Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7549 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/03/2011, (ud. 14/10/2010, dep. 31/03/2011), n.7549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul regolamento di competenza d’ufficio proposto dalla Corte

d’Appello di Roma, con ordinanza n. 4382/06 R.G. del 12/03/09,

depositata il 17/3/09, nel procedimento pendente tra:

P.P., in proprio e quale procuratore di C.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ODERISI DA GUBBIO N. 18,

presso lo studio dell’avvocato Giuseppe RUBINO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

S.G., V.G., R.A.,

C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE N. 14, presso lo studio dell’avvocato SIPALA Aldo, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO SCHIAVI, giuste

deleghe a margine delle memorie difensive;

– resistenti –

udito l’Avvocato P.P. in proprio e difensore della ricorrente

che si riporta agli scritti;

udito il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che concorda con

la relazione scritta.

Fatto

MOTIVI

Il Tribunale di Frosinone in composizione monocratica con sentenza depositata il 4.9.2006, dichiarava inammissibili i riuniti ricorsi per revocazione, ex art. 395 c.p.c., n. 1, contro le sentenze n. 204/1995 e 199/1995 dallo stesso pronunciate quale giudice di appello in materia di lavoro, rilevando che come giudici di appello in materia di lavoro erano subentrate le corti d’appello per effetto del D.Lgs. n. 51 del 1998. Gli impugnanti per revocazione P.P. e C.R. proponevano appello contro questa sentenza davanti alla Corte d’appello di Roma, ritenendo non giustificata la ricusazione della propria competenza da parte del Tribunale di Frosinone e concludendo per l’annullamento della sentenza del medesimo Tribunale e l’accoglimento della revocazione, con nuova pronuncia nel merito a loro favorevole.

La Corte d’appello, ritenuto che, tenuta presente la sua motivazione, la sentenza del Tribunale doveva essere qualificata come sentenza dichiarativa della competenza della Corte stessa, qualificava il proposto ricorso in appello come ricorso volto alla riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’art. 50 c.p.c..

Tanto premesso, riteneva non condivisibile la tesi sostenuta dal Tribunale in punto di competenza. In effetti, doveva farsi applicazione dell’art. 398 c.p.c., secondo cui il ricorso per revocazione va proposto davanti allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata, nè doveva darsi rilievo al fatto che era stata abolita la competenza del tribunale quale giudice di appello in materia di lavoro, in quanto non si era verificata la soppressione dell’ufficio del tribunale, ma solo una modificazione della sua competenza per effetto dello ius superveniens, non operante per i giudizi d’appello pendenti alla data del 2.6.1999.

Richiedeva quindi alla Corte di cassazione di regolare la competenza.

I lavoratori controparti di P. e C. depositavano memorie difensive con cui in via principale eccepivano l’inammissibilità del regolamento d’ufficio, in quanto l’incompetenza non era stata rilevata entro la prima udienza di trattazione, come richiesto dall’art. 38 c.p.c.. Nel merito insistevano nel dedurre la sussistenza della competenza per la revocazione della Corte d’appello di Roma.

Il P. e la C., con “note difensive” da loro depositate, rilevano che essi avevano ritualmente proposto appello contro la sentenza del Tribunale di Frosinone in quanto quest’ultimo aveva pronunciato non solo sulla competenza ma anche sulle spese, compensandole, e quindi vi era per la parte l’alternativa tra il regolamento facoltativo di competenza e l’impugnazione ordinaria.

Il procedimento è stato trattato dalla Corte di Cassazione in Camera di consiglio a seguito di relazione ex art. 380 bis, ed era quindi trattenuto in decisione una prima volta.

La Corte pronunciava ordinanza interlocutoria, ritenendo che dovesse essere segnalata alle parti una questione che appariva poter avere incidenza sulla decisione del procedimento di cassazione e presumibilmente sul giudizio complessivamente considerato.

Ci si riferiva al fatto che appariva prospettabile l’inammissibilità del regolamento d’ufficio di competenza richiesto dalla Corte d’appello di Roma in conseguenza del pregiudiziale rilievo che la richiamata sentenza del Tribunale di Frosinone era stata pronunciata nel giudizio di revocazione di sentenze di appello dello stesso Tribunale (l’errore materiale dell’ordinanza interlocutoria del riferimento a sentenze del pretore invece che del Tribunale non ha impedito ai ricorrenti di individuare il senso dell’ordinanza interlocutoria) e aveva dichiarato l’inammissibilità dei relativi ricorsi, anche se con la motivazione che il giudizio avrebbe dovuto essere proposto al giudice (corte d’appello) a cui secondo la normativa ormai in vigore erano attribuiti i giudizi di appello in materia di lavoro. Appariva ipotizzabile quindi che contro la stessa sentenza avrebbe dovuto essere proposto il ricorso per cassazione, in applicazione dell’art. 403 c.p.c., comma 2, e che, in difetto della proposizione del medesimo mezzo di impugnazione, sulla dichiarata inammissibilità del ricorso per revocazione si fosse formato il giudicato.

La causa veniva quindi rinviata e nuovamente trattata ad udienza camerale, dopo il deposito di memoria illustrativa delle parti P. P. e C.R..

La Corte ritiene ora che debba essere confermata la valutazione della fattispecie ipotizzata con la richiamata ordinanza interlocutoria.

Assume rilievo determinante il fatto che il Tribunale di Frosinone, davanti a cui era stato proposto il ricorso per revocazione, abbia ritenuto che non era stato correttamente individuato il giudice davanti a cui proporre l’impugnazione e abbia conseguentemente qualificato l’impugnazione stessa come inammissibile. Ne deriva che eventuali doglianze nei confronti di tale pronuncia, reiettiva dell’impugnazione, avrebbero dovuto essere proposte con ricorso per cassazione a norma dell’art. 403 c.p.c., comma 2, secondo cui contro la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione. In difetto di tale impugnazione (ricorso per Cassazione) entro i termini di legge, la sentenza emanata dal Tribunale è passata in giudicato e ha definitivamente concluso il giudizio di revocazione. Al riguardo non rileva che il Tribunale abbia pronunciato in composizione monocratica, in quanto un eventuale inosservanza sulle disposizioni sulla composizione monocratica o collegiale del tribunale comporta una mera nullità che può essere fatta valere solo come motivo di impugnazione (cfr. Cass. S.U. 28040/2008) e neanche le qualificazioni, non condivisibili operate dalla Corte d’appello di Roma nell’ordinanza di elevazione del conflitto, che naturalmente non ha alcuna efficacia decisoria.

Neanche è condivisibile la tesi, di cui alla memoria di parte, secondo cui la sentenza in questione del Tribunale di Frosinone sarebbe sottratta alla disciplina di cui all’art. 403 c.p.c., in quanto pronunciata a prescindere da un esame del merito, in quanto non può operarsi la distinzione proposta, non prevista dalla legge ed estranea al sistema. Nè può ritenersi che nel rilevare il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale, preclusiva di ogni ulteriore questione relativamente al medesimo procedimento, questa Corte compia una indagine di fatto ad essa preclusa, trattandosi di circostanze relative al processo e il rilievo di un giudicato interno.

In conclusione, detto giudicato rende inutile ed irrituale ogni ulteriore trattazione del procedimento e in particolare inammissibile il regolamento d’ufficio di competenza richiesto dalla Corte d’appello di Roma.

La particolarità della vicenda e il rilievo d’ufficio della questione decisiva giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il proposto regolamento d’ufficio di competenza e compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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