Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7570 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21285-2008 proposto da:

STAR EDIZIONI CINEMATOGRAFICHE SRL in persona del suo amministratore

unico e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VILLA PEPOLI 4, presso lo studio dell’avvocato COLUZZI ALESSANDRO,

che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ENPALS – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER I LAVORATORI

DELLO SPETTACOLO in persona del Presidente, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA, 206, presso lo studio dell’avvocato

DE LUCA DOMENICO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT SPA – Agente della Riscossione per la Provincia di

Roma (già Monte dei Paschi di Siena);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2903/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

10.4.07, depositata il 31/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 31 agosto 2007, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla STAR Edizioni Cinematografiche s.r.l. avverso la cartella esattoriale di pagamento – ad essa notificata a cura della Banca Monte dei Paschi, quale concessionaria del servizio nazionale di riscossione per la provincia di Roma – in favore dell’ENPALS per i contributi obbligatoli, dovuti in relazione al periodo 1996-1997, e non versati, omissioni contributive che erano state contestate con diversi verbali di accertamento, notificati il 27 giugno 1998.

Il giudice del gravame, per quanto ancora interessa, ha ritenuto l’applicabilità del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, considerata la sussistenza dell’obbligazione contributiva in questione alla data dell’entrata in vigore della medesima normativa e posto che la cartella esattoriale era stata notificata il 30 aprile 2003, espressamente escludendo, poi, l’applicabilità della disciplina dettata dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, anche perchè; l’ENPALS non aveva irrogato alcuna sanzione di carattere amministrativo.

Per la cassazione della sentenza la società soccombente ha proposto ricorso con un motivo, cui l’ente intimato ha resistito con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Alla relazione la società ha replicato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denuncia “omessa o comunque insufficiente ed illogica motivazione su un punto fondamentale della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5”. Deduce che il procedimento amministrativo avviato dall’ENPALS, con i richiamati verbali di accertamento, doveva necessariamente concludersi con un provvedimento di ordinanza ingiunzione o di archiviazione L. n. 689 del 1981, ex artt. 18 e 35 e poichè non è espressamente stabilito un termine entro il quale l’ente deve emettere l’ordinanza, in applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 in materia di procedimento amministrativo, che stabilisce l’obbligo per la pubblica amministrazione di concludere il procedimento mediante un provvedimento espresso entro il termine di gg. trenta a decorrere dall’inizio del procedimento, l’ente odierno intimato avrebbe dovuto provvedere a notificare l’ordinanza ingiunzione entro il 27 luglio 1998. Non essendo stato notificato alcun provvedimento, il procedimento era da ritenersi estinto o archiviato, per cui il giudice erroneamente, ad avviso della ricorrente, ha fatto applicazione, in luogo delle disposizioni della L. n. 689 del 1981, della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1999, intervenuto successivamente, con conseguente illegittimità dell’iscrizione a ruolo e inefficacia della cartella esattoriale.

Assume che risalendo le infrazioni contestate al periodo 1 gennaio 1996/31 ottobre 1997 si era verificata la prescrizione, allorchè in data 30 aprile 2003 era stata notificata la cartella esattoriale.

Il ricorso è inammissibile. Come è stato già rilevato nella richiamata relazione, non risultano adempiute le prescrizioni imposte dall’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che ha apportato modifiche al processo di cassazione, e qui da applicare, trattandosi di ricorso proposto contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006.

Tale norma dispone che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Qui, invece, non è enunciato alcun quesito in relazione alle violazioni di legge a cui pure si fa riferimento nel corso della esposizione della censura, sebbene il motivo sia rubricato come vizio riconducibile all’ipotesi prevista dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nè è precisato il fatto controverso per il quale si è ravvisato il vizio di motivazione, inammissibilmente incentrato sulla mancanza o insufficienza delle ragioni dell’applicabilità della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 46 del 1999.

Nè queste considerazioni, che sono condivise dal Collegio, possono essere infirmate dalle deduzioni svolte dalla società ricorrente in memoria, con le quali ha sostenuto che dalla illustrazione del motivo, e precisamente a pag. 14 del ricorso, emergono chiaramente sia il fatto controverso in relazione al quale è stato prospettato il vizio di motivazione sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, mentre a pag. 15 e ss. sono esplicitati i motivi per i quali si ritiene non corretto, e comunque insufficiente oltre che carente di logicità, l’assunto della Corte territoriale circa l’applicabilità della normativa prevista dal citato D.Lgs. n. 46 del 1999 in luogo di quella della L. n. 689 del 1981.

Relativamente a quest’ultima censura, essa denuncia un errore che non riguarda un accertamento di fatto denunciabile come vizio di motivazione, ma un errore nell’applicazione di una disciplina giuridica, perchè diversa da quella a cui, a giudizio della ricorrente, avrebbe dovuto farsi riferimento in relazione alla fattispecie concreta come delineata in giudizio, e pertanto integra il vizio di falsa applicazione di norma di diritto previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 3, per il quale il citato art. 366 bis c.p.c. prescrive l’enunciazione del quesito di diritto, qui mancante.

Per tutti gli altri profili di censura contenuti nel motivo e riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, la giurisprudenza di questa Corte ha rimarcato che l’onere di indicare chiaramente il fatto controverso ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche riportando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass. 7 aprile 2008 n. 8897). indicazione di cui la stessa ricorrente finisce con ammettere la mancanza, avendo dovuto riportare nella memoria, le parti del ricorso in cui erano stati specificati il fatto controverso e le ragioni della dedotta inidoneità della motivazione a giustificare la decisione.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’ENPALS, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 10,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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