Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7558 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in Torino, via Collegno n. 44,

presso lo studio dell’avv. Simona Alessio (p.e.c.

simonaalessio.pec.ordineavvocatitorino.it) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Lecce emesso in data 6 aprile

2021, R.G. n. 6879/2019;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons..

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, O.J., nato a Benin City, Edo State, Nigeria, ha adito il Tribunale di Lecce impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di aver lasciato il proprio paese a causa delle intimidazioni ricevute dai membri del gruppo segreto degli Eiye che, a far data dal 2012 e sino al 2016, lo avevano perseguitato affinché divenisse anch’esso un membro del gruppo, stante la sua popolarità come musicista. Aggiungeva poi il ricorrente di il temere il rientro in Nigeria altresì a causa di un debito da lui contratto con un’associazione di professionisti della quale lui stesso faceva parte.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata dal ricorrente fosse non credibile in quanto, sebbene l’effettiva esistenza della Confraternita Eiye nella zona di provenienza del ricorrente fosse oggettivamente riscontrabile, il racconto relativo alle vicende vissute in prima persona da quest’ultimo avrebbe in più occasioni peccato di superficialità e di contraddittorietà. Quanto al debito contratto, il Tribunale ha ritenuto che neppure sussistesse un rischio di subire danno grave in caso di rientro, non avendo il ricorrente riferito di alcuna denuncia nei suoi confronti, né di altre condotte persecutorie poste in essere nei suoi confronti dai creditori. Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che non risultasse esservi nel paese una situazione di violenza generalizzata tale da comportare alcun rischio effettivo per il ricorrente in caso di rientro, in quanto non affiliato ad alcun gruppo di culto. Infine, il Tribunale ha escluso che nel caso di specie sussistessero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo stata documentata una sufficiente integrazione sul territorio dello Stato né potendo trovare riscontro, sulla base del racconto reso, e comunque ritenuto non credibile, una condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani che abbia giustificato l’allontanamento.

Avverso il predetto decreto comunicato il 12/4/2021, ha proposto ricorso per cassazione O.J., con atto, notificato in data 27 aprile 2021, svolgendo un unico motivo.

L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Nullità del provvedimento per motivazione cd. apparente”; si censura il vizio di motivazione apparente per aver il Tribunale formulato il proprio giudizio di non credibilità limitandosi alle critiche già mosse a suo tempo dalla Commissione senza pronunciarsi sulle specifiche e singole contestazioni sollevate in tal senso dal ricorso di primo grado.

2. La censura è inammissibile.

Invero, sebbene il ricorrente chiarisca che le contestazioni non prese in considerazione dal Tribunale fossero presenti nel ricorso introduttivo (v. p. 6), dal tenore del ricorso non è possibile desumere quali fossero nel concreto le contestazioni su cui il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi. Il ricorso manca dunque di autosufficienza.

Quanto all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti in contestazione ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto, dee farsi richiamo a quanto statuito in Cass. 16900/2015, Cass. 4980/2014, Cass. 5478/2018, Cass. 14784/2015 e Cass. 8569/2013.

In ogni caso, il Tribunale ha fornito una motivazione dettagliata circa gli elementi non credibili del racconto del ricorrente, specificando quali dichiarazioni sono state ritenute generiche e non specifiche e quali, invece, contraddittorie rispetto alle dichiarazioni rese dinnanzi alla Commissione territoriale. Il ricorso si duole in modo generico della violazione dei principi che devono orientare la valutazione di credibilità del ricorrente senza tuttavia censurare in modo specifico quali dichiarazioni avrebbero dovuto essere valutate in modo diverso e per quale motivo. Orbene, si è già chiarito che, in tema di protezione internazionale, la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5 lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (cfr. Cass. 27593/2018 e Cass. 29358/2018). Anche di recente (Cass. 11925/2020), si è affermato che “la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicché, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Nessun altro profilo del decreto impugnato è oggetto di censura.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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