Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7534 del 23/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 23/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.23/03/2017),  n. 7534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1086/2016 proposto da:

C.E., CA.EL., M.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 54, presso lo studio

dell’avvocato PIERPAOLO RISTORI, che li rappresenta e difende in

virtù di procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CENTRALE ATTIVITA’ FINANZIARIE SPA, (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 209, presso lo studio

dell’avvocato CESARE CARDONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

PIER LUIGI BOSCIA, giusta procura in calce al controricorso;

ITALFONDIARIO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRESSANONE

3, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, quale mandataria di GUBER SPA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo

studio dell’avvocato CAROLINA CAPALDO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DAMIANO DE ROSA, giusta procura notarile del

16/02/2016 in atti;

– controricorrenti –

e contro

TREVI FINANCE, BANCA INTESA SAN PAOLO SPA, BANCA ADRIATICO SPA,

M.E., M.M.L., M.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5940/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie dei ricorrenti e della parte controricorrente GUBER

S.p.A.;

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 5940/2015 del 28/10/2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, che, nell’ambito di una divisione giudiziale scaturente da un’espropriazione di beni indivisi, aveva ritenuto che il bene in comunione, costituito da un villino sito in (OMISSIS), non fosse comodamente divisibile, e che pertanto ne andava disposta la vendita giudiziale.

In motivazione, dopo avere evidenziato che l’adesione alle conclusioni del CTU, espressa dal giudice di primo grado, andava intesa come riferita ai criteri di stima ed agli accertamenti di natura tecnica, non potendosi estendere anche al giudizio di comoda divisibilità, riservato in ogni caso al giudice chiamato a pronunziarsi sulla domanda di divisione, e dopo avere escluso che la pretesa esecuzione di lavori ad opera degli appellanti in epoca successiva alla pronunzia della sentenza del Tribunale, potesse incidere sulla valutazione di non divisibilità in natura, disattendeva la critica specificamente volta a contestare il giudizio di indivisibilità del Tribunale.

A tal fine osservava che la soluzione della divisione in natura proposta dal CTU imponeva l’esecuzione di consistenti lavori con la sopportazione di costi di considerevole importo.

Ancora la creazione di tre autonomi appartamenti, onde soddisfare il requisito della determinazione di quote in natura, porterebbe a formare due appartamenti composti solo di una camera oltre al soggiorno, laddove solo una delle costituende unità immobiliari sarebbe dotata di autorimessa.

Tale esito farebbe sì che le unità abitative nascenti dalla divisione risulterebbero inidonei a soddisfare le richieste del mercato di reperire immobili a vocazione turistica, con l’ulteriore conseguenza che il valore delle unità ricavate dalla divisione sarebbe nel complesso inferiore al valore dell’immobile considerato nel suo intero.

C.E., Ca.El., M.M. hanno proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di due motivi.

Degli intimati hanno resistito con controricorso, CAF S.p.A. quale mandataria della Augustus SPV S.r.l., Italfondiario S.p.A., quale procuratore della SPV IEFFE S.r.l., UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT quale mandataria di GUBER S.p.A..

I due motivi che possono essere congiuntamente esaminati attesa la connessione delle questioni coinvolte, ad avviso del relatore sono inammissibili e comunque infondati.

Entrambi i motivi denunziano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, il primo quanto all’accertamento della non comoda divisibilità in natura del bene oggetto di causa, ed il secondo in merito alla affermazione circa la tardività dell’esecuzione dei lavori compiuti dai ricorrenti, che avrebbero determinato la divisione in fatto del villino, ed al rigetto del secondo motivo di appello.

Giova a tal fine ricordare che al procedimento in esame trova applicazione la novellata previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che oggi prevede la ricorribilità per cassazione solo nell’ipotesi di omessa disamina circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La formulazione del motivo non si conforma alla previsione normativa suscettibile di trovare applicazione alla vicenda, il che determina l’inammissibilità della censura mossa.

Peraltro sebbene il primo motivo denunzi anche la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di divisione dei beni comuni, ed in particolare degli artt. 718, 720 e 1114 c.c., risulta evidente che la censura mira nella sostanza a sollecitare una diversa rivalutazione dei fatti di causa, il che non è consentito in sede di legittimità.

Ed, invero, costituisce principio consolidato quello per il quale (cfr. Cass. n. 1260/1995), il requisito della comoda divisibilità del bene, ai sensi degli artt. 720 e 1114 c.c., postula, sotto l’aspetto economico – finanziario, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole porzioni rispetto al valore dell’intero e che l’accertamento del giudice del merito circa la concreta riscontrabilità del predetto requisito non è censurabile in Cassazione se sorretto da motivazione sufficiente e non contraddittoria (conf. Cass. n. 1738/2002).

La non comoda divisibilità di un immobile, integrando un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura (Cass. n. 25322/11), può ritenersi legittimamente predicabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dalla irrealizzabilità del frazionamento dell’immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dalla impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi (Cass. n. 12406/07). Inoltre è necessario verificare se la divisione in natura non comporti la necessità di dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cass. n. 12498/07).

La decisione impugnata ha puntualmente dato conto di tutti gli elementi in grado di influire sul giudizio circa la divisibilità del bene, illustrando le ragioni per le quali non poteva essere adottata la soluzione individuata dal CTU per il frazionamento del villino, avendo a tal fine fatto riferimento ai costi per il frazionamento, alla non omogeneità delle unità ricavabili dalla divisione, ed all’incidenza del frazionamento sul valore delle singole unità rapportate al valore dell’intero.

La valutazione della Corte distrettuale si è quindi perfettamente conformata alle indicazioni che la giurisprudenza ha fornito in tema di valutazione circa la divisibilità in natura, sicchè si palesa con evidenza come anche la denunzia di violazione di legge si risolva in una indebita sollecitazione a compiere un nuovo giudizio di merito su circostanze di fatto già apprezzate dal giudice del merito.

Con specifico riferimento al secondo motivo di ricorso, e richiamate le superiori considerazioni in ordine all’inammissibilità della censura formulata con riferimento ad una previsione ormai abrogata, appare poi del tutto privo di specificità il richiamo alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., pur indicato nella rubrica del motivo, non essendo dato comprendere dalla prospettazione della parte in che modo la decisione assunta dalla Corte distrettuale, in occasione del rigetto del secondo e del terzo motivo di appello, possa avere violato la norma in esame.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti dei controricorrenti, come da dispositivo.

Nulla a disporre quanto agli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida per la Guber S.p:A. in complessivi Euro 3.900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge, e per ognuno degli altri controricorrenti in complessivi Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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