa, egli ha dichiarato di possedere un patrimonio complessivo compreso tra i 100.000,00 e i 500.000,00 Euro ed un reddito tra i 15.000,00 e i 50.000,00 Euro annui, senza considerare che non si trattava di confessione e che egli aveva esposto dichiarazione non veritiera, onde, supportata o no da prova contraria, il giudice del merito avrebbe dovuto considerarla con maggior cautela; nonchè la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, artt. 28 e 29 reg. Consob n. 11522 del 1998, perchè le operazioni erano comunque a lui inadeguate.

Con il secondo motivo, censura l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nella violazione delle norme sull’offerta fuori sede, nonchè la violazione e la falsa applicazione dell’art. 36 reg. Consob n. 11522 del 1998, per non avere la banca provato la consegna del prospetto informativo D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 94.

Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, perchè la banca non ha provato di avere usato la diligenza richiesta.

2. – Il primo motivo è inammissibile.

Invero, sotto il primo profilo, la sentenza impugnata ha preso in considerazione il dato, risultante dalla scheda informativa, secondo cui l’investitore era titolare di un reddito annuo “tra i 15.000 e 50.000 Euro”, nè risulta in sè circostanza decisiva quella della titolarità di immobili; sotto il secondo profilo, la corte del merito ha affermato l’adeguatezza delle operazioni compiute, onde non è in questa sede possibile riproporre detto giudizio sul fatto.

Le Sezioni unite della Cassazione hanno ormai chiarito come “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053).

In sostanza, dunque, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4 (fra le altre, Cass. 10 giugno 2016, n. 11892), risolvendosi così la censura in esame in una riproposizione del giudizio di fatto.

3. – Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Il ricorrente non assolto l’onere, sul medesimo gravante come precisato nella ricordata decisione delle Sezioni unite (Cass., sez. un., n. 8053 del 2014), di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, omettendo di indicare, a fronte della nuova allegazione di violazione delle norme sull’offerta fuori sede, il luogo ed il tempo della precedente deduzione e trattazione nel giudizio di primo grado.

Invero, di ciò non si parla nella sentenza di appello, mentre il ricorrente afferma di avere introdotto la questione in quella sede di impugnazione, dunque tardivamente.

Inoltre, egli insiste sulla necessità di predisposizione del prospetto informativo, D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 94: al contrario, questa Corte ha da tempo già chiarito che l’obbligo di pubblicazione del “prospetto informativo”, è previsto solo per le ipotesi di sollecitazione all’investimento, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 94, commi 1 e 2, (nel testo ratione temporis vigente), caratterizzate per essere l’offerta comunque rivolta, secondo lo schema dell’art. 1336 c.c., ad un numero indeterminato ed indistinto di investitori in modo uniforme e standardizzato, cioè a condizioni di tempo e prezzo predeterminati, e non quando, invece, la diffusione di strumenti finanziari presso il pubblico avvenga mediante la prestazione di “servizi di investimento” (art. 1, comma 5, t.u.f.), cioè attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, a condizioni diverse a seconda dell’acquirente e del momento in cui l’operazione è eseguita, la tutela del cliente è affidata all’adempimento, da parte dell’intermediario, di obblighi informativi specifici e personalizzati, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e art. 26 ss. reg. Consob n. 11522 del 1998 (Cass. 3 maggio 2016, n. 8733; Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039).

4. – Il terzo motivo è inammissibile, posto che la sentenza impugnata esibisce un’autonoma ratio decidendi – non censurata validamente dal motivo – secondo cui l’investitore non ha assolto neppure all’onere di indicare a quali specifiche operazioni si riferisca la propria doglianza ed a quali titoli.

Al riguardo, infatti, il ricorrente si limita a censurare un vizio di violazione di legge ed a rimandare a contenuti di propri atti, dei quali però non riporta i passaggi essenziali al riguardo, in violazione dell’art. 366 c.p.c. e del principio di specificità del ricorso.

Ne deriva l’applicazione del principio secondo cui, ove “la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza” (e multis, Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 24 maggio 2006, n. 12372).

5. – La condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre agli esborsi per Euro 200,00, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento sui compensi ed agli accessori di legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019

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