Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7530 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO A. Francesc – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 28440 del ruolo generale dell’anno

2020, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona dei Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Curatela Fallimento (OMISSIS) s.a.s., in persona del curatore

fallimentare Dott. Daniele Veratti, rappresentata e difesa, giusta

procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.to Valerio

Cioni elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in

Roma, in Via degli Scipioni n. 268/A;

– controricorrente-

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, n.

574/10/2020, depositata in data 11 agosto 2020, notificata il 1

settembre 2020.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8 febbraio 2022 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di

Nocera Maria Giulia.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

-l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della Curatela Fallimento (OMISSIS) s.a.s. avverso la sentenza n. 292/01/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Livorno di accoglimento del ricorso della società contribuente avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c della Guardia di Finanza, aveva contestato nei confronti di quest’ultima, esercente attività di commercio al dettaglio e all’ingrosso di orologi e articoli di gioielleria, per l’anno 2012, maggiore Iva per operazioni qualificate come cessioni intracomunitarie rispetto alle quali, ad avviso dell’Amministrazione, non era risultata l’effettiva uscita della merce dal territorio italiano e la destinazione in altro Stato membro (nella specie, Principato di Monaco), con conseguente inapplicabilità del D.L. n. 331 del 1993, art. 41;

-la Curatela Fallimento (OMISSIS) s.a.s., in persona del curatore fallimentare p.t., resiste con controricorso;

-sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c. sollevata nel controricorso, per non avere l’Agenzia delle entrate assolto all’obbligo di deposito di “copia autentica” della sentenza con la relata di notifica. Invero, costituisce circostanza pacifica che la sentenza impugnata notificata via PEC all’Ufficio in data 1 settembre 2020, fosse priva dell’autentica del difensore della curatela (pagg. 1 del ricorso e 3 del controricorso);

ciononostante – senza potere essere onerato al deposito ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, della copia autentica della sentenza impugnata – ha provveduto alla notifica del ricorso per cassazione a mezzo PEC il 2.11.2020, nel termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c..

2. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 132 c.p.c. per avere la CTR, con una motivazione apparente, confermato la decisione di primo grado senza specificare le ragioni di tale adesione e senza alcuna disamina degli articolati motivi di censura sollevati dall’Ufficio in sede di gravame.

3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, conv. dalla L. n. 427 del 1993 e art. 2697 c.c. per avere la CTR, confermando la sentenza di primo grado che aveva ritenuto carente, per l’anno in contestazione, “la prova della vendita o consegna degli orologi in Italia”, violato i principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità circa il necessario onere in capo al cedente intracomunitario di provare il presupposto della fuoriuscita della merce dal territorio dello Stato per fruire dell’esenzione Iva in deroga all’ordinario regime di imposizione.

4. Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.

4.1. Va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; v. da ultimo Cass. 22949 del 2018). Come da ultimo precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).

5. Peraltro, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 15884 del 2017). Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. n. 22022 del 2017; Cass. n. 28113 del 2013).

6. Nel caso di specie, è palese che la sentenza della CTR, dopo essersi limitata a premettere che la CTP aveva accolto il ricorso in quanto “per l’anno 2012 mancava la prova che alcuni orologi fossero stati venduti o consegnati in Italia”, senza, peraltro, riportare il contenuto delle doglianze mosse in appello dall’Ufficio, ha confermato la decisione della CTP affermando che “la decisione assunta dalla Commissione di primo grado (e’) corretta in quanto dall’esame del p. v. c. si ritiene che la ricorrente abbia dato prova che la merce indicata nelle fatture intestate alla Beal MC sia stata oggetto di esportazione e quindi l’Iva non vada recuperata al gettito erariale”; pertanto, nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, come reso evidente dal contenuto della stessa, “non solo non è autosufficiente (nel senso che solo dalla lettura della stessa e non aliunde sia possibile rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione)” (Cass. n. 777 del 2011), ma le considerazioni svolte “non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente” e di certo non “può essere lasciato all’occasionale arbitrio dell’interprete integrare la sentenza, in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni motivazionali (cfr. Cass. civ. 5 agosto 2016, n. 16599). L’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di “motivazione apparente” innanzi delineata” (Cass. S.U. citate).

7.In conclusione, va accolto il primo motivo, assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa, la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, Sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA