Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7572 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.O., elettivamente domiciliato in Forlì, viale G. Matteotti

n. 115, presso lo studio dell’avv. Rosaria Tassinari (p.e.c.

rosaria.tassinari.ordineavvocatiforlicesena.eu) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 5392/2021 del Tribunale di Bologna, depositato

in data 12 giugno 2021, R.G. n. 14603/2018;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, O.O., nato in Nigeria, ha adito il Tribunale di Bologna impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di essere fuggito a causa di un debito nei confronti di un gruppo denominato (OMISSIS), al quale non era riuscito a restituire quanto dovuto.

Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata dal ricorrente fosse non credibile, tanto internamente che esternamente, in quanto generica in relazione a diversi aspetti fondamentali, quali ad esempio l’identità del gruppo creditore, la somma specificamente dovuta, l’intervento di un amico garante e di un amico che avrebbe pagato la cauzione dopo il suo arresto. Per quanto attiene alla specifica ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale ha escluso la sussistenza in Nigeria, con particolare riferimento alla zona di provenienza del ricorrente, di una situazione di violenza generalizzata sulla base delle informazioni acquisite d’ufficio (DFAT 2020, ACCORD 2020 e 2021). Infine, il Giudice di merito, pur riconoscendo la meritevolezza dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente (con contratto a tempo determinato della durata di due mesi) e dei corsi di formazione e lingua italiana da lui seguiti, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale, applicabile ratione temporis, in considerazione della mancanza di vulnerabilità specifiche o rilevanti problematiche di salute del ricorrente (posto che non risultavano terapie in atto ma esclusivamente un particolare regime dietetico), nonché della permanenza di legami familiari nel paese di origine. Allo stesso modo, il Tribunale ha escluso la sussistenza al riconoscimento del diritto di asilo di cui all’art. 10 Cost., comma 3, non residuando margini per la sua diretta applicabilità in conformità con l’orientamento espresso dai Giudici di legittimità.

Avverso il predetto decreto, O.O. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 6 luglio 2021, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi sono così rubricati: “I) Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere il Tribunale di Bologna applicato nella specie il principio dell’onere della prova attenuato così come affermato dalle S.U. con la sentenza n. 27310 del 2008 e per non aver valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’ art. 360 c.p.c., punto 3, e per difetto di motivazione; II) Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) per non avere il Tribunale di Bologna riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata così come meglio definita nella sentenza della Corte di Giustizia C-465/07 meglio conosciuta come Elgafaji; III) Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il Tribunale di Bologna esaminato compiutamente la ricorrenza dei requisiti per la protezione umanitaria, omettendo di verificare la sussistenza dell’obbligo costituzionale ed internazionale a fornire protezione in capo a persone che fuggono da paesi in cui vi siano sconvolgimenti tali da impedire una vita senza pericoli per la propria vita ed incolumità”.

2. Il primo motivo di ricorso è volto a censurare la valutazione di credibilità svolta dal Tribunale per violazione dei principi disciplinati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. A parere del ricorrente, difatti, il Giudice di merito si sarebbe arrestato alla mera contestazione che il racconto del ricorrente sarebbe stato vago, generico e privo di elementi di dettaglio, mancando tuttavia di chiedere al ricorrente di fornire spiegazioni agli eventuali dubbi emersi in sede di audizione.

La doglianza è inammissibile.

Deve evidenziarsi che il Tribunale ha valutato tanto la coerenza interna del ricorrente quanto quella esterna, attraverso l’acquisizione di COI relative al presunto gruppo creditore menzionato dal ricorrente. Il ricorso, diversamente, sviluppa la propria censura senza indicare quali sarebbero nello specifico gli elementi erroneamente valutati dal Tribunale che non raggiungerebbero il minimo costituzionale richiesto per la motivazione di rigetto.

3. Il secondo motivo di ricorso si duole del mancato riconoscimento di una minaccia grave e individuale alla vita del ricorrente derivante da una situazione di violenza indiscriminata così come definita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per avere il Tribunale fatto riferimento a fonti non attuali e per non aver svolto le proprie indagini con particolare riferimento alla zona di provenienza del ricorrente.

Anche tale doglianza è inammissibile. Si osserva che, quanto alla contestata non attualità delle fonti utilizzate dal Tribunale a sostegno del rigetto della domanda di protezione, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, alcune di esse risalgono a marzo 2021, mentre le altre risalenti al 2020, evidenziano il trend degli incidenti verificatesi nel corso di quello stesso anno. Il ricorso, nel contrapporre diverse fonti, non riporta invece alcuna indicazione temporale, né quali siano le “fonti in tema” (si veda p. 13 del ricorso). L’unico riferimento a una fonte alternativa si ha attraverso il richiamo di un precedente di merito che ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria di un ricorrente proveniente dalla Nigeria sulla base delle informazioni tratte da Amnesty International e dal sito (OMISSIS) (il cui scopo, come chiarito dalla Corte, coincide solo in parte con quello delle fonti di informazione utilizzabili nei procedimenti di protezione internazionale (Ord. Cass. n. 19980 del 2021)). Quanto al profilo della mancata analisi della situazione specifica della zona di provenienza del ricorrente, si evidenzia che, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, la valutazione del Tribunale si è invece focalizzata sull’Edo state, zona di provenienza dell’ O., come evincibile da pag. 12 del provvedimento impugnato.

In ordine alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria del giudice, vero che nella materia in oggetto il giudice abbia il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534). Nella specie, a fronte di una motivazione che ha ritenuto di escludere la ricorrenza in Nigeria di una situazione di “violenza generalizzata provocata da una guerra civile in atto” sulla base fonti specifiche consultate, il ricorrente si limita, del tutto genericamente, a lamentare che non si sia tenuto conto della situazione aggiornata della Nigeria né di fonti attendibili, affermando che nel Paese mancano le condizioni minime di sicurezza e vi è un’incontestabile violazione dei diritti umani.

Il ricorrente manca di indicare quali siano i fatti alternativi desumibili da fonti informative successive, dovendosi confermare il principio di diritto già espresso da questa Corte (Cass. n. 30105 del 2018) secondo cui “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “Ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati…” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte”.

4. Con il terzo motivo di ricorso si censura il mancato riconoscimento della protezione umanitaria per non aver il Tribunale verificato se la prospettazione del quadro generale di violenza diffusa ed indiscriminata fosse quanto meno idoneo a integrare una condizione di vulnerabilità tale da consentire la trasmissione degli atti al Questore per il rilascio di un permesso di natura umanitaria, nonché per non aver considerato l’attività lavorativa del ricorrente quale indice di integrazione in Italia. La censura è inammissibile in quanto non si confronta con la motivazione della decisione impugnata nella parte in cui essa ha, da un lato escluso la sussistenza di particolari vulnerabilità in capo al ricorrente e, dall’altro, escluso che una pur discreta integrazione sul territorio italiano possa comportare, isolatamente considerata, il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari o per protezione speciale di cui al D.L. n. 130 del 2020. La statuizione risulta anche conforme ai principi di diritto da ultimo affermati dalle Sezioni Unite (Cass. n. 24413 del 2021).

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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