Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7554 del 28/03/2010

Cassazione civile sez. I, 29/03/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 29/03/2010), n.7554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15188/2008 proposto da:

D.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FUCINI 63,

presso lo studio dell’avvocato MONTANARO CARLA, rappresentato e

difeso dagli avvocati MENALE Giuseppe, SAGLIOCCO LUCIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI CASERTA;

– intimata –

avverso il decreto R.G. 40/08 del GIUDICE DI PACE di CASERTA,

depositato il 09/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2009 dal Consigliere relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO GAMBARDELLA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: ” D.E. chiede, per due motivi, la cassazione del decreto 9 maggio 2008 con cui il giudice di pace di Caserta ne ha respinto l’opposizione avverso il provvedimento di espulsione emesso in data 10 aprile 2008 dal Prefetto di quel capoluogo campano.

Non resiste l’amministrazione intimata.

Osserva:

Con il primo motivo, denunziata la violazione “della L. 4 agosto 1968, n. 15, art. 14” e “dell’art. 13, commi 3 e 7” insiste nel dedurre la nullità del provvedimento espulsivo in quanto sprovvisto di sottoscrizione e di qualsivoglia attestazione di conformità all’originale della copia notificata.

Il motivo appare inammissibile laddove denunzia la violazione della disposizione di una legge abrogata (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 77). Appare palesemente infondato, avendo il giudice di merito accertato che il provvedimento espulsivo comunicato in copia allo straniero reca l’autografa sottoscrizione dell’organo che lo ha emesso, vale a dire del Prefetto di Caserta. Si tratta, ovviamente, di accertamento in fatto insindacabile in cassazione.

Con il primo motivo, denunziando violazione del D.Lgs. n. 285 del 1998, art. 13, comma 7, si ribadisce la nullità del provvedimento di espulsione in quanto non tradotto nella lingua albanese, benchè non ricorresse alcuna delle ipotesi legittimanti l’utilizzo di lingua (inglese) alternativa asseritamente conosciuta dallo straniero.

Il motivo è palesemente infondato.

Anche di recente questa Corte ha, in fattispecie assolutamente omologa a quella in ispecie, affermato il condivisibile principio secondo cui “in tema di espulsione amministrativa dello straniero, l’obbligo dell’autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione è, nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità, senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo. In particolare, come chiarito dal D.P.R. n. 334 del 2004, art. 3, che detta norme regolamentari e di attuazione del citato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, sempre che il giudice non accerti la sufficiente conoscenza da parte dello straniero della lingua italiana, l’attestazione da parte dell’autorità procedente della indisponibilità di personale idoneo alla traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero della sintesi del contenuto del decreto di espulsione è condizione sufficiente per la validità della traduzione in una delle predette tre lingue, per le quali l’interessato abbia indicato preferenza (cfr. Cass. n. 25362/2006).

Il provvedimento impugnato ha respinto il motivo di ricorso concernente la mancata traduzione del decreto di espulsione, applicando correttamente il principio su indicato. Premesso, infatti, che non è contestato dal ricorrente che nel decreto di espulsione erano enunciate le ragioni della impossibilità di tradurne il testo in una lingua nota al ricorrente, attesa l’impossibilità di reperire in tempi brevi un interprete di lingua albanese, si deve rilevare che legittimamente il giudice di pace si è astenuto dal sindacare le espressioni utilizzate dalla p.a. per ritenere sussistente la denunciata violazione. Nè può sostenersi, come già sottolineato dal sopra ricordato precedente di questa Corte, che la clausola utilizzata dalla p.a. nel decreto di espulsione sia una mera clausola di stile, in quanto ciò che rileva è l’attestazione, da parte della medesima amministrazione, della impossibilità del reperimento di un interprete della lingua conosciuta dallo straniero destinatario del provvedimento espulsivo, non sindacabile da parte del giudice ordinario.

In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c.”.

2. – Il Collegio condivide il contenuto della relazione e le argomentazioni sulle quali essa si fonda e che conducono al rigetto del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2010

 

 

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