Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7544 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16329-2020 proposto da:

T.F., T.C.M., domiciliati presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e

difesi dall’avvocato ALESSANDRA FORNESI;

– ricorrente –

contro

G.C., G.P., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA

FIORE, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUDOVICA

SARTORE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 407/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con atto di citazione spedito il 29 maggio 2018 T.F. e T.C.M., hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1582 del 20/10/2003 che – già ritenuta ammissibile la domanda giudiziale – aveva dichiarato Ta.Ma., nella sua contumacia, padre biologico di G.C. e di G.P., respinto la domanda di risarcimento danni e condannato Ta. alla rifusione delle spese di lite.

In primo grado, dinanzi al Tribunale, il contraddittorio era stato ritenuto ritualmente instaurato perché “l’atto di citazione era stato notificato presso la residenza di (OMISSIS) (Venezuela) risultante dall’AIRE del Comune di (OMISSIS) a mezzo del servizio postale, con cartolina di ricevimento sottoscritta da T.J., e attraverso il Consolato d’Italia a (OMISSIS), con atto ricevuto dal portiere dello stabile” (come riportato, a fol. 3 della sent. imp.).

Nel giudizio di appello, T.F. e T.C.M. hanno dedotto di essere figli legittimi di Ta.Ma., deceduto in (OMISSIS) il (OMISSIS), e di avere appreso che il 19/2/2018 anche G.C.R. e G.P. avevano presentato dinanzi al Tribunale Regionale Maloja (Svizzera) la richiesta di un certificato ereditario – poiché il deceduto, al momento della morte, risiedeva in Svizzera – così palesandosi per la prima volta quali figlie del de cuius in forza della sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1582/2003, oggetto di gravame.

Su tale premessa hanno assunto di non essere decaduti dalla possibilità di proporre impugnazione perché, per l’art. 327 c.p.c., il termine lungo non decorre quando la parte contumace dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notifica e per nullità degli atti previsti dall’art. 292 c.p.c.; hanno impugnato anche nel merito la decisione. G.C. e G.P. hanno replicato, contestando ogni avverso dedotto.

La Corte di appello di Venezia, con la sentenza in epigrafe, ha ritenuto inammissibile l’impugnazione perché non proposta come previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, nel testo vigente ratione temporis, entro l’anno dalla pubblicazione della sentenza di primo grado; ha, quindi, escluso l’applicabilità dell’art. 327 c.p.c., comma 2, perché “gli eredi della parte contumace in primo grado non sono in grado di dimostrare che la parte non avesse avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione della citazione e per nullità della notificazione degli atti previsti dall’art. 294 c.p.c.”, sulla considerazione che l’art. 327 c.p.c., comma 2, consente l’impugnazione al soccombente contumace alla ricorrenza congiunta di due condizioni, una oggettiva – costituita dalla nullità della notifica degli atti indicati – ed una soggettiva – rappresentata dalla mancata conoscenza del processo a causa della nullità, la cui prova spetta al già contumace fornire. Nel caso di specie la Corte di merito ha escluso sia la nullità della notifica dell’atto di citazione, sia l’incolpevole ignoranza da parte di Ta.Ma. dell’esistenza del processo volto all’accertamento della paternità, rimarcando, in proposito, che G.P. e G.C. avevano agito esecutivamente quali creditrici pignoranti nei suoi confronti, ottenendo di riscuotere il credito per spese processuali risultante proprio dalla sentenza appellata, mediante l’assegnazione di ratei della pensione INPS di Ta., di guisa che non era ragionevole ritenere che questi ignorasse la causa della decurtazione.

T.F. e T.C.M. hanno proposto ricorso per cassazione nei confronti di G.C. e G.P. con cinque mezzi, corroborati da memoria, avverso la sentenza della Corte veneta. Le sorelle Gozzetto hanno replicato con controricorso.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti cinque motivi.

I) Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2, e della Convenzione dell’Aja 15 novembre 1965, art. 15, per non avere ritenuto la nullità della notificazione della citazione, ai fini richiesti per l’applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2.

II) Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., per omessa pronuncia in ordine alla denunciata nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c., (ordinanza ammissiva dell’interrogatorio formale, memoria istruttoria) e della sentenza, nonché in ordine alla denunciata inesistenza della notifica della domanda nuova proposta in primo grado dalle sorelle G..

III) Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla dichiarazione del mancato perfezionamento della notifica dell’ordinanza ammissiva delle prove e della memoria istruttoria formulata dal difensore delle sorelle G. nel verbale delle udienze tenutesi dinanzi al Tribunale.

IV) Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2, per non aver ritenuto integrato il presupposto soggettivo e la violazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., per omessa e solo apparente motivazione in ordine alla ricorrenza di presunzioni gravi, precise e concordanti.

V) Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 24,103 e 113 Cost., dell’art. 6CEDU, e la nullità della sentenza per omessa e apparente motivazione in ordine alla violazione degli artt. 24,103 e 113 Cost., dell’art. 6CEDU.

Sostengono i ricorrenti che la Corte di merito, nel momento in cui ha ritenuto inammissibile l’impugnazione, ha disapplicato il principio della effettività della tutela giurisdizionale di cui agli articoli citati.

2.1. Il quarto motivo, in applicazione del principio della ragione più liquida e per priorità logico-giuridica, va trattato per primo.

2.2. Come già ricordato, la Corte di appello nel verificare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 327 c.p.c., ha escluso l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva proposta dai figli legittimi di Ta.Ma. non solo perché ha accertato che non ricorreva la nullità della notificazione dell’atto di citazione e degli ulteriori atti indicati in ricorso (presupposto oggettivo, su cui vertono il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso), ma perché ha anche escluso la sussistenza della prova della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, che spettava al contumace fornire (presupposto soggettivo, su cui verte il presente motivo di ricorso), sottolineando che gli eredi della parte contumace non erano stati in grado di dimostrare che Ta.Ma. non avesse avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione della citazione e per nullità della notificazione degli atti previsti dall’art. 292 c.p.c., ai quali è applicabile la disciplina dettata dall’art. 294 c.p.c., (fol. 7/8 della sent. imp.), e che, anzi, vi erano specifici elementi indiziari (partecipazione di Ta.Ma. al giudizio di autorizzazione a promuovere le azioni di dichiarazione giudiziale di paternità ed esito dell’esecuzione coattiva presso il terzo INPS, compiuta dalle G. con prelievo di ripetuti ratei dalla pensione del Ta. in epoca successiva alla sentenza del Tribunale di Vicenza ed anteriore al di lui decesso) che conducevano all’opposta conclusione.

2.3. Indiscusso che nel caso in esame si controverte in tema di nullità della notificazione dell’atto di citazione del giudizio di accertamento giudiziale della paternità e degli atti conseguenti, e non di inesistenza della notificazione (se non per la questione di seguito esaminata sub 2.5., relativa alle domande diverse ed ulteriori proposte dalle G. in corso di causa), va rammentato che, con consolidati principi, questa Corte ha già affermato che, qualora ricorra la nullità della notificazione, la conoscenza della pendenza del processo da parte del contumace si presume iuris tantum (Cass. n. 18243 del 03/07/2008), e questi “…può interporre gravame avverso la sentenza che lo abbia visto soccombente dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione, a condizione che egli dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.), sia della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Il medesimo contumace ha, quindi, l’onere di dimostrare l’esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l’inversione dell’onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall’impugnazione.” (Cass. n. 8 del 03/01/2019; cfr. Cass. n. 19574 del 30/09/2015) e che quest’ultimo accertamento, circa la conoscenza o meno del processo da parte del contumace, è riservato al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione (Cass. n. 10038 del 25/05/2004).

2.4. La decisione impugnata risulta conforme a tali principi e la doglianza non coglie e non censura la ratio decidendi, costituita dall’affermazione che gli attuali ricorrenti non avevano fornito la prova positiva dalla mancata conoscenza del processo da parte di Ta.Ma., con evidenti ricadute sull’ammissibilità del motivo stesso, centrato esclusivamente sugli ulteriori argomenti svolti per completezza dalla Corte di appello.

2.5. Ne consegue che il tema della eventuale nullità della notificazione che ha assistito l’atto di citazione (primo motivo) e della eventuale nullità della notificazione delle ordinanze istruttorie e della sentenza, anche ove prospettato come vizio motivazionale, (secondo e terzo motivo) risulta assorbito, perché il relativo accertamento è privo di decisività, in quanto, anche ove fosse accertata la nullità di tali notificazioni – esclusa dalla Corte di appello -, ciò non sarebbe idoneo a mutare l’esito della decisione e/o sufficiente a consentire l’applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2, e art. 294 c.p.c., comma 1, nei sensi auspicati dai ricorrenti, in assenza della prova della ricorrenza del presupposto soggettivo.

2.6. Non pertiene, invece, al presente giudizio la questione dell’eventuale inesistenza della notifica delle domande nuove che le sorelle G. avevano proposto in primo grado (inserita nel secondo motivo), perché dette domande – come riferito dagli stessi ricorrenti (fol. 20 del ric.) – vennero già dichiarate inammissibili perché tardive dal Tribunale. Ne consegue, sotto questo profilo, l’inammissibilità del secondo motivo per difetto di interesse.

3. Il quinto motivo è assorbito.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 4.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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