Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7561 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.C., elettivamente domiciliato in Ravenna, via della

Lirica n. 43, presso lo studio dell’avv. Andrea Camprini (p.e.c.

andrea.camprini.ordineavvocatiravenna.eu) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 5215/2021 del Tribunale di Bologna, depositato

in data 7 giugno 2021, comunicato in data 8 giugno 2021, R.G. n.

9919/2018;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons.

IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, I.C., nato a Benin City, Nigeria, ha adito il Tribunale di Bologna impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente dichiarava che nel 2015, dopo aver sedato una rissa tra due studenti della scuola in cui lavorava come insegnante, era stato sequestrato e picchiato da alcuni soggetti non identificati, presumibilmente collegati ad uno dei due studenti. Aggiungeva il ricorrente che, dopo tale episodio, era stato fermato per strada e minacciato da tali persone in altre due occasioni. A sostegno della propria domanda produceva, tra le altre, una dichiarazione del preside della scuola in cui lavorava e la copia di un estratto di un quotidiano nigeriano, entrambi attestanti l’avvenimento.

Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto la vicenda narrata dal ricorrente non credibile sotto diversi aspetti. Innanzitutto il Tribunale ha rilevato alcune contraddizioni tra quanto narrato dinnanzi alla Commissione Territoriale (che aveva ritenuto credibile la vicenda con esclusivo riferimento al rapimento) e quanto sostenuto nel corso dell’audizione. Inoltre, ha osservato il Tribunale, secondo le fonti, il fenomeno della corruzione è piuttosto diffuso nel settore giornalistico nigeriano e, ciò legittima forti dubbi sull’autenticità dell’articolo riportato dal quotidiano The Punch. Parimenti, il Tribunale ha manifestato perplessità sull’autenticità della denuncia presentata dal Preside della scuola, datata 21 giugno 2018, mentre il rapimento, secondo le dichiarazioni dello stesso ricorrente, sarebbe avvenuto il 29 maggio 2015. Per quanto attiene alla specifica ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale ha escluso la sussistenza in Nigeria di una situazione di violenza generalizzata sulla base delle informazioni acquisite d’ufficio (ACCORD 2020 e 2021). Infine, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento tanto della protezione umanitaria che di quella speciale, in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia, nonché di vulnerabilità o problemi di salute che sconsiglino il rientro in Nigeria, paese che comunque non presenterebbe condizioni tali da comportare seri pericoli ovvero condizioni di vita inumane e degradanti.

Avverso il predetto decreto I.C. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 7 luglio 2021, svolgendo cinque motivi. L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: “1) Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la valutazione di attendibilità del richiedente è stata effettuata in spregio alla norma citata, senza un idoneo supporto motivazionale e senza alcuna verifica della compatibilità del racconto con le fonti esterne e internazionali; 2) Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2, e art. 14, lett. b) e c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3, in quanto è stata negata la protezione sussidiaria senza effettuare alcuna verifica sulle condizioni della regione di appartenenza semplicemente sulla base del giudizio di inattendibilità del richiedente e senza valutare le fonti offerte e non contestate dalla Commissione; 3) Violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub. n. 4 – nullità del decreto e del procedimento per avere il giudice utilizzato fonti diverse da quelle offerte dal richiedente senza sottoporle preventivamente al contraddittorio; 4) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3, perché è stata negata la protezione umanitaria senza effettuare alcuna verifica sulle condizioni sociali della regione di appartenenza e senza considerare la particolare vulnerabilità per le condizioni socio culturali del richiedente e senza valutare il suo inserimento sociale, anche in questo caso semplicemente sulla base del giudizio di genericità del racconto del richiedente; 5) Violazione di legge per violazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 17 e dell’art. 4 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3) e 5), per aver omesso di valutare il riconoscimento di vittima di tratta di esseri umani del ricorrente, omettendo di valutare le dichiarazioni rese sia alla commissione che al Tribunale che sono state oggetto di discussione tra le parti”.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, muovendo generiche contestazioni alla valutazione effettuata dal Tribunale in merito all’attendibilità della vicenda posta alla base dell’espatrio. Nello specifico, si contesta come il Tribunale abbia dato rilievo ad elementi secondari ed isolati, trascurando invece profili centrali della vicenda.

Tuttavia, la motivazione del Tribunale ha investito elementi tutt’altro che secondari, andando a rilevare numerose contraddizioni nel racconto del ricorrente e sindacando in modo puntuale, anche attraverso l’utilizzo di fonti esterne, la genuinità di documenti aventi un ruolo centrale nella vicenda.

Sotto un diverso profilo, si censura altresì la mancata acquisizione di informazioni sulla “natura, le violenze patite e la consistenza dei rischi denunciati, la situazione interna allo stato, il fenomeno del cultismo e/o delle confraternite nei campus scolastici e la capacità, o meglio incapacità della polizia nigeriana di contrastarlo”. Tale doglianza, oltre a far riferimento ad alcuni aspetti non attinenti alla vicenda narrata, non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, laddove la credibilità del ricorrente è stata esclusa.

Si è già chiarito che, in tema di protezione internazionale, la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (cfr. Cass. 27593/2018 e Cass. 29358/2018). Anche di recente (Cass. 11925/2020), si è affermato che “la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicché, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

3. Anche il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili.

Sotto un primo profilo, logicamente connesso con l’ultima parte del primo motivo, il secondo motivo censura la mancata cooperazione istruttoria del Giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. b).

In relazione al secondo profilo del secondo mezzo di impugnazione, logicamente connesso con il terzo motivo di ricorso, con i quali si censura la violazione del dovere di cooperazione istruttoria in relazione alla sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c) e l’omessa sottoposizione a contraddittorio di fonti alternative, si evidenzia che “In tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poiché in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione; sussiste, invece, una violazione del diritto di difesa del richiedente quando costui abbia esplicitamente indicato le COI, ma il giudice ne utilizzi altre, di fonte diversa o più aggiornate, che depongano in senso opposto a quelle offerte dal ricorrente, senza prima sottoporle al contraddittorio (Cassazione civile, sez. I, 11 Novembre 2019, n. 29056).

Tuttavia, nella specie, le fonti riportate nel ricorso dinnanzi al Tribunale, richiamate nel ricorso in cassazione, fanno riferimento ad una situazione di violenza in relazione a zone della Nigeria non coincidenti con quella del ricorrente.

Diversamente, il Tribunale, nella valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui alla citata lett. c) ha altresì riportato informazioni relative alla specifica zona di provenienza del ricorrente, l’Edo State.

Inoltre, nel terzo motivo di ricorso, viene fatto riferimento alla zona di provenienza del ricorrente, erroneamente identificata con Imo State anziché con Edo State (di cui Benin City è la capitale).

4. Il quarto motivo di ricorso, in relazione al mancato riconoscimento di una forma di protezione complementare, è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, avendo quest’ultimo, da un lato, escluso la credibilità del ricorrente e, dall’altro, ritenuto insussistenti (vulnerabilità, problemi di salute) o non sufficienti (integrazione lavorativa e sociale) ulteriori elementi allegati nel corso del giudizio di merito.

Il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, pur postulando una condizione di vulnerabilità personale, la cui configurabilità deve costituire oggetto di una valutazione autonoma rispetto a quella dei presupposti richiesti per l’applicazione delle altre forme di protezione, non richiede infatti specifici approfondimenti istruttori da parte del giudice di merito allorquando, come nella specie, quest’ultimo abbia già escluso la credibilità della vicenda personale allegata dal richiedente, e non siano state fatte valere ragioni di vulnerabilità diverse ed ulteriori rispetto a quelle dedotte a sostegno della domanda di riconoscimento delle forme di protezione c.d. 8 maggiori (cfr. Cass. n. 29624 del 2020; Cass. nn. 21123 e 21129 del 2019).

5. Il quinto motivo di ricorso, con il quale si contesta l’omessa valutazione circa la sussistenza o meno di una condizione di vittima di tratta di esseri umani del ricorrente in considerazione della circostanza allegata dal ricorrente di essere stato picchiato dagli Asma Boys, unitamente alle linee guida UNHCR, è inammissibile perché generico.

Non viene riportato infatti quale fosse il contenuto delle citate linee guida né si chiarisce per quale motivo le percosse subite dagli Asma Boys avrebbero dovuto essere considerate quali indicatori di tratta. Dalla lettura del ricorso e del decreto impugnato, non emergono ulteriori indici di tratta, evincendosi esclusivamente che il ricorrente ha lavorato in una fattoria in Libia.

6. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

 

 

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