Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7561 del 01/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 7561 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 15832-2012 proposto da:
MICCICHE’

GIUSEPPINA

C.F.

MCCGPP47D48G2530,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE
95, presso lo studio dell’avvocato BRUNO RITA,
rappresentata e difesa dall’avvocato RIZZO ROSARIO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
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contro

CRIAS – CASSA REGIONALE PER IL CREDITO ALLE IMPRESE
ARTIGIANE SICILIANE C.F. 00239850878, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

Data pubblicazione: 01/04/2014

domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 14-A, presso lo
studio dell’avvocato ALMA GIUSEPPE MARIA ANTONIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato PETINO PLACIDO,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

di CATANIA, depositata il 08/06/2011 R.G.N. 1596/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato ALMA MARIA GIUSEPPE per delega PETINO
PLACIDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto.

avverso la sentenza n. 494/2011 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato in data 22.3.2005,
Giuseppina Micciché, premesso che con sentenza del Pretore di
Catania n. 1962\97, poi passata in giudicato, erano state
annullate le delibere del 22 e 29 giugno 1992 nonché del 7
gennaio 1994 (con le quali erano state approvate le promozioni
del concorso interno per otto posti di quadro-super indetto dalla

di selezione; che da oltre dieci anni la CRIAS si rifiutava di
ottemperare all’ordine di rinnovazione delle operazioni
concorsuali ritenute illegittime, ormai divenute di fatto irripetibili;
che tale inadempimento le aveva causato gravi danni
patrimoniali, pari alle differenze retributive che avrebbe maturato
quale quadro-super e per aver avuto preclusa ogni possibilità di
futura carriera, nonché danni biologici ed esistenziali, chiedeva il
relativo risarcimento, assumendo, a tal fine, che se i concorsi
menzionati fossero stati espletati correttamente, avrebbe avuto
ottime probabilità di superare sia la selezione del 1992 che quella
del 1994, avendo titoli di studio e anzianità di servizio e qualifica
superiori o pari ad alcuni dei vincitori e/o ad alcuni dei
pretermessi analiticamente indicati.
Si costituiva la C.R.I.A.S., contestando in fatto ed in diritto
quanto sostenuto dalla ricorrente, eccependo preliminarmente
l’inammissibilità e l’improcedibilità delle domande, la prescrizione
estintiva, quinquennale o decennale, dei diritti vantati ed in
subordine l’assoluta mancanza di prova dei lamentati danni,
anche in considerazione del tipo di selezione, fondata
esclusivamente sul merito.
Con sentenza n.1248\2007, il Tribunale di Catania accoglieva
parzialmente il ricorso, condannando la convenuta al pagamento
della somma di €. 27.720,00, di cui €.5.720,00 per accessori
maturati dalla domanda giudiziale, a titolo di risarcimento del

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C.R.I.A.S.) ed ordinato a quest’ultima il rinnovo della procedura

danno patrimoniale da perdita di chances, respingendo ogni altra
domanda.
Osservava il Tribunale che la prescrizione non era maturata,
stante il perdurare dell’inadempimento all’ordine di ripetere la
selezione, ma che l’illegittimità della condotta datoriale, accertata
giudizialmente in via definitiva, era foriera di danno
esclusivamente economico, sicché la ricorrente aveva diritto al

dimostrato non poche probabilità di vincere la selezione, dal
momento che “era tra le più anziane sotto l’aspetto lavorativo,
che era diplomata in ragioneria mentre i laureati erano soltanto
quattro; che possedeva la qualifica di capo ufficio e che avrebbe
potuto far valere anche le proprie capacità in sede di colloquio”,
di tal che il danno poteva quantificarsi, in via equitativa, in una
somma pari a quella offerta in via transattiva dalla C.R.I.A.S, da
rivalutarsi con decorrenza dalla domanda giudiziale.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la Miccichè,
chiedendone la parziale riforma. Resisteva l’appellata C.R.I.A.S.,
proponendo appello incidentale diretto ad ottenere il rigetto delle
domande tutte avanzate dalla ricorrente.
Con sentenza depositata 1’8 giugno 2011, la Corte d’appello di
Catania rigettava l’appello principale e, in accoglimento di quello
incidentale, rigettava tutte le domande proposte dalla Micciché,
condannandola a restituire alla CRIAS quanto percepito in
esecuzione della sentenza di primo grado.
Riteneva la Corte che il danno patrimoniale da perdita di chances
non poteva essere quantificato in misura pari alle retribuzioni
perdute ma semmai in una loro percentuale. Che comunque la
ricorrente nulla aveva allegato, e tampoco provato, circa le
“capacità professionali dimostrate”, parametro di valutazione per
il superamento della procedura previsto dall’art. 32 del
Regolamento della Cassa. Che in ogni caso il diritto era estinto
per prescrizione decennale, scadente il 7.1.04 (10 anni dopo

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solo risarcimento del danno per perdita di chances, avendo

l’approvazione del secondo elenco dei vincitori, 7.1.94), a nulla
rilevando la notifica del ricorso introduttivo della lite, ove era
chiesto solo l’esatto adempimento e cioè il diritto alla qualifica
superiore ed in subordine la condanna alla rinnovazione delle
operazioni concorsuali e non anche il risarcimento dei danni. Che
a tal fine neppure rilevava la richiesta del tentativo obbligatorio di
conciliazione del 17.10.02 essendo necessaria a tal fine la

non awenuta. Riteneva inoltre non provati sia il reclamato danno
patrimoniale, sia quello non patrimoniale.
Per la cassazione propone ricorso la Micciché, affidato a due
motivi.
Resiste

la C.R.I.A.S. con controricorso, poi illustrato con

memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 99, 100, 327, 329 e 334 c.p.c. (art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.), oltre ad omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
della controversia (art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).
Deduce che poco dopo il deposito della sentenza di primo grado,
la CRIAS aveva provveduto a versare alla ricorrente la somma ivi
stabilita, dando così spontanea esecuzione alla sentenza e
prestandovi in sostanza acquiescenza. Lamentava che pertanto
non avrebbe potuto proporre appello incidentale tardivo su capi
della sentenza non impugnata dalla lavoratrice in via principale.
Il motivo è infondato.
Giova premettere che a partire dalla nota pronuncia resa a
sezioni unite da questa Corte (sent. n. 2331\91), l’appellato può
proporre impugnazione incidentale tardiva anche su autonomi
capi della sentenza non impugnati dall’appellante principale (da
ultimo, Cass. n. 24902\08). Quanto alla pretesa acquiescenza,
questa Corte ha parimenti affermato che l’acquiescenza alla

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comunicazione della richiesta alla datrice di lavoro, nella specie

sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 cod.
proc.civ., consiste nella manifestazione da parte del soccombente
della volontà di non impugnare e può avvenire sia in forma
espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può
ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in
essere atti incompatibili con la volontà di awalersi
dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione

sentenza, trattandosi di un comportamento che può risultare
fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori
spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (ex al/k,
Cass. ord. n. 21385\12).
2.-Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt.2940, 2943, 2944, 1334, 1335 e 2127 c.c.,
410 e 411 c.p.c., oltre ad omessa, insufficiente, e/o
contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio
ex art.360, comma 1, n.5 c.p.c.
Lamenta in sostanza l’erroneità della sentenza impugnata
laddove escluse, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale,
che nella specie si fosse trattato di illecito permanente, con
conseguente decorrenza della prescrizione dalla sua cessazione.
Lamenta !Interruzione della prescrizione sia con la richiesta del
t.o.c. del 17.10.02, notificata alla CRIAS il 24.10.02, sia con
l’offerta di risarcimento del danno da parte di quest’ultima, sia
col ricorso del 10.10.97.
Il motivo è inammissibile per due ordini di considerazioni.
La prima è che la ricorrente non specifica il contenuto della
richiesta del t.o.c. (necessario al fine di valutare !Idoneità della
richiesta ad interrompere la prescrizione) e lo stesso dicasi
quanto al contenuto del ricorso introduttivo del giudizio, che la
Corte di merito ha incontestatamente ritenuto riguardare solo il
diritto della Micciché alla qualifica di quadro-super, in contrasto
col principio di autosufficienza del ricorso per cassazione
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della pronunzia di primo grado non comporta acquiescenza alla

(cfr.Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n.
4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).
La seconda si fonda sulla circostanza che la sentenza impugnata
ha basato il rigetto della domanda su di una duplice ratio

decidendi, di cui la prescrizione è solo la seconda, avendo la
Corte di merito in primo luogo ritenuto che la lavoratrice non
avesse offerto alcuna prova circa le “capacità professionali

procedura de qua previsto dall’art. 32 del Regolamento.
Einfatti pacifico che in tema di impugnazioni, qualora la sentenza
del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna
delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la
decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione,
anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità,
per difetto di interesse, anche del motivo proposto awerso le
altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non
inciderebbe sulla “ratio decidendi” non censurata, con la
conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre,
fondata su di essa (ex plurimis, Cass. n. 3951\98; Cass. n.
7555\98; Cass. n. 10092\99; Cass. n. 1711\00; Cass. n. 5902\02;
Cass. n. 3942\04; Cass. sez.un. nn.: 16602\05, 10374\07,
7931\13).
3.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
E.100,00 per esborsi, E.3.000,00 per compensi, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 gennaio
2014

dimostrate”, parametro di valutazione per il superamento della

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