Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7559 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12953-2020 proposto da:

M.G., M.E., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE MARTELLA, rappresentati e difesi dallo stesso;

– ricorrenti –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato NUNZIO SINAGRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 14/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 03/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

M.G. ebbe originariamente a convenire in giudizio il Banco di Sicilia al fine di sentir dichiarare la nullità e/o la risoluzione di due contratti di conto corrente per violazione del divieto di capitalizzazione trimestrale degli interessi e per la illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto. La banca costituitasi, ottenuta la chiamata in causa del fideiussore, contestò l’avverso dedotto e chiese in via riconvenzionale che venisse riconosciuto il credito dalla stessa vantato nei confronti del correntista e del fideiussore. M.E., fideiussore costituitosi, chiese l’accoglimento delle domande dell’attore, in subordine la declaratoria di nullità della fideiussione ovvero la limitazione della garanzia all’importo convenuto.

Conclusosi il primo giudizio con il rigetto delle domande dell’attore e del fideiussore e con l’accoglimento delle domande della banca, i M. proposero appello principale e la banca appello incidentale.

Per quanto interessa, la Corte di appello respinse l’appello dei M. ed accolse l’appello incidentale proposto dalla banca.

M.E. e M.G. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte distrettuale di Messina con tre mezzi, seguiti da memoria; la società Fino 2 Securisation SRL, e per essa la mandataria doBank SPA (ora doValue SPA), già Unicredit Credit Management Bank SPA e già Banco di Sicilia SPA, ha replicato con controricorso.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,1857 e 2697 c.c., nullità della sentenza per omessa, contraddittoria ed illogica motivazione e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

I ricorrenti si dolgono che la Corte di appello abbia qualificato come “conteggi” i documenti prodotti da M.G., negandovi qualsiasi valore probatorio, e sostengono che questi erano e avevano la stessa valenza probatoria degli estratti conto prodotti dalla banca, unici documenti ai quali la Corte di appello ha, invece, riconosciuto valore probatorio, ed assumono che avrebbero dovuto essere confrontati per delibarne la effettiva efficacia probatoria.

Deducono quindi l’omessa motivazione circa il diniego dell’efficacia probatoria dei documenti da loro prodotti, sostengono di avere contestato le operazioni registrate negli estratti conto prodotti dalla banca sin dall’udienza di prima comparizione, e ciò tempestivamente in quanto detti estratti conto non erano stati precedentemente comunicati. Sostengono che la banca non aveva contestato le operazioni esposte nella documentazione da loro prodotta. Assumono quindi, che la banca aveva prodotto gli estratti conto relativi al conto aperto presso il Banco di Sicilia, ma non per quello aperto presso Sicilcassa e che, in questo caso, la ricostruzione del conto avrebbe dovuto avvenire partendo dal saldo “zero”.

1.2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 3741 del 25/2/2004; Cass. n. 6219 del 23/3/2005; Cass. n. 15952 del 17/7/2007; Cass. n. 18421 del 19/8/2009,). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass. n. 19989 del 10/8/2017), di guisa che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. n. 20910 del 7/9/2017).

Orbene, va rilevato che, tra tutte le ragioni di censura proposte con il motivo, solo la prima, concernente la denegata valenza probatoria dei “conteggi”, attinge una specifica statuizione.

In ordine a questo profilo, va osservato che la prospettazione del vizio per violazione di legge è inammissibile perché presuppone una ricostruzione dei fatti diversa da quella assentita in appello e perché, nel contestare il diniego di valenza probatoria della documentazione prodotta dagli odierni ricorrenti ad opera della Corte di merito – questi sostengono che si tratterebbe di “estratti conto” e non di “conteggi”, come accertato dalla Corte di appello – non viene illustrato sulla scorta di quali specifici elementi la sussunzione tra la fattispecie concreta e le norme invocate avrebbe dovuto essere diversamente compiuta, in relazione al contratto corrente tra le parti, e se ed in che termini la questione sia stata sottoposta alla Corte di merito.

Quanto alle altre questioni sollevate, non è evincibile né dalla sentenza impugnata, né dal ricorso, che le stesse siano state espressamente devolute al giudice del gravame, con conseguente inammissibilità del motivo, privo dei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.

2.1. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 1957,1938,1942 e 2749 c.c. La censura si appunta sulla statuizione con cui la Corte di appello, avendo accertato il saldo del conto corrente instaurato con Sicilcassa a debito del correntista, ha condannato il fideiussore M.E. al pagamento della somma corrispondente, nonostante – a detta dei ricorrenti – la garanzia fideiussoria era stata prestata fino alla concorrenza del minor importo di Euro 13.427,88=.

I ricorrenti, in particolare, si dolgono che la Corte di merito abbia confermato sul punto la decisione di primo grado, assumendo che la maggiorazione era legittima ex art. 2740 c.c. in quanto conseguente all’applicazione degli interessi moratori maturati dopo la chiusura del conto, perché, al contrario, la condanna di primo grado era stata pronunciata qualificando il debito come di solo capitale alla data di chiusura del conto.

2.2. Il motivo è inammissibile perché, lungi dal prospettare una violazione di legge – tanto che, in tesi, non è contestata la validità del principio di diritto applicato in sede di gravame ex Cass. n. 12263/2015 – critica l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte di merito sulla complessiva consistenza per sorta capitale ed interessi moratori dell’importo al cui pagamento è stata condannata la garante.

3.1. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 1815 c.c., della L. n. 108 del 1996, artt. 1 e 2, del TUB, artt. 118 e 117. A parere dei ricorrenti erroneamente la Corte distrettuale li ha condannati al pagamento degli interessi commisurati ai tassi ultralegali in quanto convenuti in sede di stipula del contratto di conto corrente, perché non ha tenuto conto che la domanda della banca era stata circoscritta agli interessi ultralegali “nei limiti dei c.d. tassi soglia tempo per tempo vigenti dall’8 dicembre 1998 al soddisfo”, andando così ultrapetita e violando le disposizioni della normativa antiusura che prevedono in tali casi la non debenza di interessi.

3.2. Il motivo è fondato in quanto si ravvisa l’ultrapetizione, perché la decisione impugnata non dà alcun conto di avere espunto la percentuale del tasso di interesse ultra-soglia, nei limiti della richiesta della banca appellante.

4. In conclusione, inammissibili i motivi primo e secondo, va accolto il terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Messina in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese anche del presente grado.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i motivi primo e secondo, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Messina in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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