Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7546 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22242-2020 proposto da:

M.L., MONDO MARMO ITALIA SRL, in persona del suo

amministratore unico pro tempore, M.S.,

M.G., domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e difesi dall’avvocato GIAMPAOLO

MORINI;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE DI MILANO SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCRINO 5, presso lo

studio dell’avvocato LUCIO TAMBURRO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIANNI BALDINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 982/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 19/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Mondo Marmo Italia SRL e M.S., M.G. e M.L. convennero dinanzi alla Corte d’appello di Firenze la Banca Popolare di Milano SPA (di seguito, BPM), proponendo appello avverso la sentenza il Tribunale di Lucca che aveva accolto parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca nei confronti degli ingiunti (della società, in qualità di debitore principale in forza di pregresso rapporto di conto corrente, e delle persone fisiche, in qualità di fideiussori), condannandoli al pagamento della somma di Euro 102.948,94=, con interessi al tasso convenzionale con la decorrenza indicata in decreto non capitalizzati e alla rifusione delle spese di lite. Segnatamente il Tribunale aveva accolto solo il primo motivo di opposizione, ritenendo che i richiesti interessi convenzionali capitalizzati trimestralmente non fossero dovuti, ed aveva rigettato gli altri.

La Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado condannando gli appellanti alle spese di lite.

Mondo Marmo Italia SRL, M.S., M.G. e M.L. hanno proposto ricorso per cassazione con tre mezzi, seguiti da memoria. BPM ha replicato con controricorso e memoria.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Il ricorso è articolato nei seguenti tre motivi:

I) Violazione o falsa applicazione dell’art. 118 T.U.B., della L. n. 141 del 2010, dell’art. 118 T.U.B., comma 2-bis, del D.L. n. 70 del 2011, art. 8, comma 5, lett. F), conv. con mod. nella L. n. 106 del 2011, in tema di ius variandi.

Secondo i ricorrenti le proposte di modifica unilaterale del contratto bancario, di cui all’art. 118 T.U.B., costituiscono atti recettizi, per cui, a fronte, di una contestazione del cliente, che neghi di avere ricevuto la comunicazione, è onere della banca provare di avere correttamente assolto il dovere di comunicazione; in difetto le modifiche non possono essere opposte al cliente e le somme addebitate devono essere ripetute.

II) Violazione dell’art. 2 Cost., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, art. 644 c.p., artt. 1139, 1419,1227,1175 c.c.. Secondo i ricorrenti erroneamente la sentenza impugnata non aveva accertato l’illegittimità del tasso di interesse superiore al tasso soglia corrente applicato nel rapporto, laddove avrebbe dovuto invece ritenere che la banca aveva agito in violazione del divieto di abuso del diritto e che il tasso soglia costituiva limite all’autonomia privata.

III) Violazione degli artt. 1218,1223,1225 e 2697 c.c.. I ricorrenti, rammentato il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo il quale “In tema di ripetizione dell’indebito oggettivo, ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione, l’espressione dal giorno della “domanda”, contenuta nell’art. 2033 c.c., non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c.” (Cass. Sez. U. n. 15895 del 13/06/2019), ne chiedono l’applicazione.

1.2. La Corte di appello, nel respingere il gravame, ha affermato che: a) il Tribunale aveva disatteso la domanda concernente le dedotte variazioni contrattuale sfavorevoli operate unilateralmente dalla banca perché i ricorrenti in concreto non avevano indicato in cosa tale variazioni negative si fossero tradotte ed il motivo di appello nulla aveva opposto in merito alla ritenuta genericità dell’eccezione se non il fatto che si contestava l’illegittimità delle modificazioni, a ciò aggiungendo che, comunque, la somma a debito – che gli appellanti avevano indicato come illegittimamente addebitata e/o riscossa – non appariva ricompresa in quella richiesta dalla banca con il procedimento monitorio; b) i ricorrenti non avevano allegato l’originaria pattuizione di interessi usurai, avendo dedotto che ciò si sarebbe verificato in costanza di rapporto ed ha ricondotto la fattispecie alla cd. usura sopravvenuta, da ritenersi irrilevante ex Cass. Sez. U. n. 24675/2017; c) il mancato riconoscimento dei danni conseguiva al fatto che, accolta in primo grado la domanda relativa alla misura degli interessi nel decreto ingiuntivo, questi non erano stati poi conteggiati tra le somme dovute dagli appellanti e nessuna somma “illegittimamente sottratta” era stata accertata.

2.1. Il primo motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi e non la censura adeguatamente. Va osservato che la Corte distrettuale non ha respinto il motivo assumendo che le variazioni era state regolarmente comunicate, ma ha rilevato che i ricorrenti avevano prospettato una censura generica perché priva della concreta e specifica indicazione delle variazioni unilaterali di cui intendevano dolersi ed ha anche elaborato un calcolo da cui risultava che le somme pretesamente addebitate indebitamente o riscosse non erano state ricomprese nell’inferiore importo ingiunto dalla banca, escludendo un apparente pregiudizio e ravvisando sostanzialmente una carenza di interesse: tale specifico contenuto della decisione non è stato preso in esame nella doglianza.

Invero, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 3741 del 25/2/2004; Cass. n. 6219 del 23/3/2005; Cass. n. 15952 del 17/7/2007; Cass. n. 18421 del 19/8/2009,). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass. n. 19989 del 10/8/2017), di guisa che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata come nel caso di specie – è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. n. 20910 del 7/9/2017).

2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo la sentenza impugnata fatto applicazione del principio enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 24675/2017, secondo cui allorché il tasso degli interessi concordato superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula (cfr. Cass. n. 17110/2019; Cass. n. 6063/2021).

2.3. Il terzo motivo è inammissibile.

In tema di giudizio di cassazione, trattandosi di rimedio a critica vincolata il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, né essendo al riguardo sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. n. 4905/2020): nel caso di specie, è del tutto assente l’esame della statuizione che si intende impugnare, in quanto la censura si esaurisce nell’illustrazione della sentenza delle Sezioni Unite di cui si invoca l’applicazione, senza puntuali riferimenti alle ragioni per cui se ne chiede l’applicazione e senza formulare specifiche critiche attinenti alla sentenza impugnata.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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