Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 756 del 16/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 756 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

Data pubblicazione: 16/01/2014

SENTENZA

sul ricorso 7277-2010 proposto da:
MANCINI

DOMENICO

MNCDNC56TO1B474Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo
studio dell’avvocato FRANCESCO CORVASCE, rappresentato
e difeso dall’avvocato NOVELLI PIERO giusta delega in
atti;

2013

– ricorrente contro

1575

CBI FACTOR COMPAGNIA BANCHE ITALIANE FACTOR S.P.A.
06195820151;
– intimata –

1

fi

avverso la sentenza n. 85/2009 del TRIBUNALE di
CAMERINO, depositata il 18/03/2009 R.G.N. 9/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

udito l’Avvocato MARGARETH AMITRANO;

I FATTI

Il 10 aprile del 2006 la CBI Factor notificò a Domenico Mancini
ed a Caterina Moscatelli (quest’ultima intimata ex art. 603
c.p.c.) un atto di precetto per la somma di 522.282 euro,
fondato su due decreti ingiuntivi emessi dal presidente del

Precedentemente,

la

creditrice

stessa

procedente

aveva

notificato atto di precetto in data 14 febbraio 1990, cui aveva
fatto seguito, il 10 aprile 1990, la notifica dell’atto di
pignoramento sui beni ritenuti di proprietà del Mancino, ma, a
seguito della rinuncia agli atti dell’esecuzione da parte della
stessa CBI, il G.E. del tribunale di Camerino aveva dichiarato,
in data 16.1.1996, l’estinzione della procedura.
Con il suindicato atto di precetto del 10.4.2006, la creditrice
intimò nuovamente il pagamento della somma derivante dai due
decreti ingiuntivi del tribunale di Milano, per poi notificare
all’odierno ricorrente un atto di pignoramento immobiliare il
successivo 27 maggio.
Il Mancini propose opposizione ex art. 615 secondo comma c.p.c.,
lamentando l’intervenuta prescrizione dei diritti di credito
incorporati nei due decreti ingiuntivi, poiché la procedura di
espropriazione dichiarata estinta con provvedimento del
16.1.1996 non aveva prodotto alcun effetto interruttivo
permanente, mentre ulteriori atti ipoteticamente idonei a
dispiegare effetto interruttivo (un intervento in altra
procedura, del settembre 2001; l’atto di precetto e l’atto di

3

tribunale di Milano.

pignoramento del 2006) erano comunque sopravvenuti al maturarsi
del termine ordinario (decennale per il credito principale,
quinquennale per gli interessi).
La CBI Factor, nel produrre copia delle sentenze 52/95 del
tribunale di Camerino e 92/2000 della corte di appello di
Ancona, evidenziò come, con atto di citazione del 12.6.1991,
essa opposta avesse introdotto domanda giudiziale di
accertamento, ex art. 1414 c.c., ovvero ex art. 2901 c.c., della
natura simulata o fraudolenta degli atti compiuti dal debitore
opponente; che tale giudizio era stato riunito a quello di
opposizione all’esecuzione promosso da Caterina Moscatelli – nel
quale essa CBI si era costituita svolgendo le medesime domande
in riconvenzionale -; che il tribunale di Camerino aveva accolto
la domanda revocatoria, con sentenza passata in giudicato a
seguito della pronuncia 14625/2004 di questa Corte.
Il giudice di primo grado respinse l’opposizione, ritenendo che
la prescrizione, nel caso di specie, non avesse avuto corso se
non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di
legittimità che ebbe a definire il giudizio sulla revocatoria.
Per la cassazione della sentenza del giudice unico del tribunale
di Camerino Domenico Mancini ha proposto ricorso illustrato da 3
motivi di censura.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

4

/

,

Con il primo motivo,

di censura per violazione di legge, si pone

a questa Corte il seguente quesito di diritto (formulato ai
sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile

ratione temporis,

nel vigore del D.lgs. 40/2006):
.Dica la Corte se l’atto introduttivo della domanda di

quale si inizia un giudizio di cognizione ex art. 2943 c.c. e
specificamente se la domanda di revocatoria ordinaria ex art.
2901 valga quale atto interruttivo del termine prescrizionale
del credito fonte di legittimazione alla azione revocatoria
medesima.
Con il secondo motivo

di censura, ancora per violazione di

legge, si formula il seguente quesito:
Dica la Corte se abbia a valere, quale data di decorrenza del
termine prescrizionale ex art. 2948 primo comma n. 4 c.c. la
data di deposito della sentenza della Corte di appello di Ancona
e non la data della decisione della cassazione n. 14625/2004.
Con il terzo motivo,

che denuncia un vizio di motivazione, viene

formulato il seguente quesito di fatto:
Dica la Corte se sia coerente dedurre la pertinenza dell’oggetto
della domanda pauliana al credito azionato esecutivamente
mediante il riferimento al requisito temporale – ossia del tempo
in cui è stata avviata l’azione pauliana rispetto al tempo
dell’insorgenza del credito – anziché mediante
contenuto dei rispettivi atti processuali.

5

la verifica del

revocatoria possa qualificarsi quale notifica di atto con il

Nessuno dei quesiti formulati dal ricorrente è destinato a
ricevere risposta corrispondente ai suoi desiderata, avendo il
giudice di merito fatto buon governo dei principi di diritto che
regolano il fenomeno interruttivo/sospensivo della prescrizione,
in applicazione di una

regula iuris

già affermata da questa

mente della quale l’effetto interruttivo permanente della
instaurazione di un giudizio ex art. 2945 c.c. vale anche per
giudizi aventi oggetto diverso dal diritto prescrittibile,
purché ricondotti ad un comportamento dell’avente diritto volto,
non equivocamente (come nella specie), a manifestare il proprio
intendimento di esercitare il diritto.
Logico corollario di tale principio è poi quello che tale
effetto permanga sino al passaggio in giudicato della sentenza
relativa a quel diverso giudizio.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano in complessivi E. 8200, di cui E. 200 per spese.
Così deciso in Roma, li 4.7.2013

Corte regolatrice (Cass. 5081 del 1994 e Cass. 1084 del 2011), a

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