Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7571 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. II, 17/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 17/03/2021), n.7571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26051-2019 proposto da:

K.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO

NIEVO n. 61, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA ONORATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO FUSCHINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

26/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 26.07.2019 il Tribunale di Campobasso respingeva il ricorso proposto da K.B., cittadino del Mali, avverso il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno – Sezione di Campobasso aveva rigettato la domanda del ricorrente volta al riconoscimento della protezione internazionale. Il Tribunale condivideva il giudizio di non credibilità effettuato dalla Commissione Territoriale e riteneva non sussistenti i presupposti necessari per la concessione dell’invocata protezione.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione di rigetto K.B., affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato a mezzo P.E.C., con apposita nota, copia della procura già presente nel fascicolo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della nota depositata dal ricorrente in data 5.10.2020, perchè pervenuta oltre la scadenza del termine per memorie previsto dall’art. 380-bis c.p.c., comma 1. Del pari inammissibile è la produzione documentale ad essa acclusa, poichè si tratta di documenti già presenti nel fascicolo (la procura era infatti allegata al ricorso) che comunque non rientrano nel novero di quelli indicati dall’art. 372 c.p.c..

Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, la L. n. 241 del 1990, art. 10-bis e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale non avrebbe considerato che il provvedimento di diniego della Commissione territoriale era stato emesso senza che, previamente, fossero stati comunicati al ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza di protezione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta invece la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che il provvedimento di diniego della Commissione territoriale non era stato tradotto nella lingua del ricorrente.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili.

Va, infatti, ribadito il principio secondo cui le eventuali nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, o del relativo procedimento formativo, non hanno specifica rilevanza nel giudizio di riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria, in quanto l’oggetto di detto giudizio non è limitato al mero sindacato sull’atto amministrativo conclusivo della fase svolta dinanzi la Commissione territoriale, bensì concerne il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 19393 del 09/09/2009, Rv. 609272). Detto giudizio, perciò, non può concludersi con il mero annullamento del diniego amministrativo della protezione, ma deve pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto alla stessa: la decisione del tribunale, quindi, deve, in via alternativa, rigettare il ricorso ovvero riconoscere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria o umanitaria (Cass. Sez. 61, Ordinanza n. 18632 del 03/09/2014, non massimata).

Ne consegue l’irrilevanza di eventuali nullità incidenti soltanto sulla fase amministrativa, quando comunque il richiedente abbia potuto attivare utilmente e tempestivamente il proprio diritto di impugnare il provvedimento della Commissione territoriale conclusivo della predetta fase, in tal modo esercitando con pienezza il suo diritto alla difesa in giudizio, riconosciuto dall’art. 24 Cost..

In relazione al secondo motivo, inoltre, va ribadito che “In tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale, nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, commi 4 e 5, al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione. Ne consegue che la parte, ove td censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un “vulnus” all’esercizio del diritto di difesa ed in particolare, qualora deduca la mancata comprensione delle allegazioni rese in interrogatorio, deve precisare quale reale versione sarebbe stata offerta e quale rilievo avrebbe avuto” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 11871 del 27/05/2014, Rv. 631323; conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 24543 del 21/11/2011, Rv. 620578).

Il motivo in esame non specifica quale danno concreto al diritto di difesa sia stato cagionato dalla mancata traduzione, con conseguente difetto di specificità della doglianza.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 35-bis, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale, nel rigettare la domanda di protezione internazionale, avrebbe valutato non già la storia del richiedente, ma quella di un diverso soggetto, cadendo quindi in un errore sull’identità.

La censura è fondata.

Il Tribunale ha infatti affermato (cfr. pagg. 2 e ss. del decreto impugnato) che il K. aveva dichiarato di provenire dalla città di Kidal, che aveva abbandonato nel 2012 dopo la sua conquista da parte dei ribelli, per dirigersi prima in Algeria, dove era rimasto fino al 2015, e poi, dopo un breve ritorno in Mali, in Libia ed in Italia. Il ricorrente riferisce, al contrario, di aver dichiarato, in sede di audizione dinanzi la Commissione territoriale, di provenire dalla città di Dieoura, dalla quale non si era mai mosso, e di aver lasciato il Mali nel 2010, senza fare alcun riferimento nè alla città di Kidal nè alla permanenza in Algeria. Nel proporre impugnativa avverso il provvedimento reiettivo della Commissione territoriale, il ricorrente aveva chiesto di essere ascoltato, proprio allo scopo di chiarire le incongruenze che l’organo amministrativo aveva erroneamente ravvisato nel suo racconto, ed aveva reiterato l’istanza in udienza. Il giudice molisano, nel rigettare la richiesta di audizione avanzata dal ricorrente, ha affermato che la lettura delle dichiarazioni da questo rese innanzi alla Commissione Territoriale “… ha reso superfluo l’interrogatorio in sede giudiziale…” (cfr. pag. 3 del decreto impugnato), omettendo in tal modo da un lato di considerare l’errore sulla identità del richiedente la protezione che era stato commesso già dalla Commissione territoriale, e dall’altro lato di consentire al K. il pieno esercizio del suo diritto di difesa.

La Corte di Giustizia U.E. ha, in argomento, affermato che “… qualora, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non fossero esaustivi, attuali o pertinenti…”, questo dovrà essere ascoltato, proprio al fine di esaminare con piena cognizione di causa tale domanda (Sentenza del 9.5.2017, resa nella causa di rinvio pregiudiziale C-560/2014, M c/ Minister for Justice and Equality of Ireland). L’audizione, infatti, rappresenta uno strumento fondamentale sia del ricorrente, per dare concretezza alla propria pretesa, sia del giudice, per valutare “… la coerenza e la plausibilità del racconto, quali presupposti per attivare il dovere di cooperazione istruttoria” (Cass. Sez.1, Sentenza n. 27073 del 23/10/2019, Rv. 656871).

In coerenza con il predetto principio questa Corte ha ulteriormente precisato che “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze e alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, non massimata).

Il caso di specie rientra pienamente nel paradigma di cui alla lett. c), poichè il ricorrente aveva chiesto, con il ricorso introduttivo della fase giurisdizionale, di essere sentito, aveva indicato il tema specifico che intendeva chiarire -appunto, lo scambio di persona in cui era incorsa la Commissione territoriale- ed aveva reiterato la predetta istanza in udienza. Il Tribunale avrebbe dunque dovuto procedere all’audizione del ricorrente, proprio al fine di eliminare i dubbi circa la riferibilità alla sua storia individuale di quanto ravvisato dalla Commissione territoriale. La mancata audizione ha impedito, da un lato, al richiedente di esercitare in modo pieno il suo diritto di difesa e, dall’altro lato, al giudice molisano di apprezzare la storia del K. nei termini effettivi con cui essa era stata narrata dinanzi la Commissione territoriale. Ne consegue la violazione del dovere di cooperazione istruttoria sancito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e l’ulteriore vizio di apparenza della motivazione, posto che quest’ultima, riferendosi evidentemente ad una storia che non presenta alcuna attinenza con quella narrata dal K., appare perplessa ed obiettivamente incomprensibile, e quindi tale da rientrare in una delle ipotesi in cui, ai sensi di quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore a seguito della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, è ammessa la deduzione del vizio di motivazione in Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 1, 3 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19.

Anche questa censura è fondata.

Il Tribunale ha valutato la domanda di protezione sussidiaria senza citare alcuna fonte internazionale, in violazione del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui “E’ onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887; Cass. 6-1, Ordinanza n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608).

In definitiva, vanno dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo ricorso e vanno invece accolti il terzo e il quarto motivo. La decisione impugnata va conseguentemente cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo di ricorso ed accoglie il terzo e il quarto. Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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