Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7573 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. III, 08/03/2022, (ud. 15/10/2021, dep. 08/03/2022), n.7573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36226/2019 proposto da:

I.J., domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato TIZIANA ROSANIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di POTENZA, depositato il

28/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, I.J., cittadina (OMISSIS), originaria di (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Potenza, comunicato il 28 ottobre 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego della competente Commissione territoriale di Salerno del riconoscimento, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Il Tribunale di Potenza, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: a) il racconto della richiedente (esser fuggita, in seguito alla morte delle sorelle e alle minacce ricevute da sua madre, dal Paese d’origine, per timore di essere uccisa, anch’ella, dai familiari del padre, i quali li ritenevano responsabili della morte di quest’ultimo) “atten(eva) a vicende di natura familiare che non integra(vano) alcuno dei rischi” giustificativi del riconoscimento delle fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); b) non erano altresì sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c) del predetto D.Lgs., poiché, in base ai reports Amnesty International 2016/2017, Human Rights Watch del 2017, nonché EASO del 2017, “l’epicentro delle violenze di (OMISSIS)” era circoscritta al Nord-Est del Paese, là dove “il rischio di attacchi dei gruppi ribelli nella regione del (OMISSIS) riguarda(va) le infrastrutture petrolifere”; c) non poteva riconoscersi la protezione umanitaria sul rilievo per cui, neppure allegata una specifica condizione di vulnerabilità, la ragione della fuga della richiedente doveva ravvisarsi in ragioni meramente private siccome di carattere familiare.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione a udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo motivo viene lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 112 c.p.c. e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 9, comma 2, per aver il giudice del merito reso motivazione meramente apparente in relazione al diniego della domanda di protezione internazionale, là dove, invero, “avrebbe dovuto spiegare perché i fatti rappresentati non integrino i requisiti per il (relativo) riconoscimento”.

1.1. – Il motivo è infondato.

Il Tribunale – come già sintetizzato al p. 2 del “Rilevato che” (cfr. p. 2 del decreto impugnato) – ha descritto compiutamente la vicenda materiale oggetto delle dichiarazioni della richiedente e, quindi, ha posto a fondamento del diniego di riconoscimento della domanda di protezione internazionale la rilevanza meramente privata della medesima vicenda; ciò, quindi, mediante un percorso argomentativo del tutto intelligibile e privo di insanabili aporie, che non integra, dunque, l’ipotesi di motivazione apparente.

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,3,14 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

In particolare, il Tribunale non avrebbe adempiuto al proprio dovere di collaborazione istruttoria in merito all’accertamento della situazione oggettiva del Paese d’origine della ricorrente, non tenendo in adeguata considerazione tanto le già depositate note del Ministero degli Affari Esteri del 2019, ricognitive, in (OMISSIS), delll’incremento di violenze legate a rituali sacrificali di tipo magico e tradizionale, precedentemente concentrate in alcune aree ed ora suscettibili di verificarsi in tutto il Paese”, quanto il report Human Rights Watch del 2019, attestante le criticità vissute da “donne e ragazze sfollate (che) subiscono lo stupro e lo sfruttamento sessuale perpetrati da altri sfollati, membri di gruppi di vigilantes, poliziotti e soldati”.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

Quanto alle forme di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), le doglianze sul relativo mancato riconoscimento prescindono dalla ratio decidendi del decreto impugnato, che è quella del carattere meramente privato della vicenda narrata dalla richiedente, la quale è ormai consolidata in ragione dell’esito negativo dello scrutinio sul primo motivo di ricorso.

Quanto alla forma di protezione sussidiaria di cui alla lett. c) del citato art. 14, la ricorrente non censura in modo congruente la statuizione del giudice di merito (sintetizzata al p. 2 del “Rilevato che”; cfr. p. 2 del decreto impugnato), che si incentra sul rilievo dell’insussistenza, dedotta sulla base di fonti attendibili e aggiornate, di una situazione di conflitto armato interno generalizzato, tale da giustificare il riconoscimento della anzidetta forma di protezione internazionale.

3. – Con il terzo motivo, viene addotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per non aver il Tribunale reso, in punto di diniego della protezione umanitaria, evidente il percorso motivazionale giustificativo del mancato riconoscimento dell’invocata fattispecie di protezione, là dove, invero, ben sussisterebbero “gli elementi fattuali e documentali e la concreta esposizione di pericolo della ricorrente in caso di rimpatrio anche in virtù della giovane età e della totale assenza di una rete sociale”.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso è affatto generico e non si confronta con la ratio decidendi posta a fondamento del diniego della protezione umanitaria, consistente nel difetto di allegazione d’una specifica condizione di vulnerabilità soggettiva (in forza di motivazione intelligibile e tutt’altro che apparente), risolvendosi in mere asserzioni e nell’astratto richiamo di principi giurisprudenziali.

4. – Il ricorso va, dunque, rigettato.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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