Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7568 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.23/03/2017),  n. 7568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22361-2015 proposto da:

CASSA NAZIONALE Dl PRVVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del Direttore Generale nonchè

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI 44/46, presso lo studio dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BERETTA;

– ricorrente –

contro

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

DELL’UNIVERSITA’ 11, presso lo studio dell’avvocato ANGELA STANI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 771/2014 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,

depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che S.M., titolare di pensione di vecchiaia a carico della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza in favore dei Ragionieri e dei Periti Commerciali dal 1997, adì il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia per sentire dichiarare l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico, operato dalla Cassa, a decorrere dall’1.1.2004 e sino al 31.12.2008, a titolo di contributo straordinario di solidarietà, in attuazione dell’art. 40 del Regolamento di esecuzione adottato dalla stessa Cassa con delibera 20.12.2003 e per sentire condannare quest’ultima alla restituzione delle somme indebitamente percepite;

che la domanda venne accolta e che, a seguito di impugnazione della Cassa di previdenza, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza in data 25.3.2015, respinse l’appello;

che la Corte, condividendo la sentenza di primo grado, ritenne che l’art. 40 del Regolamento, adottato con delibera del 20.12.2003, che aveva introdotto il contributo di solidarietà, era illegittimo), in quanto violava i limiti imposti dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e ledeva l’affidamento dell’assicurato, già pensionato, e finiva per incidere su un diritto acquisito;

che, secondo la Corte d’appello, tale diritto non poteva essere travolto dallo “ius supeveniens” costituito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, norma, questa, non configurata come interpretativa e non dotata, perciò, di efficacia retroattiva;

che di tale sentenza la Cassa chiede la cassazione, affidando l’impugnazione a tre motivi, ai quali ha opposto difese, con controricorso, S.M.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata; che, col primo motivo, la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488;

che, con il secondo, la Cassa lamenta violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, in relazione all’art. 40 del Regolamento della Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri entrato in vigore il 1 gennaio 2004, e, con il terzo, violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 in relazione all’art. 40 del vigente regolamento di esecuzione; che, nella sostanza, la ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe violato la legge nel dichiarare l’illegittimità del predetto contributo, che comportava, invece, un sacrificio temporaneo e quantitativamente modesto, e che il legislatore ha previsto espressamente la salvezza, a titolo di sanatoria con efficacia retroattiva, degli atti e delle deliberazioni assunte precedentemente dalle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria già approvate dai Ministeri vigilanti, con la conseguenza che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere illegittimo il contributo temporaneo straordinario di solidarietà, non tenendo) conto del fatto che lo stesso era stato adottato nel rispetto del principio di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile previsto dal D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 e che non incideva sulla proporzione fra la quantità dei contributi versati dai pensionati e l’ammontare delle prestazioni pensionistiche agli stessi corrisposte;

che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, premesso che i motivi vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, deve essere richiamato quanto affermato in controversia del tutto sovrapponibile da questa Corte nella pronunzia del 6.4.2016 n. 6702, in base a principi ed argomentazioni del tutto condivisi da questo Collegio;

che è stato rilevato come, anche in relazione ad analoga questione riguardante la Cassa di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti, con la sentenza n. 25212 del 30/11/2009, sia stato affermato che “in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare – in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione – atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie il contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” – che è stabilito in relazione “alle anzianità già maturate”, le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo – e lesivi dell’affidamento dell’assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati”;

che nello stesso senso si sono pronunziate Cass. 25029 e n.25030 del 2009, nonchè Cass., Sez. 6, n. 2749 del 2013, Cass. 56 del 2015, e che analoghi principi sono enunciati nelle sentenze n. 25895, n. 26032, n. 26943 del 2014 con riguardo a controversie nelle quali era parte la odierna ricorrente e, da ultimo, da Cass. 6.4.2016 n. 6702 cit.;

che, in particolare, in tale ultima sentenza, è stato rilevato che nel nostro sistema non vige il principio della intangibilità del trattamento pensionistico esistente nel momento in cui abbia avuto inizio l’iscrizione dell’interessato alla Cassa di previdenza, non essendo interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dì rapporti di durata, e quindi di modificare la disciplina pensionistica fino al punto di ridurre il quantum del trattamento) previsto, limitando, allorchè si verifichino determinati presupposti, il detto trattamento con riferimento alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle prestazioni;

che, però, è stato osservato che è necessario che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda l’affidamento dell’assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati;

che, d’altra parte, la giurisprudenza della Corte costituzionale è costante nel ritenere illegittima la norma che violi “l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto” (Corte Cost. 10.2.1993 n. 39, 26.1.1994 n. 6, 28.2.1997 n. 50, 23.12.1997 n. 432, 22.11.2000 n. 525) e che questo limite costituzionale imposto al legislatore induce, a maggior ragione, a ritenere contrario al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost., comma 2) l’atto infralegislativo, amministrativo) o negoziale, con cui l’ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l’ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge, ossia non si limiti a disporre pro futuro, con riguardo a pensioni non ancora maturate, in quanto in tal caso l’iniziativa unilaterale, e non legislativa, colpirebbe più gravemente la sicurezza dei rapporti giuridici;

che, nelle decisioni sopra richiamate è stato escluso che possa rinvenirsi la giustificazione del provvedimento in questione nel contenuto della norma dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, esulando il detto atto dai previsti “provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico” non potendo la trattenuta considerarsi legittima a seguito della entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, perchè detta norma incide sui sistema dei pro rata, che è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà che interessa la presente causa;

che – come rilevato in particolare da Cass. 6702/2016 cit. – in questa situazione di raggiunto) assetto della giurisprudenza di legittimità sulla portata e sull’ambito di applicazione della clausola di garanzia costituita dalla regola del pro rata di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, nella sua originaria formulazione, non incide sulla soluzione della presente questione la disposizione qualificata come di interpretazione autentica della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge dì stabilità 2014) che ha previsto: “L’ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine”;

che, invero, tale norma pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perchè di carattere provvisorio e limitato nel tempo, cosi come affermato dalla stessa ricorrente;

che il contenuto della memoria della ricorrente è inidoneo ad incidere sulla indicata soluzione della controversia, dovendo osservarsi che le considerazioni relative all’obiettivo della salvaguardia dell’equilibrio finanziario della Cassa ed al rispetto in maniera attenuata del principio del pro rata per trattamenti pensionistici maturati, peraltro, a partire del 1.1.2007, nei sensi affermati da ultimo da Cass. s u. 8 settembre 2015 n. 17742, possono assumere rilevanza con riferimento a quanto previsto dall’art. 41 del regolamento di esecuzione;

che il contributo straordinario di solidarietà, previsto dall’art. 40 del Regolamento, rappresenta una misura adottata in violazione del principio della riserva di legge ai sensi dell’art. 23 Cost. posto che la delegificazione, con attribuzione della potestà normativa alle singole casse, deve ritenersi riguardare la variazione delle aliquote contributive, la riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, da adottarsi comunque nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate;

che, in ogni caso, come affermato da questa Corte con sentenza 17742/2015, in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994 (quale la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali), per i trattamenti maturati prima del 1 gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario della L n. 335 del 1993, art. 3, comma 12, sicchè non trovano applicazione le modifiche “in peius” per gli assicurati introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del “pro rata” per effetto della riformulazione disposta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, come interpretata dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488;

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, e le spese sono regolate come da dispositivo, ritenendosi ancora sussistenti i giustificati motivi per la relativa compensazione, ravvisati, nel precedente giurisprudenziale più volte richiamato, nell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e nella problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente, nonchè nel mutamento del quadro normativo di riferimento;

che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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