Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7555 del 18/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/03/2019, (ud. 19/12/2018, dep. 18/03/2019), n.7555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16712-2017 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QURINO

VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato CARLO SEGNALINI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ELIO POLITO, GIUSEPPINA DI

PASQUALE;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati WALTER

MARIA RAMUNNI, FERNANDO MIRIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1038/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 19/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2018 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 19.1.2017, la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno a pagare a P.V. la somma di Euro 25.404,77 per crediti da rapporto di lavoro maturati dal 16.4.2005 al 31.12.2007;

che avverso tale pronuncia P.V. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 36 Cost., artt. 2909,1181,2099 e 2948 c.c., nonchè degli artt. 100,101,112,183,410,410-bis e 411 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto inammissibile la domanda volta al pagamento delle differenze retributive maturate nel periodo 1.1.2000-14.4.2005, sul presupposto che esse potevano e dovevano esser fatte valere nel giudizio precorso tra le stesse parti ed instaurato con ricorso depositato il 14.4.2005, nell’ambito del quale viceversa egli si era limitato a chiedere il pagamento delle medesime voci di credito maturate nel periodo 1995-1999;

che la Corte di merito ha argomentato la pronuncia di inammissibilità sulla scorta di Cass. S.U. n. 23726 del 2007, secondo la quale non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale;

che, nondimeno, trattandosi pacificamente in specie non già del frazionamento di domande di adempimento di una determinata somma di denaro dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, bensì di crediti aventi titoli diversi e relativi a diversi periodi di tempo, ancorchè dipendenti dal medesimo rapporto di lavoro, rileva piuttosto il principio di diritto affermato da Cass. S.U. n. 4090 del 2017 (e ribadito, tra le tante, da Cass. nn. 17893 e 20714 del 2018), secondo la quale domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, ben possono essere proposte in separati processi, fermo restando che, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata;

che, non essendosi la Corte di merito attenuta al superiore principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Napoli, affinchè accerti se ed in che misura le domande proposte dall’odierno ricorrente potessero essere inscritte nel giudicato relativo al giudizio precedente e, in caso affermativo, la residua sussistenza in capo al ricorrente di un oggettivo interesse al frazionamento del credito provvedendo altresì sulle spese del giudizio di cassazione;

che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019

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