Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7532 del 01/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7532 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 13611-2008 proposto da:
RAIFFEISEN LANDESBANK TIROL AG (gia’ GEN.MBH), in
persona dei procuratori con poteri di firma Dott.
MARTIN

EXENBERGER

e

Mag.

MICHAEL

KLUCKNER,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI
2014
303

LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VOLGGER REINHART giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 01/04/2014

AVESANI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CASSIODORO N. 19, presso lo studio dell’avvocato
CALÒ MAURIZIO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SENONER CHRISTOPH giusta
delega a margine del 2 ° foglio;

avverso la sentenza n. 145/2007 della CORTE D’APPELLO
DI TRENTO SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il
11/08/2007 R.G.N. 245/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato EMANUELE COGLITORE per delega;
udito l’Avvocato MAURIZIO CALO’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.

2

– controricorrente –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ricorso ha ad oggetto un’opposizione a precetto proposta da
Enrico Avesani, al fine di contestare la debenza della somma di
euro 9.538,34, a suo tempo pagata da Raiffeisen Landesbank Tirai
AG (di seguito anche Raiffeisen), per la regolarizzazione

Il titolo, emesso in Innsbruck, era stato invero posto a base
del decreto ingiuntivo n. 127/93, chiesto e ottenuto dalla
precettante, per l’importo di lire 164.900.000. Era poi accaduto
che, all’atto della registrazione del provvedimento monitorio,
l’ufficio del registro aveva proceduto alla regolarizzazione
della cambiale, pretendendo dall’ingiungente il versamento della
somma di lire 18.468.800, pari a euro 9.538,34, liquidata a
titolo di bollo.
Proposta opposizione al provvedimento monitorio, la Corte
d’appello di Trento, sez. dist. di Bolzano, con sentenza n. 191
del 2000, aveva condannato l’Avesani a pagare la somma di lire
96.860.000, oltre interessi, nonché a rifondere alla controparte
la metà delle spese di causa, tra le quali quelle a suo tempo
liquidate nel decreto ingiuntivo.
Tale pronuncia, a seguito del rigetto del ricorso per cassazione
contro la stessa proposto, era passata in giudicato.
Insorta contestazione tra le parti sul se fossero o meno dovuti
dall’Avesani determinati importi pretesi da Raiffeisen, questa
gli notificò allora precetto di pagamento, al quale il
precettato si oppose, segnatamente contestando che fosse da lui

3

fiscale di una cambiale.

dovuta la somma di euro 9.538,34 pagata dalla controparte per la
regolarizzazione della cambiale.
Resistette la precettante.
Sostenne, tra l’altro, che la condanna al rimborso di metà delle
spese della fase monitoria, di cui alla sentenza passata in

accessorie maturate dopo la chiusura del giudizio e,
segnatamente, i tributi relativi ad atti la cui registrazione
era richiesta in caso d’uso anziché a termine fisso, ivi
comprese, dunque, le spese di registrazione del decreto
ingiuntivo poi revocato.
L’opposta chiese,

in ogni caso,

in via riconvenzionale

condizionata all’accoglimento dell’opposizione, e cioè per
l’ipotesi che si ritenesse la somma contestata non compresa nel
titolo esecutivo azionato, la condanna dell’Avesani al rimborso
dell’imposta di bollo a suo tempo pagata.
Con sentenza del 19 luglio 2006 il Tribunale di Bolzano rigettò
l’opposizione, determinando in euro 7.155,75, pari a tre quarti
della somma pagata dalla Banca, il debito dell’Avesani e
conseguentemente condannando l’opposta a restituire
all’opponente quanto dallo stesso corrisposto, nelle more del
giudizio, in più del dovuto. Il giudice di prime cure
sostanzialmente aderì alla tesi che l’importo pagato per la
regolarizzazione della cambiale rientrava tra le spese
giudiziali successive al cui rimborso, in ragione della metà,
era tenuto l’opponente.

4

giudicato della Corte d’appello, aveva ad oggetto anche le spese

Il gravame proposto dall’Avesani avverso tale pronuncia è stato
accolto dalla Corte d’appello che, in data 11 agosto 2007, ha
dichiarato nullo il precetto.
Ha premesso il decidente che, ai fini del pagamento della tassa
di registro e a norma dell’art. 6 del d.P.R. n. 131 del 1986, si

presso le cancellerie giudiziarie per essere acquisito al
processo, salvo che il deposito avvenga per adempiere a un
obbligo imposto dall’amministrazione dello Stato o di Enti
pubblici territoriali. Ha precisato quindi che tanto si era
appunto verificato nella fattispecie, a nulla rilevando che la
cambiale non fosse stata utilizzata come titolo esecutivo. Ha
poi rilevato che soltanto nel decreto ingiuntivo a suo tempo
emesso, si menzionavano, come oggetto di condanna, “le spese
successive occorrende”. E invero, la sentenza della Corte
d’appello, il cui dictum era alla base del precetto, condannando
l’Avesani a rifondere all’appellata la metà delle spese di lite,
spese liquidate per l’intero a) nel decreto ingiuntivo n. 127/93
del 28 gennaio 1993 del Tribunale di Bolzano ….,

si era limitata

a rimandare alla liquidazione a suo tempo compiuta dal giudice
del provvedimento monitorio, di talché, in tale contesto, non vi
erano altri elementi per verificare la congruenza tra titolo
esecutivo azionato e voci esposte nel precetto.
Secondo il decidente, contrariamente all’opinione espressa dal
giudice di prime cure, doveva tuttavia escludersi che la somma
pretesa

dall’opposta

fosse

inclusa

5

esplicitamente

o

ha caso d’uso, tra l’altro, quando un atto viene depositato

implicitamente, tra quelle dovute dall’Avesani in base alla
pronuncia n. 191 del 2000 posta in esecuzione da Raiffeisen.
Quanto alla mancanza di una statuizione esplicita,
evidenziato il giudice d’appello che,

ha

mentre l’Avesani,

opponendosi al decreto ingiuntivo non aveva affatto l’esigenza

rimasta estranea alla fase monitoria, nel giudizio a cognizione
piena, l’opposta aveva espressamente chiesto, sia in primo grado
che in appello, la condanna dell’ingiunto al pagamento
dell’esborso in contestazione, senza che il decidente nulla
statuisse espressamente al riguardo. Conseguentemente, non
avendo impugnato per difetto di pronuncia, il silenzio serbato
dalla Corte d’appello sul punto, la precettante non poteva
pretendere di recuperare l’importo domandato e non riconosciuto,
attraverso il dispositivo del decreto ingiuntivo, nella parte in
cui richiamava /e spese successive occorrende.
Il giudicante ha altresì escluso che nel titolo azionato fosse
ravvisabile una condanna implicita al pagamento preteso da
Raiffeisen, non potendosi ritenere compresa nella domanda di
condanna alla rifusione delle spese di lite, quella di rimborso
delle spese di registro e di regolarizzazione fiscale della
cambiale.
Ha ricordato, in proposito, che, per consolidata giurisprudenza
di legittimità, la domanda avente ad oggetto il rimborso delle
spese sostenute per la registrazione di una scrittura privata,
prodotta in giudizio come prova documentale, non riguardando un

6

di contestare la debenza della somma poi precettata, in quanto

accessorio maturato dopo la sentenza di primo grado, bensì una
autonoma pretesa da far valere con specifica istanza giudiziale,
non può essere proposta per la prima volta nel corso del
giudizio di appello (confr. Cass. civ. 20 maggio 1994, n. 4992).
Né – ha aggiunto – la tesi dell’opposta poteva trovare

d’uso e atti da registrarsi a tassa fissa, posto che tra le
spese giudiziali soggette alla disciplina di cui agli artt. 90 e
segg. cod. proc. civ. potevano ricomprendersi solo i tributi
relativi ad atti la cui registrazione era richiesta in caso
d’uso e la cui debenza era maturata dopo la sentenza di primo
grado, non anche quelli relativi ad atti da registrarsi a
termine fisso e in relazione ai quali l’obbligo di pagare il
tributo scaturiva direttamente dalla legge di registro,
indipendentemente dall’uso fattone. In relazione a tali atti,
dunque, non era sufficiente, per ottenerne dalla controparte la
rifusione, l’inclusione del relativo ammontare nella nota spese
giudiziali (inclusione che era invece necessaria e sufficiente
per gli oneri relativi ad atti tassabili in caso d’uso),
occorrendo la proposizione di espressa domanda di rimborso.
Non a caso la giurisprudenza aveva opportunamente evidenziato
che solo alcuni dei diritti di registro riscossi sulle sentenze
rientravano tra le tasse giudiziali, alla cui rifusione era
tenuto il soccombente,

ex art. 91 cod. proc. civ., dalle stesse

escludendo la tassa di titolo, ancorché l’amministrazione
provvedesse a riscuoterla sulla sentenza.

7

fondamento nella distinzione tra atti da registrarsi in caso

In definitiva, secondo il decidente, considerato che nella
fattispecie la cambiale era stata utilizzata non già come titolo
esecutivo, ma come prova nell’ambito di un giudizio di
cognizione, doveva ritenersi che l’onere corrisposto all’ufficio
del registro avesse natura di tassa di titolo, inidonea, in

consequenziali.
Avverso detta pronuncia Raiffeisen Landesbank Tirol AG propone
ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati
anche da memoria.
Resiste con controricorso Enrico Avesani.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli

artt. 91, 99 e 112 cod. proc. civ. 75 disp. att. cod. proc.
civ., ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ.
Secondo l’esponente la Curia territoriale avrebbe tratto
dall’osservazione, di per sé corretta, secondo cui per i tributi
dovuti in relazione ad atti da registrarsi in termine fisso non
è sufficiente la loro inclusione nelle spese giudiziali,
occorrendo una specifica domanda di rimborso, l’errata
conclusione che, per i tributi relativi ad atti da registrarsi
in caso d’uso, sarebbe in ogni caso necessaria l’inclusione del
relativo importo nella nota spese. Conseguentemente il giudice
d’appello, affermando che, ai fini della condanna al rimborso
delle spese successive sia comunque necessaria la loro

8

quanto tale, a essere ricompresa nelle spese processuali

inclusione nella nota spese, avrebbe violato gli artt. 91 cod.
proc. civ., in relazione agli att. 99 e 112 cod. proc. civ.
In ogni caso, assume, intervenuta condanna alle spese,

ex art.

91 cod. proc. civ., sarebbero ripetibili non solo l’imposta di
registro per la sentenza propriamente detta, ma anche le imposte

registrarsi in caso d’uso, laddove la Corte d’appello aveva
erroneamente affermato che era a tal fine necessaria l’esatta
liquidazione del tributo nel dispositivo di condanna.
1.2

Con il secondo mezzo, lamentando violazione dell’art. 91

cod. proc. civ.,

ex

art. 360, n. 4, cod. proc. civ., la

ricorrente contesta l’affermazione della Corte territoriale
secondo cui il tributo per cui è causa non rientrerebbe nel
novero delle spese di lite, ma sarebbe tassa di titolo,
evidenziando, in proposito, che la banca non aveva

tout court

intrapreso l’esecuzione, ma aveva utilizzato la cambiale come
prova del suo diritto nell’ambito di un giudizio di cognizione,
di talché essa andava equiparata ad una convenzione.
Tali

affermazioni

non

terrebbero

conto

dell’ulteriore

distinzione tra atti da registrare in termine fisso e atti da
registrare solo in caso d’uso, tra i quali rientrerebbe la
cambiale, il cui tributo andrebbe pertanto annoverato tra le
spese di lite

ex

art. 91 cod. proc. civ., indipendentemente

dalla sua qualificazione come tassa di registrazione o tassa di
titolo.

9

dovute in relazione ad atti depositati in cancelleria e da

1.3

Con il terzo motivo l’impugnante deduce violazione degli

artt. 91, 92, 112 cod. proc. civ.,

ex art. 360, n. 4, cod. proc.

civ., nonché dell’art. 1298 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod.
proc. civ.
Oggetto delle critiche è la mancata enucleazione di una

contestazione, benché la sentenza definitiva nel giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo, avesse condannato l’opponente
al pagamento di metà delle spese liquidate nel decreto
ingiuntivo, ove erano espressamente richiamate quelle
occorrende.

successive

In tale contesto – assume l’esponente – una volta

appurato che il tributo relativo a un atto da registrarsi in
caso d’uso segue le sorti della regolamentazione degli oneri
economici del processo,

ex art. 91 cod. proc. civ., tale tipo di

pronuncia ricomprenderebbe senz’altro l’imposta liquidata sulla
cambiale.
2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente

per la loro evidente connessione, sono infondate.
Occorre muovere dalla considerazione che

tra le spese

giudiziarie da porre a carico della parte soccombente, ai sensi
dell’art. 91 cod. proc. civ., va certamente compresa l’imposta
di registrazione della sentenza, la quale è riscossa per la
fruizione del servizio pubblico dell’amministrazione della
giustizia e trova quindi causa immediata nella controversia,
laddove diverso è il regime dei tributi riguardanti atti da

10

pronuncia implicita sulla domanda di rifusione del tributo in

registrare in termine fisso, e quindi indipendentemente dall’uso
che ne venga fatto in giudizio.

Rispetto a tali atti, invero, la registrazione della sentenza
offre solo l’occasione per la loro emersione sul piano
tributario, posto che l’obbligo del pagamento dell’imposta –

negozio. Non a caso, già l’art. 72 della legge 30 dicembre
1923, n. 3269, avvertiva che,

quando le sentenze pronunziano su

domande che si basano su convenzioni non ridotte in iscritto o
per le quali non siano enunciati titoli registrati, si applica,
oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla
quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua
natura, se fosse stata precedentemente registrata.
Ne consegue, da una parte, che l’incidenza del tributo è
determinata dal tipo di rapporto negoziale che esso va a
colpire, venendo ad esempio in rilievo, ove si tratti di
compravendita, la disciplina dettata dall’art. 1475 cod. civ.;
e, dall’altra, che la parte che abbia in concreto provveduto
all’adempimento dell’obbligo fiscale in luogo di quella che vi
era tenuta – o che essa ritiene esservi tenuta – deve far
valere il suo diritto al rimborso proponendo una specifica
domanda giudiziale, così da provocare il contraddittorio
sull’obbligo e sui limiti del rimborso

(confr. Cass. civ. 12

marzo 1990, n. 2013; Cass. civ. 20 maggio 1994, n. 4992; Cass.
civ. 22 giugno 2000, n. 841; Cass. civ. sez. un. 4 ottobre 1974,
n. 2594; Cass. civ. 13 dicembre 1969, n. 3946).

11

c.d. tassa di titolo – sorge direttamente dalla stipulazione del

3

Ora,

a tali principi, sostanzialmente pacifici nella

giurisprudenza di questa Corte, si è attenuto il decidente
allorché ha negato che le somme pagate dall’ingiungente, per la
regolarizzazione fiscale della cambiale, in occasione della
registrazione del provvedimento monitorio chiesto e ottenuto

successive occorrende alla
l’ingiunto.

spese

cui rifusione era stato condannato

Ed è appena il caso di evidenziare che, in siffatto

contesto, l’assunto secondo cui l’inclusione degli oneri
relativi ad atti tassabili in caso d’uso nella nota spese
costituirebbe condizione necessaria e sufficiente per ottenerne
il rimborso – assunto contro il quale segnatamente si appuntano
le critiche svolte nel primo mezzo – è al postutto nulla più che
un

obiter dictum,

in quanto estraneo alla

ratio decidendi del

provvedimento impugnato, incentrata sull’assoluta autonomia,
rispetto agli

accessori

maturati dopo la sentenza di primo

grado, della pretesa creditoria volta al recupero delle spese
sostenute per la registrazione della cambiale, quale scrittura
privata, prodotta in giudizio, e della conseguente
giustiziabilità della stessa solo a mezzo di specifica domanda.
4 Si prestano a essere esaminati congiuntamente i successivi due

motivi dì ricorso.
Con il quarto mezzo l’impugnante prospetta violazione dell’art.
112 cod. proc. civ.,

ex

art. 360, n. 4, cod. proc. civ.

Evidenzia che la Banca, nel giudizio di opposizione a precetto,
aveva espressamente formulato domanda riconvenzionale

12

sulla base della stessa, potessero essere incluse tra /e

condizionata all’accoglimento dell’avverso mezzo, ovvero per
l’ipotesi che si ritenesse l’importo precettato non coperto dal
titolo esecutivo. Siffatta richiesta, ritenuta assorbita dal
Tribunale, in ragione del rigetto della opposizione, era stata
reiterata in sede di gravame, senza che nulla il giudice

Le censure mettono capo al seguente quesito: “Viola l’art. 112
cod. proc. civ. il giudice che, accogliendo

in parte qua

un’opposizione all’esecuzione, ometta di pronunciare su una
domanda di condanna proposta dall’opposta in via riconvenzionale
subordinata, proprio per l’ipotesi di accoglimento
dell’opposizione?”.
Con il quinto motivo, in subordine, rispetto al motivo
precedente, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 132, n.
4, cod. proc. civ.,

ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nonché,

in ulteriore subordine, degli att. 2909 cod. civ., 99 e 112 cod.
proc. civ., 1298 e 1299 cod. civ.
Sostiene che, ove si ritenga che la sentenza impugnata abbia
implicitamente rigettato la domanda riconvenzionale svolta dalla
Banca, la pronuncia è censurabile per totale difetto di
motivazione; ove invece, dalle considerazioni in essa svolte, si
tragga il convincimento che, secondo la Corte territoriale, la
mancata impugnazione della omessa pronuncia abbia comportato
giudicato negativo nel merito, impedendo la riproposizione della
domanda, allora la motivazione è erronea, in punto di diritto.

13

d’appello disponesse sul punto.

Infine – deduce – a fronte della domanda di rimborso del tributo
per cui è causa, il giudice

a quo avrebbe dovuto applicare gli

artt. 1298 e 1299 cd. civ., in base ai quali l’obbligazione in
solido si divide nei rapporti interni tra i debitori, in misura
eguale, salvo diversa convenzione, e il debitore che ha pagato

dovuta.
Formula i seguenti quesiti: “viola l’art. 132, n. 4, cod. proc.
civ., il giudice che ometta qualsivoglia motivazione in diritto
in ordine alla omissione di pronuncia su una domanda, per
ipotesi qualificabile come rigetto implicito di predetta
domanda?
viola l’art. 2909 cod. civ., con riferimento gli artt. 99 e 112
cod. proc. civ., il giudice che, alla luce di una non impugnata
omessa pronuncia, su una domanda, non collegata
indissolubilmente ad altre domande esaminate, rigetti, la
medesima domanda riproposta

ex novo

in separato procedimento,

con la motivazione che su tale domanda si sia formato il
giudicato?
viola gli artt. 1298 e 1299 cod. civ. il giudice che rigetti la
domanda di rimborso, nella misura della metà, di un tributo,
proposta dal debitore in via di regresso nei confronti
dell’altro condebitore solidale, con la motivazione che tale
tributo non rientri nel concetto di spese di lite,

ex art. 91

cod. proc. civ., liquidate in precedente sentenza divenuta
definitiva?

14

r
i

può ripetere dai condebitori la parte da ciascuno degli stessi

5

Le critiche incorrono nella sanzione dell’inammissibile per

assoluta astrattezza e incongruità del quesiti di diritto
formulati a chiusura delle stesse e, quanto alla violazione
della normativa in materia di obbligazioni solidali, anche per
la novità della questione.

pronuncia (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio
2009) – è soggetto, in forza del combinato disposto degli artt.
27, comma 2, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e 58 della legge
18 giugno 2009, n. 69, alla disciplina dettata dagli artt. 360
cod. proc. civ. e segg., come modificati per effetto del
menzionato d.lgs. n. 40 del 2006.
Ad esso si applica pertanto l’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultraattività a tale norma, anche dopo la sua formale abrogazione
(per tutte, v. espressamente Cass. civ. 27 gennaio 2012, n.
1194).
Ora, come è stato correttamente evidenziato, in un sistema
processuale che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del
disposto di cui all’art. 366 bis,

prima parte, cod. proc. civ.,

consiste nell’imposizione, al patrocinante che materialmente
redige l’atto, di una sintesi originale e autosufficiente della
censura, funzionalizzata alla formulazione immediata e diretta
del principio di diritto che si chiede alla Corte di affermare
e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica

15

Va premesso che il ricorso – avuto riguardo alla data della

demandata al giudice di legittimità (Cass. civ. ord. 24 luglio
2008, n.20409 e più di recente Cass. civ. 5 luglio 2011, n.
14771).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione
richiede allora che, con riferimento ad ogni punto della

del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere
indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima il
diverso principio di diritto sulla cui base il punto controverso
andrebbe viceversa risolto, con la precisazione che all’ipotesi
in cui manchi il quesito va assimilata quella in cui il quesito
sia inconferente ovvero si risolva in un’enunciazione di
carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione
della fattispecie concreta e tale, quindi, da non consentire una
risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal
ricorrente, tenuto conto che neppure è possibile desumere il
quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il
secondo (Cass. civ., Sez. Unite, 11 marzo 2008, n.6420). Ciò in
quanto il quesito di cui all’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

rappresentando il punto di sutura fra la risoluzione del caso
specifico e l’enunciazione del principio generale, non può
esaurirsi nella mera affermazione di una regola astratta, ma
deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie
concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda,
nonchè alla decisione impugnata, in modo da indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto,

16

sentenza investito da motivo di ricorso, la parte, dopo avere

essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta
in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad
altri.
6 Venendo al caso di specie, le critiche partono dal rilievo
che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, qualora il

ricorrano gli estremi di una sua reiezione implicita, ne’
risulti che essa domanda sia rimasta assorbita dalla decisione
di altra domanda, la parte ha la facoltà alternativa di fare
valere la omissione in sede di gravame o di riproporre la
domanda in separato giudizio, posto che la presunzione di
rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ. ha valore meramente
processuale e non anche sostanziale (confr. Cass. civ. n. 10029
del 1998).
Sennonché i quesiti che suggellano l’esposizione dei motivi di
ricorso in esame sono del tutto astratti e tautologici, atteso
che essi, orbi di qualsivoglia riferimento alla riconvenzionale
condizionata a suo tempo spiegata e alle argomentazioni
sensibili

svolte dal decidente nella sentenza impugnata, non

offrono una sintesi utile delle questioni che la Corte è
chiamata a risolvere, e cioè se la Curia territoriale abbia
omesso di provvedere sulla domanda di condanna dell’opponente al
rimborso dell’imposta a suo tempo pagata dall’opposta Banca,
ovvero se vi sia stata una statuizione implicita di rigetto, non
motivata e comunque erronea alla luce delle norme richiamate
dall’esponente.

17

giudice di merito ometta di pronunciare su una domanda e non

Ne deriva che la risposta positiva ai quesiti – peraltro
scontata – non sarebbe di alcuna utilità all’impugnante, perché
si risolverebbe nella enunciazione di principi di diritto la cui
operatività, nella fattispecie, resterebbe ancora tutta da
verificare.
A ciò aggiungasi che la questione relativa al preteso

malgoverno delle norme civilistiche che presiedono ai rapporti
interni tra debitori e creditori solidali non è trattata nella
sentenza impugnata.
Ne deriva che, il ricorrente, al fine di evitare una statuizion
di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere non
solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di
merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio
precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare

de visu

la veridicità di tale asserzione (confr.

Cass. civ. sez. lav. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. civ. 1 0 , 31
agosto 2007, n. 18440). E invero i motivi del ricorso per
cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni
già comprese nel

“thema decidendum” del giudizio di appello, di

modo che, salvo che si prospettino profili rilevabili d’ufficio,
è preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la
precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e
delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste
ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da

18

7

quelli allegati nelle precedenti fasi processuali (confr. Cass.
civ., sez. 1 0 , 13 aprile 2004, n.6989).
In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Segue la condanna del ricorrente Istituto al pagamento delle
spese di giudizio.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00
(di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per
legge.
Roma, 5 febbraio 201A

P.Q.M.

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