Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7551 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 17/03/2021), n.7551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4415/2017 proposto da:

COMUNE DI CEFALU’, in persona del Sindaco legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Pasquale di Paola ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Grillo

in Roma, Via Nomentana n. 251;

– ricorrente –

Contro

CARLTON S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Corsello ed elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Cefalù, Via Prestisimone n.

21/b;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3758/12/16 della Commissione tributaria

Regionale di Palermo, depositata il 28/10/2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La Commissione tributaria Regionale di Palermo, con sentenza n. 3758/12/16, della depositata il 28/10/2016, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’originario ricorso del contribuente avverso l’avviso di pagamento della TARSU emesso dal Comune di Cefalù per l’anno 2009.

2. Avverso tale sentenza il Comune di Cefalù proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.

3. Il contribuente ha depositato controricorso.

4. In prossimità della camera di consiglio il Comune di Cefalù ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il Comune di Cefalù deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 68, nonchè dell’art. 115 c.p.c..

In particolare, il ricorrente rileva che la CTR avrebbe erroneamente fondato il proprio decisum sulla parificazione, ai fini TARSU, degli esercizi alberghieri e delle civili abitazioni, stante la loro omogena potenzialità di produrre rifiuti, D.Lgs. n. 507 del 1993 ex art. 68, comma 2, dovendo una loro eventuale differenziazione essere oggetto di specifica motivazione da parte dell’ente territoriale. Sulla base di tale assunto la CTR ha disapplicato il regolamento TARSU e la delibera di determinazione della relativa tariffa in vigore presso il Comune di Cefalù.

2. Con il secondo motivo il Comune di Cefalù censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza emessa dalla CTR per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, nella parte in cui ha condannato l’odierna ricorrente al pagamento delle spese di entrambi i giudizi.

3. Il primo motivo è fondato.

E’ principio consolidato di questa Corte, peraltro affermato anche in fattispecie analoga a quella oggetto del presente scrutino avente sempre quale ricorrente il Comune di Cefalù, quello secondo cui “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (ex plurimis Cass. n. 4797 del 2014, n. 12859 del 2012, n. 5722 del 2007).

Da tale principio consegue non è viziato da illegittimità, nè può essere disapplicato, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, il regolamento comunale che, con riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini TARSU, differenzia gli esercizi alberghieri dalle civili abitazioni e, in quanto conforme con il principio sopra indicato ed espressione di una scelta discrezionale-tecnica del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall’ordinamento e non vietata da alcuna norma statale.

In particolare, la discrezionalità dell’ente territoriale nell’assumere le determinazioni volte alla stima in astratto della capacità media di produzione di rifiuti per tipologie, ha natura eminentemente tecnica e, come tale, si deve basare su una stima realistica in ragione della caratteristiche proprie dell’imposizione; deve insomma concretamente rispettare, nell’esercizio di siffatta discrezionalità tecnica, il fondamentale e immanente principio di proporzionalità, incluse adeguatezza e necessarietà; principi che nel caso di specie risultano pienamente rispettati.

Quanto al vizio di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa, questa Corte (Cass. n. 16165 del 2018) ha affermato che “In tema di TARSU, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”.

4. La CTR non si è attenuta a tali principi, con la conseguenza che deve essere accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassata la sentenza impugnata e, con decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.

5. Le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità devono essere compensate in considerazione del consolidarsi, successivamente alla proposizione all’originario ricorso, dei principi della giurisprudenza di legittimità sopra riportati.

PQM

La Corte:

– Accoglie il ricorso nei limiti indicati in parte motiva, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente.

– Spese dell’intero procedimento compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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