Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7568 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della S.C. di Cassazione, con dichiarazione di voler

ricevere gli avvisi e le comunicazioni di cui all’art. 133 c.p.c.,

comma 3, all’art. 134 c.p.c., comma 3 e all’art. 176 c.p.c., comma

2, al numero di fax 051 263099 oppure tramite l’indirizzo pec

dell’Avv. Fabiola De Ronzo (p.e.c.

fabioladeronzo.ordineavvocatibopec.it) che lo rappresenta e difende

per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 5786/2021 del Tribunale di Bologna, emesso in

data 8 giugno 2021 e depositato in data 25 giugno 2021, R.G. n.

18929/2018;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons.

IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, C.C., nato ad Amiri, Imo State, Nigeria, ha adito il Tribunale di Bologna impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente dichiarava che nel 2016 si era recato assieme alla fidanzata ad un evento celebrativo del movimento indipendentista del Biafra, durante il quale la ragazza rimaneva ferita a seguito di una sparatoria ad opera dei militari. Egli l’aveva dunque portata in ospedale e lì la polizia avrebbe imposto la sottoscrizione di una lettera di impegno per le spese necessarie per le cure. A seguito della morte della giovane, affermava il ricorrente, era fuggito per timore di essere arrestato.

Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata dal ricorrente fosse non credibile in quanto generica e non circostanziata, tanto in relazione alla sua presunta appartenenza al movimento indipendentista del Biafra (IPOB), che in relazione alle minacce della polizia nei suoi confronti. Per quanto attiene alla specifica ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale, basandosi sulle diverse COI acquisite, ha dato atto di un’insurrezione, nota come crisi di Orlu, nell’Imo State, che avrebbe interessato nei primi mesi del 2021 da un lato l’esercito nigeriano e dall’altro l’ala paramilitare dell’IPOB (nota come ESN – Eastern Security Network). Tuttavia, il Giudice di merito ha escluso la sussistenza di un grado di violenza talmente indiscriminato tale per cui un civile rientrato nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire tale minaccia poiché, da un lato, non si sarebbero più riscontrate violenze tra le forze dell’ESN e l’esercito nigeriano a partire da marzo 2021 e, dall’altro, a causa di tali scontri non si sarebbero registrate vittime tra i civili. Infine, il Tribunale, pur riconoscendo la meritevolezza dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente (comprovata da contratti di lavoro stagionali) e dei corsi di formazione lavorativa e di lingua italiana da lui seguiti, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, in considerazione della mancanza di vulnerabilità specifiche o rilevanti problematiche di salute del ricorrente, nonché della permanenza di legami familiari nel paese di origine.

Avverso il predetto decreto, che sarebbe stato comunicato il 28/6/2021, C.C. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 14 luglio 2021, svolgendo tre motivi. L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: “1) Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7 e ss., per avere il Tribunale concluso per l’assenza dei requisiti per concedere al richiedente lo status di rifugiato; 2) Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5 e 14, per Tribunale concluso per l’assenza dei requisiti per concedere al richiedente la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 21 del 2007 ex art. 14, lett. b) e c); 3) Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, laddove il Tribunale ha ritenuto infondato il ricorso in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria”.

2. Con il primo motivo di ricorso ci si duole dell’esito negativo del giudizio di credibilità, per aver il Tribunale erroneamente valutato diversi aspetti della vicenda narrata, nonché il basso grado di scolarizzazione del ricorrente.

Si critica la decisione del Tribunale nella parte in cui ha dedotto la non genuinità della tessera dell’IPOB dalla mancata menzione di quest’ultimo in una COI dell’EASO che fornisce indicazioni limitatamente alle tessere del gruppo MASSOB. Inoltre, il ricorso riporta ulteriori fonti dalle quali si evincerebbe l’esistenza di tessere dell’IPOB, negata invece dal Tribunale.

La doglianza è inammissibile. Si è già chiarito che, in tema di protezione internazionale, la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (cfr. Cass. 27593/2018 e Cass. 29358/2018). Anche di recente (Cass. 11925/2020), si è affermato che “la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicché, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

La doglianza attinge ad alcune soltanto delle argomentazioni esposte dal Tribunale in ordine alla complessiva genericità ed incoerenza del racconto, a prescindere dalla questione dell’effettiva appartenenza al movimento IPOB.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’errata valutazione in punto di richiesta di protezione sussidiaria.

La doglianza è inammissibile. Si contrappone una diversa realtà fattuale delle tensioni presenti in Imo State rispetto a quanto prospettato dal Tribunale. Le fonti utilizzate sono costituite da alcuni comunicati stampa dell’Associazione Cristiana della Nigeria e della Conferenza episcopale Cattolica, nonché dal sito www.africarivista.it.

Tali fonti, ancor più recenti di quelle utilizzate dal Tribunale, non contraddicono quelle che sono le informazioni reperite dal Tribunale stesso, in relazione all’inesistenza di una situazione di violenza indiscriminata.

4. Con il terzo motivo di ricorso ci si duole della decisione del Tribunale nella parte in cui esso ha reputato che il ricorrente avesse persistenti legami familiari in Nigeria e non raggiungesse un sufficiente grado di radicamento sul territorio italiano pur in presenza di attività lavorativa che, complice la pandemia, sarebbe proseguita in maniera irregolare e poi ripresa con contratto da maggio a luglio 2021. Inoltre, sostiene il ricorrente, un eventuale rimpatrio lo esporrebbe all’ulteriore pericolo per la propria salute in considerazione dell’attuale pandemia da COVID-19.

Il motivo è inammissibile in quanto mira ad ottenere una rivalutazione nel merito. Le Sezioni Unite (Cass. 24413/2021) si sono nuovamente pronunciate sul tema della protezione umanitaria, alla stregua del testo del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, anteriore alle modifiche recate dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, e del contenuto della valutazione comparativa affidata al giudice, tra la situazione che, in caso di rimpatrio, il richiedente lascerebbe in Italia e quella che il medesimo troverebbe nel Paese di origine, già condiviso dalle Sezioni Unite, con la precedente sentenza n. 29459/2019, affermando il seguente principio di diritto: “In base alla normativa del T.U. Imm. anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia. Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del T.U. cit., art. 5, per riconoscere il permesso di soggiorno”.

Ora, nel presente giudizio, il Tribunale ha escluso una situazione personale di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva, meritevole di protezione per ragioni umanitarie, rilevando che non era stata neppure allegata documentazione dal richiedente, al fine di integrare il requisito della effettiva integrazione, sociale e lavorativa, nel nostro Paese (essendo stata documentata la partecipazione a corsi di lingua, di formazione lavorativa, nonché lo svolgimento di lavori stagionali non continuativi, ma risultando che il richiedente non parla la lingua italiana e non ha legami affettivi in Italia, mentre in Patria sono rimasti tutti i familiari) e, nel ricorso, ci si limita a ritenere pregiudizievole il rientro nel Paese d’origine dopo alcuni anni di soggiorno in Italia, avendo il richiedente documentato lo svolgimento di un’attività lavorativa. Ma anche ai fini del vaglio di c.d. comparazione attenuata, il livello di integrazione in Italia, sotto il profilo sociale, lavorativo, familiare, deve essere davvero significativo ed effettivo.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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