Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7551 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 752-2021 proposto da:

I.C., nella qualità di procuratrice di

B.C. e B.A., elettivamente domiciliata in Roma, via

Luigi Rizzo 81, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Rando, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO B.G., elettivamente domiciliato in Roma,

via Carlo Mirabello 25, presso lo studio dell’avv. Fulvio Neri,

rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Ruggirello;

– controricorrente –

P.A.P., P.G.M., B.A.,

B.S., M.M.G., ME.GI.,

ME.SI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1890/2019 della Corte d’appello di Palermo,

depositata il 08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2022 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Su domanda del fallimento di B.G., la Corte d’appello di Palermo, riformando la sentenza di primo grado, ha accertato che il fallito era stato leso nella propria quota di riserva spettantegli nella successione legittima del padre, relativamente a una pluralità di donazioni immobiliari effettuate dal genitore a vantaggio di figli, nipoti e terzi, oggetto di domanda di riduzione esperita dal curatore. Con sentenza definitiva, essa ha poi ridotto la pluralità delle donazioni di quanto occorrente per la reintegrazione della quota di riserva. Per la cassazione delle sentenze, definitiva e non definitiva, ha proposto ricorso I.C., nella qualità di procuratrice di B.C. e B.A. (due dei donatari) Il ricorso è proposto sulla base di due motivi: con il primo si censura l’accoglimento della domanda di riduzione, sostenendosi che il curatore non è legittimato ad accettare eredità devolute al fallito; quindi, non è neanche legittimato ad agire in riduzione. Con il secondo si sostiene che la corte d’appello, superato il problema del difetto prova della proprietà dei beni donati in capo al defunto, rilevato dal primo giudice, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’azione di riduzione, in quanto proposta genericamente.

Il fallimento ha resistito con controricorso.

Gli altri soggetti, destinatari della notificazione del ricorso, sono rimasti intimati. La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del ricorso.

Il primo motivo è inammissibile: il R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 35, espressamente prevede la possibilità, da parte del curatore fallimentare, con le debite autorizzazioni, di accettare eredità devolute al fallito (cfr. Cass. n. 2314/1963). Il curatore è inoltre certamente abilitato a esercitare l’azione di riduzione in luogo del fallito (Cass. n. n. 16623/2019).

E’ inammissibile anche il secondo motivo: la decisione della Corte d’appello, sul fatto che non occorresse specifica prova della titolarità dei beni donati in capo al defunto, è certamente corretta, tenuto conto che l’azione di riduzione è stata proposta nella specie contro donatari, che sono aventi causa del medesimo. La titolarità dei beni donati in capo al donante, pertanto, era da ritenersi incontroversa fra le parti in causa. I ricorrenti sostengono tuttavia che la corte d’appello avrebbe dovuto rigettare ugualmente la domanda di riduzione in applicazione del principio di giurisprudenza sugli oneri di deduzione e prova imposti al legittimario che agisce in riduzione, che nella specie non sarebbero stati assolti. Il fallimento, infatti, non aveva indicato il valore dell’asse ereditario, né quello della quota di riserva e nemmeno, conseguentemente, la misura delle lesione.

Al riguardo si deve osservare che i principi richiamati dal ricorrente sono stati oggetto di significative precisazioni ad opera della recente giurisprudenza della Corte. E’ stato chiarito che, ai fini della a proposizione della domanda di riduzione, non sia imposto al legittimario altro onere se non quello della univoca deduzione della lesione di legittima (Cass. n. 17926/2020; n. 18199/2020). Già in precedenza questa Corte aveva precisato che gli oneri a carico del legittimario, in apparenza imposti dalla precedente giurisprudenza, non avrebbero potuto essere così stringenti e analitici quando il legittimario, chiamato ab intestato, nel proporre l’azione di riduzione contro donatari, avesse dedotto, come è avvenuto nel caso in esame, la palese insufficienza dei beni relitti (Cass. n. 16535/2020). Risulta dalla sentenza impugnata che, nella specie, la dedotta insufficienza dei beni relitti ha trovato conferma all’esito della ricostruzione comprendente “l’unico bene relitto nell’asse ereditario” (pag. 5 sentenza non definitiva della Corte d’appello.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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