Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 753 del 16/01/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 753 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso 2770-2010 proposto da:
IMPRESA FRATELLI PASSERI DI GIORGIO PASSERI S.A.S.
07276280588 in persona del legale rappresentante p.t.
Sig. GIORGIO PASSERI, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio
dell’avvocato MARINI RENATO, che la rappresenta e
2013
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difende unitamente all’avvocato COREA ULISSE giusta
delega in atti;
– ricorrente contro
TREVI FINANCE N. 3 S.R.L. 03527590263 e per essa
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Data pubblicazione: 16/01/2014
UNICREDIT
mandataria
CREDIT
di
MANAGEMENT
UNICREDIT
BANK
S.P.A.,
S.P.A.
quale
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo
studio dell’avvocato NUZZACI VITTORIO, rappresentata e
difesa dall’avvocato ANTONINI RODOLFO giusta delega in
– controricorrente nonchè contro
BANCA DI ROMA S.P.A., UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 88/2009 del TRIBUNALE di
CIVITAVECCHIA, depositata il 26/01/2009, R.G.N.
3210/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ULISSE COREA;
udito l’Avvocato RODOLFO ANTONINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
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calce al ricorso notificato;
I FATTI
Nell’aprile del 2001 la sas Fratelli Passeri introdusse dinanzi al
tribunale di Civitavecchia un giudizio opposizione all’esecuzione
promossa in suo danno dalla Banca di Roma, che ne chiedeva
l’adempimento di un’obbligazione avente ad oggetto un credito pari
contratto tra le parti tra il febbraio e il marzo del 1991.
Lamentò la ricorrente la mancata prova della pretesa azionata, la
omessa indicazione dei criteri di quantificazione della somma
intimata, la mancanza di certezza e liquidità del credito, la
violazione della legge 108 del 1996 e la conseguente gratuità del
mutuo, l’indeterminatezza/indeterminabilità dei tassi di interesse
applicati e la conseguente nullità del mutuo fondiario;
l’indeterminabilità del calcolo del rapporto di cambio tra la lira
italiana e l’ECU, la nullità degli interessi di mora.
Il giudice, ritenuta in parte fondata la domanda in opposizione,
ridusse la somma complessivamente dovuta ad E. 38.292,05.
Per la cassazione della sentenza del giudice laziale la
Immobiliare Puccini ha proposto ricorso sorretto da 5 motivi ed
illustrato da memoria.
Resiste con controricorso la Trevi Finance, succeduta nelle more
alla Banca di Roma.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve
essere
esaminata
preliminarmente
l’accezione
inammissibilità del ricorso sollevata dalla contro ricorrente.
L’eccezione è destituita di giuridico fondamento.
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di
a L. 76.931.234, vantato a titolo di (quota residua) di un mutuo
Oggetto del presente giudizio, difatti, è una sentenza pubblicata
il 26 gennaio 2009, che definiva in quel grado il procedimento di
opposizione all’esecuzione promossa dalla Immobiliare Puccini in
seno alla procedura esecutiva della quale ancor oggi si discute.
Alla data della pubblicazione della sentenza era, pertanto, in
dall’art. 14 comma l della legge n. 52 del 2006, che sanciva – con
decorrenza primo marzo 2006 – l’inappellabilità delle sentenze
rese nei giudizi di opposizione all’esecuzione (limitando al solo
ricorso per cassazione il mezzo di impugnazione esperibile).
Non ha pregio dunque la tesi secondo cui, nella specie, la
disciplina applicabile sarebbe stata quella di cui all’art. 616
c.p.c. nella sua nuova (ri)formulazione ex lege n. 69 del 2009 con conseguente reviviscenza del regime impugnatorio ante riforma
2006 -, volta che l’art. 58 della legge 69 limitava la propria
applicabilità ai processi che, al 3 luglio 2009, risultassero
ancora pendenti in primo grado (e non a quelli già definiti con
sentenza in quella fase del giudizio). Ne consegue (come questa
Corte ha già avuto modo di affermare: per tutte, Cass. 1201 del
2012) che le sentenze pubblicate tra il I marzo 2006 ed il 3
luglio 2009 devono ritenersi inappellabili, e ricorribili soltanto
per cassazione.
Nel merito, il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,
si denuncia violazione e falsa applicazione
di norme dell’art. 474 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4
c.p.c..
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vigore la norma di cui all’art. 616 c.p.c. nel testo sostituito
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto (formulato
ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis,
nel vigore del D.lgs. 40/2006):
Dica la Corte se, in materia di mutui fondiari, l’indeterminatezza
e/o l’indeterminabilità del tasso di interesse convenzionale
nullità o l’inefficacia del titolo esecutivo per carenza dei
requisiti di liquidità ed esigibilità di cui all’art. 474 c.p.c.
e, conseguentemente, la nullità dell’esecuzione forzata instaurata
sulla base di esso e, dunque, se ha errato la sentenza impugnata
laddove, dopo aver accertato l’indeterminatezza/indeterminabilità
del tasso di interesse convenzionale indicato nel terzo atto di
erogazione e quietanza relativo al contratto di mutuo stipulato
inter partes, non ha dichiarato la nullità dell’esecuzione forzata
per carenza di liquidità ed esigibilità del titolo fatto valere,
provvedendo invece ad una ri-determinazione della pretesa del
creditore procedente previa applicazione dell’interesse al saggio
legale.
Il motivo è infondato.
Il giudice di merito, difatti, preso atto delle conclusioni
raggiunte dal CTU in ordine ai tassi di interesse applicati dalla
banca, e rilevato che, alla determinabilità degli stessi in
relazione alla prima e alla seconda erogazione delle 3
tranche di
mutuo previste, non faceva riscontro il medesimo requisito quanto
alla terza erogazione (caratterizzata da elementi di
discrezionalità
risultante
da
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alcune
clausole
imposte
accertata nel corso del giudizio a seguito di CTU comporti la
dall’istituto), ha provveduto (in sintonia con le conclusioni del
consulente) all’applicazione del tasso legale diacronicamente
vigente, in applicazione del disposto dell’art. 1419 c.c. e della
conseguente regula iuris della conservazione del contratto secondo
il principio del
vitiatur sed non vitiat,
pienamente applicabile
Va altresì osservato come, in sede di formulazioni di quesiti, il
CTU fosse stato chiamato
ad (accertare ed eventualmente a)
rideterminare il debito dell’opponente alla data della notifica
dell’atto di precetto applicando al contratto di mutuo il tasso di
interesse legale
(folio 5 della sentenza oggi impugnata), senza
che, in proposito, fosse stata sollevata alcuna tempestiva
opposizione o osservazione da parte della odierna ricorrente.
Con il secondo motivo,
si denuncia violazione degli artt. 474, 615
e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c..
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, nell’ambito di un giudizio di opposizione
all’esecuzione,
aver
dopo
accertato
l’indeterminatezza/indeterminabilità del tasso di interesse
convenzionale previsto nel contratto di mutuo fondiario sulla cui
base il creditore ha iniziato l’esecuzione forzata, e
conseguentemente la nullità o l’inefficacia del titolo esecutivo
per carenza del requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., in mancanza
di una domanda delle parti volta ad accertare l’entità del diritto
di credito, il giudice dell’opposizione si debba limitare ad
accogliere l’opposizione e a dichiarare l’invalidità della
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nella specie.
procedura esecutiva, senza poter procedere all’accertamento del
diritto sostanziale di credito vantato dal procedente; dica,
pertanto, se ha errato la sentenza impugnata là dove, una volta
dichiarata l’indeterminatezza del tasso di interesse, ha invece
accertato, senza alcuna domanda di parte in tal senso, il minor
saggio legale.
La censura è infondata, volta che essa muove da un presupposto (la
nullità/inefficacia della convenzione negoziale di mutuo) che è
stata correttamente esclusa dal giudice dell’esecuzione, come si è
avuto modo di osservare in sede di esame del motivo che precede,
sì che nessuna violazione di legge è addebitabile alla sentenza
impugnata nella parte in cui, facendo proprie le conclusioni del
CTU, essa ha accertato l’indeterminatezza del (solo) terzo atto di
erogazione del mutuo quanto al tasso di interesse applicato,
sostituendo ad esso quello legale, in applicazione del combinato
disposto degli artt. 1815, 1419 c.c.
Con il terzo motivo,
si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1346, 1418 e 1419 c.c., 474 c.p.c. in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa o insufficiente motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c..
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, in un contratto di mutuo fondiario con provvista
in valuta estera,la mancata indicazione del preciso momento in cui
deve essere rilevato il tasso di cambio nella piazza di
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credito della banca previa applicazione del tasso di interesse al
riferimento, consentendo alla Banca mutuante di applicare, a suo
insindacabile giudizio, il tasso di cambio rilevato in qualsiasi
momento della giornata di riferimento, comporti
l’indeterminatezza/indeterminabilità delle ragioni di cambio da
applicare a ciascuna rata di ammortamento e, conseguentemente, la
ovvero la nullità della clausola ai sensi degli artt. 1346 e 1418
c.c. – e del titolo, e se, quindi, ha errato la sentenza nel
ritenere che il predetto rapporto di cambio è determinato in base
ad elementi oggettivi esterni al contratto non influenzabili
dall’istituto mutuante.
Il motivo non può essere accolto.
Le norme invocate in combinato disposto, difatti, sanciscono la
nullità del contratto in relazione a vizi genetici del suo oggetto
del tutto impredicabili nel caso di specie.
Con motivazione sintetica ma esauriente il giudice territoriale ha
ritenuto che il rapporto di cambio, con riferimento all’ECU, fosse
perciò solo determinato in base ad elementi oggettivi esterni al
contratto, aggiungendo che tali elementi erano fin dal principio
noti alla società contraente, pienamente consapevole della natura
a tasso variabile e non fisso del mutuo contratto con la Banca di
Roma.
Questa
ratio decidendi
non risulta utilmente impugnata con la
censura in esame.
Parte ricorrente, nel riprodurre il testo dell’art. 3 dell’atto di
quietanza 22.3.1991, evidenzia essa stessa la bontà del
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decisum
nullità del contratto al sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.
del giudice laziale, poiché il riferimento al rapporto di cambio
risulta – a suo stesso dire
ancorato alla media dei valori
rilevati dalle borse di Milano e Roma al secondo giorno bancario
antecedente ciascuna scadenza –
conferma, a più forte ragione,
l’ancoraggio a parametri del tutto oggettivi della determinazione
E ciò a tacere della palese inammissibilità della introduzione di
un tema
(la variabilità del tasso nel corso della giornata di
riferimento)
prima ancora che irrilevante nell’economia della
convenzione negoziale di mutuo (la circostanza dell’oscillazione
in die del tasso non poteva non essere ben nota al contraente),
del tutto nuovo poiché mai apparentemente dibattuto in sede di
opposizione, senza che, in spregio al principio di
autosufficienza, sia dato modo alla Corte di accertare, dalla
lettura del motivo, in quale fase del giudizio di merito esso sia
stato, viceversa, tempestivamente sollevato ed illegittimamente
pretermesso o disatteso.
Con il quarto motivo,
si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.
per avere la sentenza impugnata, recependo le risultanze della
CTU, dichiarato legittima la richiesta di pagamento delle
commissioni di intermediazione dovuti dalla ricorrente per il
prestito estero contratto dalla banca per finanziare il mutuo per
il quale è processo.
La censura è infondata.
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del tasso.
Nell’agire in giudizio per ottenere la restituzione delle somme
mutuate, il creditore ha l’onere di provare gli elementi
costitutivi della domanda da cui derivi l’obbligo di restituzione
in capo al mutuatario e di allegare l’inadempimento della
controparte.
creditore stesso, nel giudizio di opposizione, spetta il solo
onere di dimostrare la validità ed efficacia del titolo esecutivo,
mentre è onere dell’opponente dimostrare l’esistenza di fatti
estintivi o impeditivi che, a quel titolo, tolgano in tutto o in
parte efficacia.
Con il quinto motivo,
si denuncia, infine
violazione e falsa
applicazione dell’art. 1194 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, in materia di mutui fondiario, accertata
l’indeterminatezza e/o indeterminabilità del tasso di interesse
convenzionale a seguito di CTU, le somme spontaneamente
corrisposte dal mutuatario in data anteriore alla notifica
dell’atto di precetto vadano interamente imputate prima al
capitale e solo successivamente agli interessi, posto che qualora
sia indeterminato e dunque illiquido il tasso di interesse, non
può operare il principio di cui all’art. 1194 c.c. della previa
imputazione del pagamento agli interessi, e dica, pertanto, se ha
errato la sentenza impugnata laddove, recependo acriticamente le
erronee risultanze della CTU, ha rideterminato il credito della
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Ciò risulta puntualmente avvenuto nel caso di specie, così che al
Banca mutuante imputando i pagamenti effettuali dalla debitrice in
data antecedente alla notifica dell’atto di precetto prima agli
interessi e poi al capitale.
Il motivo non può essere accolto.
La norma invocata si limita, difatti, a sancire un espresso
prima ancora che agli interessi, ma non contiene in alcun modo un
sia pur implicito criterio di imputazione che escluda l’obbligo di
prioritario pagamento degli interessi in assenza di determinazione
degli stessi. La mancanza del requisito della
determinatezza/determinabilità, nel caso di specie (che non
equivale ad assenza o caducazione della relativa obbligazione
accessoria) è stata ovviata, del tutto legittimamente, con il
ricorso al criterio del tasso legale, onde la piena e corretta
applicazione proprio della norma il cui precetto si assume oggi
violato.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in
complessivi E. 15.200, di cui E. 200 per spese.
Così deciso in Roma, li 12.6.2013
divieto, per il debitore, di imputare i pagamenti al capitale