Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7564 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. III, 08/03/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 08/03/2022), n.7564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36207/2019 proposto da:

D.K., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIAGRAZIA STIGLIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il

15-18/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato ad unico motivo, D.K., cittadino d’origine (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Lecce, comunicato il 20 novembre 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Il Tribunale di Lecce, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: a) il racconto del richiedente (essersi allontanato dal Paese d’origine per motivi di salute dovuti alla amputazione di un dito della mano) non era credibile siccome “intriso di contraddizioni e di elementi vaghi e generici”, nonché, in conformità ai rilievi della Commissione, informato, in via esclusiva, a “questioni (superate) di carattere sanitario relative alla situazione della mano”; b) non erano sussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e delle fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; c) non poteva riconoscersi la protezione umanitaria, sul rilievo per cui “la generica violazione dei diritti fondamentali nel Paese d’origine (…) non trova(va) riscontro, sulla base del racconto reso (peraltro non credibile) (…) in una condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani”, nonché sulla scorta del dato della “insufficienza” del percorso lavorativo e d’integrazione nel Paese d’accoglienza.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

4. – Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato ad un unico motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione “perplessa” e “contraddittoria”, per aver il giudice del merito erroneamente interpretato, in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, il rilievo della Commissione territoriale per cui la ragione della fuga del K. doveva ravvisarsi in motivi di salute (ossia, “un grave problema alla mano tanto da subire l’amputazione di un dito appena giunto in Italia, e di non avere problemi a tornare in patria dopo la risoluzione del problema di salute”), non già invero in una valutazione – mai espressa, per l’appunto, dalla autorità amministrativa – di non credibilità del narrato.

Ed invero, sulla scorta del presunto giudizio di non credibilità del richiedente – asseritamente espresso dalla Commissione territoriale ed erroneamente condiviso dal Tribunale -, il giudice del merito non solo non avrebbe adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria nell’accertamento in ordine all’esistenza di presidi medici adeguati nel suo Paese d’origine, ma avrebbe altresì erroneamente mancato di riconoscere l’invocata tutela umanitaria.

2. – Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha più volte enunciato il principio per cui ai fini della verifica dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie (nei casi in cui “ratione temporis” sia applicabile il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6,) la condizione di vulnerabilità per motivi di salute, normativamente tipizzata dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, comma 11, lett. h) bis, impone all’organo giudicante un’attenta e dettagliata disamina dei rischi eventualmente configurabili a carico del ricorrente in caso di rimpatrio (Cass. civ., 17 luglio 2020, n. 15322, Rv. 658286-01; Cass. civ., 30 giugno 2020, n. 13257, Rv. 658131-02), e tanto a prescindere dal giudizio di mancata credibilità del richiedente la protezione internazionale (fra le molte, Cass. 28 luglio 2020, n. 16122, Rv. 658561 – 01).

Ciò posto, il giudice del merito ha espressamente motivato (p. 6 del decreto impugnato) in ordine su fatto che, in base alla documentazione in atti, “le questioni di carattere sanitario relative alla situazione della mano” – che avevano indotto il richiedente a lasciare il proprio Paese di origine per affrontare in Italia le cure – erano “superate, atteso che dal referto rx si evince che risultano amputate le falangi intermedia ed ungueale del 4 dito della mano sinistra”.

Le censure di parte ricorrente – soffermandosi solo sull’ulteriore ragione decisoria della non credibilità del narrato – non colgono tale ratio decidendi, da sola idonea a sorreggere la statuizione adottata.

Ne’ tanto può essere emendato con le deduzioni della memoria successivamente depositata (che, peraltro, ribadiscono in buona parte le argomentazioni del ricorso), che ha funzione solo illustrativa delle censure originariamente proposte (tra le molte, Cass. n. 17893/2020).

3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

 

 

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