Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7562 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in Treviso, via

Nicolò Franco n. 8, presso lo studio dell’avv. Enrico Villanova

(p.e.c. enricovillanova.pec.ordineavvocatitreviso.it) che lo

rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, emesso in data 15 aprile

2021, R.G. n. 4672/2019;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, C.A., cittadino del Mali, ha adito il Tribunale di Venezia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di essere fuggito dal Mali, assieme alla sorella, a seguito dell’uccisione del padre da parte di alcuni banditi nel 2014. Aggiungeva, inoltre, di temere di rientrare nel paese a causa della condizione di insicurezza del paese di origine.

Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata fosse non credibile, in quanto generica e non circostanziata. Con specifico riferimento ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale, pur riconoscendo che una situazione di sicurezza altamente problematica affliggesse il Mali, ha escluso, sulla base delle COI acquisite d’ufficio (Human Rights Watch 2020, UNHCR), che la zona di provenienza del ricorrente presentasse un livello di insicurezza tale da configurare una situazione di violenza generalizzata. Infine, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione protezione speciale, applicabile ratione temporis. In particolare, il Giudice veneziano ha ritenuto che il ricorrente non avesse raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale, tenuto conto che i contratti prodotti erano consistenti in proroghe di pochi giorni lavorativi e non consentivano di considerare raggiunta una stabilità lavorativa né retributiva, dato l’esiguo importo delle relative buste paga. Inoltre, a parere del Tribunale, non sarebbero emersi ulteriori elementi da cui potesse desumersi un effettivo radicamento del ricorrente sotto il profilo sociale e relazionale, stante anche la necessità di un interprete nel corso dell’audizione.

Avverso il predetto decreto, C.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 17 maggio 2021, svolgendo un unico motivo di ricorso, così rubricato “Violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”. L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si censura il mancato riconoscimento da parte del Tribunale del permesso per motivi umanitari (laddove il Tribunale motiva invece il dinego del permesso per protezione speciale). Sotto un primo profilo, il ricorrente contesta la motivazione del Tribunale laddove quest’ultimo ha subordinato il riconoscimento della protezione residuale all’esito negativo del giudizio di credibilità. Sotto un secondo profilo, invece, il ricorrente si duole della motivazione del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo ha riconosciuto irrilevante il percorso di integrazione da lui intrapreso in Italia.

2. In relazione al primo profilo censurato dal motivo di ricorso, si evidenza che il Tribunale ha condizionato al giudizio negativo di credibilità l’esame di profili particolari emergenti dalla vicenda posta dal ricorrente alla base dell’espatrio. Irragionevole sarebbe stato valutare tali elementi a fronte della mancata credibilità della vicenda. Posta tale premessa, il Tribunale ha comunque valutato gli ulteriori profili emersi nel corso del giudizio di merito (integrazione lavorativa e sociale).

Quanto al secondo profilo emergente dal motivo in esame, si evidenzia l’assoluta genericità delle censure mosse alla motivazione del provvedimento in esame, prive di chiarimenti specifici sul grado di integrazione lavorativo e sociale raggiunti (non sono menzionati contratti o documenti di alcun tipo).

Vero che il Tribunale ha rilevato criticità in Mali, in ordine alla sicurezza ed al rispetto dei diritti fondamentali, nelle regioni settentrionali e centrali, comunque diverse da quella di provenienza del richiedente, ma ha accertato che una normalizzazione costituzionale ed un processo di pace sono stati avviati dopo la nomina a fine 2020 di un nuovo presidente. Peraltro, il ricorso risulta del tutto generico anche in ordine alla zona o regione de Mali di provenienza: il Tribunale ha rilevato che il richiedente proviene da Diago, città che si trova nel circondario di Kita e che tale circondario è escluso dall’elenco dell’UNHCR delle regioni che riportano situazione di grave criticità ai fini degli eventuali rimpatri. A fronte di tale accertamento in fatto, non specificamente ed efficacemente censurato, neppure può ritenersi che sussista una vulnerabilità del richiedente, derivata dalla situazione generale del Paese d’origine, sotto il profilo della grave violazione dei diritti fondamentali (Cass. SU 24413/2021).

3. Per quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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