Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7574 del 01/04/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7574 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 12983-2012 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000 – Società con
unico azionista, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di
Enel SpA, nella qualità di procuratore di Enel Distribuzione SpA in
persona del proprio procuratore, nonché ENEL SERVIZIO
ELETTRICO SPA – Società con unico azionista, soggetta all’attività di
direzione e coordinamento di Enel SpA nella sua qualità di beneficiaria
di azienda della Enel Distribuzione SpA in persona del proprio
procuratore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GIROLAMO
DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato SZEMERE
RICCARDO, che le rappresenta e difende unitamente all’avv.
PIETRO GUERRA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti contro

eib etG

Data pubblicazione: 01/04/2014

LEGORANO ROSA;

– intimata avverso la sentenza n. 307/2011 del TRIBUNALE di BENEVENTO
– Sezione Distaccata di AIROLA, depositata il 27/04/2011;

12/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA.

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Benevento — sez. distaccata di Airola, con sentenza
depositata in data 27 aprile 2011, ha rigettato l’appello proposto clan’
Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del giudice di pace di
Monteserchio, che aveva accolto la domanda di Rosa Legorano, intesa
ad ottenere il risarcimento del danno conseguito da una serie di
inadempimenti del contratto di somministrazione dell’energia elettrica
corrente con detta s.p.a. che avevano determinato il pagamento di
bollette relative all’utenza con costi aggiuntivi per le spese postali.
Il fondamento della domanda era stato individuato in relazione al
fatto che con deliberazione 28 dicembre 1999 n. 200, art. 6, comma, 4,
l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto
agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica
e, quindi, all’Enel, di “offrire al cliente almeno una modalità gratuita di
pagamento della bolletta” e che l’Enel non aveva ottemperato; che, in
ogni caso, l’Enel non aveva informato parte attrice della possibilità di
pagare senza oneri aggiuntivi, così violando gli oneri di informazione
incombenti su di essa come professionista.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Enel
servizio elettrico s.p.a., sia nella qualità di procuratore speciale di Enel

Ric. 2012 n. 12983 sez. M3 – ud. 12-03-2014
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

Distribuzione che nella qualità di beneficiaria del relativo ramo
d’azienda.
Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa

che la deliberazione n. 200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma
4, di essa non ha avuto l’effetto di integrare il contratto di utenza,
perché la legge n. 481 del 1995 e in specie l’art. 2, comma 12, lettera h)
di essa attribuirebbe questo effetto solo alle delibere in tema di
produzione ed erogazione di servizi, risultando l’art. 6, comma 4 della
citata deliberazione estranea a tale ambito.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione del
Tribunale su come la previsione del suddetto art. 6, comma 4 della
deliberazione cit. potesse essere ricondotta all’ambito del citato art. 2,
comma 12, lett. h) legge n. 481 del 1995.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.1339 cod. civ. ed omessa motivazione, sotto il profilo che
erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito comunque efficacia
integrativa del contratto all’art. 6, comma 4, citato, facendo richiamo
dell’art. 1339 cit.
Con il quarto motivo si denuncia insufficiente motivazione in
ordine a fatti decisivi e controversi, rappresentati dall’obbiettiva
inidoneità dell’art. 6, comma 4, a porre un ipotetico precetto
integrativo, sotto il profilo che non risultava determinato in che cosa
dovesse consistere la modalità gratuita di pagamento.
Con il quinto motivo si denuncia l’assenza di un reale danno subito
e correlativamente si formulano tre distinti ordini di censura,
segnatamente denunciandosi: difetto di interesse ad agire e violazione e
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applicazione dell’art. 2 della L. 14 novembre 1995, n. 481, assumendosi

falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ.; violazione e falsa
applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen., dell’art. 1223 cod. civ. e del
principio di causalità adeguata; violazione e falsa applicazione degli
artt. 1175 e 1375 cod. civ. e abuso del diritto.
Con i motivi sesto, settimo e ottavo si formulano censure attinenti

informazione da parte delle ENEL.
2. I primi quattro motivi vanno esaminati congiuntamente,
perché, sotto vari profili, prospettano una unica censura e cioè
l’inidoneità dell’art. 6, comma 4 della cit. deliberazione a svolgere
efficacia integrativa del contratto.
2.1.

Il Collegio ritiene di condividere quanto già statuito in

fattispecie assolutamente identica con sentenza 30.8.2011, n. 17786 e
con altre numerose sentenze successive, e che, quindi, l’art. 6, comma
4, della deliberazione non abbia determinato in alcun modo nè
l’inserimento della relativa previsione nel contratto di utenza, nè
l’integrazione di esso (principio poi riaffermato numerose volte). A tal
fine va ribadito che il potere normativo secondario dell’Autorità per
l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può
concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso
l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma 37 del citato
art. 2, possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il
contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso
derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste
ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse
parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela
dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria
ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di
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all’affermazione del Tribunale della violazione dell’obbligo di

contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore
dell’utente e consumatore. Tuttavia la normazione o l’atto di esercizio
di poteri amministrativi precettivi a contenuto collettivo ai sensi
dell’art. 2, comma 12, lett. h), con i limiti indicati, in tanto può
integrare, attraverso la mediazione dell’integrazione del regolamento di

di un precetto specifico che non lasci al destinatario alcuna possibilità
di scelta sui tempi e sui modi.
2.2.

Ciò posto, si osserva che — come già evidenziato nella cit.

sentenza n. 17786 del 2011, alle cui argomentazioni può farsi rinvio – la
previsione della deliberazione n. 200 del 1999, art. 6, comma 4,
imponendo all’esercente “di offrire al cliente almeno una modalità
gratuita di pagamento della bolletta” si connotava certamente come
prescrizione del tutto inidonea ad integrare una clausola di contenuto
determinato, come già affermato nei precedenti di questa Corte. In
realtà, una prescrizione come quella in discorso, per la sua
indeterminatezza assegnava all’esercente una sorta di obbligo di
perseguimento di un risultato con ampi poteri di scelta, salva la
valutazione dell’A.E.G.G. circa il raggiungimento del risultato
attraverso i poteri di ispezione, accesso ed acquisizione di
documentazione e notizie.
Deve, dunque, sulla base delle complessive considerazioni svolte
escludersi che la prescrizione dell’art. 6, comma 4, della deliberazione
dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999 abbia comportato la modifica o
integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca
della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza sia
ai sensi dell’art. 1339 c.c., che dell’art. 1374 c.c..

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servizi, i contratti di utenza individuale in quanto ricorra l’imposizione

3. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione sulla
base dello scrutinio complessivo ed unitario dei detti quattro motivi e
la sentenza va cassata. Risultano assorbiti gli altri motivi.
La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto non
occorrono accertamenti di fatto per ritenere che la domanda vada

Quanto alle spese processuali, esistono giusti motivi per
compensare quelle dei due gradi di merito, mentre le spese del
giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito,
rigetta l’originaria domanda della parte intimata. Compensa le spese dei
gradi di merito. Condanna parte intimata alla rifusione alle parti
ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 600,00 (di
cui € 400,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi) oltre accessori
come per legge.
Roma, 12 marzo 2014.

rigettata.

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