Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 754 del 19/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/01/2021, (ud. 23/10/2020, dep. 19/01/2021), n.754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7164/2017 proposto da:

COMUNE DI TERMOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso dall’Avv. Ferdinando D’Amario ed elettivamente domiciliato

presso il suo studio in Roma, Via Trionfale n. 5637;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE B.M. & C. s.n.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

Marialuisa Di Labbio ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Giovanni Muzi in Roma, Viale Regina Margherita n. 42;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 407/3/16 della Commissione tributaria

Regionale di Campobasso, depositata il 24/08/2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Il 20.12.2008 il Comune di Termoli notificava alla Immobiliare B.M. e C. s.n.c. avviso di accertamento per omessa dichiarazione ICI per gli anni dal 2002 al 2007 relativa ad aree edificabili di proprietà della Immobiliare B.M. & C. s.n.c. Il suindicato provvedimento richiamava diverse delibere della Giunta comunale con le quali l’ente territoriale aveva, da un lato, fissato i valori medi per zone territoriali omogenee ai fini della individuazione della base imponibile (valore venale in comune commercio) e, dall’altro, le aliquote dell’imposta richiesta.

2. La CTP di Campobasso, adita dalla società contribuente, annullava l’avviso impugnato rilevando, in via preliminare e d’ufficio, che quest’ultimo si fondava su una delibera della Giunta comunale, incompetente in materia di ICI.

3. La CTR con la sentenza n. 407/3/2016, depositata il 24/08/2016, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la pronuncia di primo grado.

4. Avverso tale sentenza il Comune di Termoli propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. La contribuente ha depositato controricorso.

6. In prossimità della camera di consiglio la contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il Comune di Termoli censura la sentenza della CTR per violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. e per omessa pronuncia. Il ricorrente, in particolare, lamenta che i giudici di merito avevano omesso di esaminare il motivo di appello relativo al denunciato vizio di extra petizione della decisione di primo grado che aveva rilevato, d’ufficio, l’incompetenza della Giunta in materia di ICI e, conseguentemente, l’illegittimità della delibera posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 42, comma 2, lett. f), e art. 59, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, della L. n. 142 del 1990, art. 3, del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 18 e 48 e del regolamento comunale in materia di ICI, artt. 4 e 7.

Quanto alla determinazione del valore venale in comune commercio dei beni, rilevante ai fini determinazione della base imponibile della imposizione ICI, l’ente territoriale deduce che, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, il combinato disposto di cui al citato D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 59 e 42, non attribuisce la relativa competenza al Consiglio comunale.

Quanto alla fissazione delle aliquote, il Comune di Termoli rileva, poi, che nella fattispecie trovava applicazione il citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, nel testo antecedente alla modifica intervenuta con la L. n. 296 del 2006 (assumendo rilievo le annualità di imposta oggetto di accertamento 2002/2007) e, pertanto, la Giunta doveva considerarsi competente alla fissazione delle aliquote in esame.

3. Deve, innanzi tutto, essere disattesa l’eccezione preliminare di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla controricorrente afferente alla presunta carenza di idonea procura, in relazione alla persona fisica del mandante. Tale eccezione muove dal rilievo che il ricorso anzidetto risulta proposto dal Comune di Termoli in persona del Sindaco pro tempore, laddove, però, la relativa procura non è conferita dal Sindaco, ma dal Vice Sindaco.

Nel caso di specie deve, infatti, trovare applicazione il principio secondo cui la mancanza di contestazione (come nella specie, là dove, cioè, l’odierna controricorrente, lungi dal negare espressamente la qualità di “Vice Sindaco” in capo al firmatario della procura, si è limitata, nel controricorso, ad eccepire genericamente che la procura non è conferita dal Sindaco, ma dal Vice Sindaco) circa la veste di “sostituto” del legale rappresentante di una persona giuridica ricoperta da chi, peraltro indicando tale veste, abbia sottoscritto la procura alle liti non ne induce, a differenza dell’ipotesi di conferimento della procura stessa da parte di persona fisica non investita della qualità anzidetta, l’invalidità e la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione. Ed invero, sul punto rileva la presunzione di legittimità che assiste il mandato al difensore, quale atto amministrativo operante nel processo, anche in ordine alla provenienza da soggetto capace a compierlo in nome e per conto dell’ente (SSUU n. 3165 del 1975), senza che, d’altra parte, costituendo fatto interno dell’ente medesimo, spieghi rilevanza alcuna lo specifico motivo di impedimento del Sindaco che giustifichi la funzione vicaria del Vice Sindaco, restando, così, l’atto del sostituto formalmente legittimo e sottratto al sindacato dell’autorità giudiziaria ordinaria (Cass. n. 24930 del 2007).

4. Nel merito, il primo motivo di ricorso non è fondato.

Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, la sentenza della CTR non ha violato il principio di cui all’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo al dedotto vizio di ultra petizione di cui sarebbe stata affetta la sentenza di primo grado.

La CTR, infatti, nel confermare la sentenza di primo grado, ne ha condiviso l’interpretazione della normativa di riferimento circa l’attribuzione in capo al Consiglio comunale e non alla Giunta della competenza in materia di ICI, precisando che le delibere da quest’ultima adottate nel caso di specie si dovevano “ritenere illegittime, perchè viziate da violazione di legge (…) quali atti generali rilevanti ai fini delle decisione in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, vanno disapplicate da questa Commissione ai sensi del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 7, con conseguente annullamento dell’atto di accertamento e liquidazione impugnato”. In sostanza, la CTR ha ritenuto di esercitare i poteri a lei attribuiti dal citato D.lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, il quale prevede che “le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente”.

5. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

La censura ha ad oggetto l’individuazione della competenza ad adottare in tema di ICI, da un lato, i regolamenti utilizzabili dagli enti impositori per determinare il valore venale delle aree fabbricabili al fine di orientare il proprio potere di accertamento e predeterminare dei criteri conoscibili ai contribuenti con l’obiettivo di ottenere una riduzione del possibile contenzioso e, dall’altro, i provvedimenti volti a determinare le diverse aliquote dell’imposta.

Il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), rubricato (Potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili), inserito nel Titolo III (Riordino della disciplina dei tributi locali), sancisce che, con regolamento adottato ai sensi dell’art. 52 dello stesso decreto, i Comuni possono “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso”. Il citato D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 e il richiamato art. 52 non indicano quale organo comunale sia competente ad emanare tali regolamenti, assumendo all’uopo rilievo le norme generali di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Ai sensi del T.U. D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 42, comma 2, lett. f), per la parte che qui rileva, il Consiglio comunale ha competenza alla “istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi”. Il successivo l’art. 48, comma 2, definisce invece la competenza residuale della Giunta precisando che “la giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’art. 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento”.

Alla luce di tale quadro normativo occorre verificare se l’adozione dei regolamenti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 attenga o meno alla istituzione ed all’ordinamento dei tributi, rientrando in caso di risposta positiva nella competenza esclusiva del Consiglio comunale di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42, ed in caso di risposta negativa in quella residuale della Giunta.

Secondo orientamento univoco della giurisprudenza di legittimità, al quale il Collegio intende dare continuità, (cfr. ex plurimis e da ultimo Cass. n. 27572 del 2018), si è affermato che “in tema di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), poichè il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), riconosce al consiglio comunale la facoltà di “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato”, i regolamenti comunali adottati in proposito, ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, pur non avendo natura imperativa, sono assimilabili agli studi di settore, nel senso che si tratta di fonti di presunzioni dedotte da dati di comune esperienza idonei a costituire supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, ed utilizzabili, quali indici di valutazione, anche retroattivamente, analogamente al c.d. redditometro. Di tale potere può fare uso la Giunta comunale, cui la competenza in materia di I.C.I., già del Consiglio comunale, è stata riassegnata dal D.Lgs. n. 267 del 2000″.

La Delib. Giunta Comunale 5 agosto 2004, n. 188 – richiamata nell’avviso di accertamento notificato alla contribuente con la quale sono stati fissati i valori medi di mercato riferiti al territorio comunale – deve, pertanto, essere ritenuta pienamente legittima.

Per quanto attiene, poi, alla competenza in tema di determinazione dell’aliquota ICI, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, nel testo in vigore dal 1 gennaio 1993 al 31 dicembre 1996 prevedeva che “l’aliquota, in misura unica, è stabilita con deliberazione della giunta comunale adottata entro il 31 ottobre di ogni anno con effetto per l’anno successivo”. Successivamente, il citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6 è stato oggetto di modifica ad opera della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 53, che così prevedeva “L’aliquota è stabilita dal comune, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno (…)” con la conseguenza che dal 1.1.1997, fino all’entrata in vigore del D.Lgs n. 267 del 2000 la competenza a deliberare l’aliquota di tassazione ai fini dell’ICI era da ritenersi del Consiglio Comunale.

Il D.Lgs. n. 267 del 2000 ha, infatti, restituito la competenza alla Giunta Comunale, come si desume dal combinato disposto di cui agli artt. 42, comma 2, lett. f) e art. 48, secondo cui, da un lato, i Consigli comunali hanno competenza in materia di “istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi” e, dall’altro, viene previsto, con carattere generale, che “(…) la Giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’art. 107, commi 1 e 2 nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio (…)”.

Consegue che, nel caso di specie, le delibere, poste a fondamento dell’avviso di accertamento, emesse dalla Giunta comunale con le quali sono stati determinati le aliquote ICI nel periodo dal 2002 al 2007 sono legittime.

La CTR, dunque, nel dichiarare l’incompetenza della Giunta nell’adottare le delibere in materia di ICI con la quali, da un lato, sono stati fissati i valori medi di mercato degli immobili e, dall’altro, le relative aliquote, non ha fatto corretta applicazione dei suindicati principi.

Risulta incontestato dagli atti di causa che la controricorrente, nel giudizio di appello, si è riportata ai motivi posti a fondamento del ricorso introduttivo e, dunque, aveva riproposto, tra l’altro, l’erronea contestazione di omesso versamento, l’erronea contestazione di omessa dichiarazione, l’erroneità dell’attribuzione di valori omogenei alle aree oggetto dell’avviso di accertamento, la carenza di motivazione di quest’ultimo gli avvisi ed, infine, l’illegittima i irretroattività dei valori determinati dalla Delib. 5 agosto 2004, n. 188; su tali motivi la sentenza di appello non si è pronunciata ritenendoli espressamente assorbiti.

Costituisce principio consolidato di questo giudice di legittimità che sulle questioni sollevate nel giudizio di merito e non riproposte in sede di legittimità, all’esito del relativo assorbimento, esplicito o implicito da parte del giudice dell’impugnazione di merito, non si forma giudicato implicito, non potendo le questioni dichiarate “assorbite” essere proposte nel giudizio di cassazione neanche mediante ricorso incidentale condizionato, in difetto di una anche implicita statuizione sfavorevole in ordine alle medesime. Consegue da ciò che, poichè la forza preclusiva della sentenza di cassazione ha per oggetto soltanto le questioni che costituiscono il presupposto necessario e logicamente inderogabile della pronunzia cassata, le suddette questioni possono essere riproposte e decise nel giudizio di rinvio (v. in tal senso tra le altre Cass. n. 5681 del 2003; n. 26264 del 2005; n. 1566 del 2011; Sez. U n. 23833 del 2015).

6. Per le suesposte considerazioni, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale di Campobasso, in diversa composizione, che procederà alla disamina del suddetto profilo, alla luce dei principi enunciati, nonchè dei motivi assorbiti, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

– Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR di Campobasso in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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