Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7529 del 01/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7529 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 20796-2008 proposto da:
CAMMARANO ANTONIO CMMNTN49M18A460R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VIGLIENA 2, presso lo studio
dell’avvocato FALCONI AMORELLI ALESSANDRO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PESCA DONATO
giusta procura speciale a margine;
– ricorrente –

2014
290

contro

FEDON VANDA FDNVND38A45D330X,

FARIELLO ORNELLA

FRLRLL61R55A757R, FARIELLO PAOLA FRLPLA67H67A757Y,
tutti quali unici eredi di FARIELLO CLAUDIO,

1

Data pubblicazione: 01/04/2014

considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati
e difesi dall’avvocato PIZZUTI PASQUALE con studio in
BELLIZZI, VIA ROMA 175 giusta mandato in calce;
– controricorrenti –

CAMMARANO FERNANDO,

CAMMARANO IVANA,

CAMMARANO

GIUSEPPE, CAMMARANO LORENZO;
– intimati sul ricorso 21037-2008 proposto da:

CAMMARANO

FERNANDO

CMMFNN50A24A460K,

CAMMARANO

GIUSEPPE CMMGPP43S08A4600, CAMMARANO LORENZO
CMMLNZ46T21A460I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato
MIGLINO FRANCO, che li rappresenta e difende
unitamente

all’avvocato

MIGLINO ARNALDO

giusta

mandato a margine;
– ricorrenti contro

FEDON VANDA FDNVND38A45D330X,

FARIELLO ORNELLA

FRLRLL61R55A757R, FARIELLO PAOLA FRLPLA67H67A757Y,
tutti quali unici eredi di FARIELLO CLAUDIO,
considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati
e difesi dall’avvocato PIZZUTI PASQUALE con studio in
BELLIZZI, VIA ROMA 175 giusta mandato in calce;

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non chè contro

- controricorrenti –

avverso la sentenza n. 458/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO – SEZIONE AGRARIA, depositata il
06/05/2008, R.G.N. 25/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CARLEO;
udito l’Avvocato PASQUALE PIZZUTI;
udito l’Avvocato ARNALDO MIGLINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per la
cessazione della materia del contendere per il
ricorso principale, rigetto per il ricorso
incidentale;

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udienza del 04/02/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 14.7.1998 Fariello Claudio, premesso di essere
proprietario di un fondo rustico sito in Ascea, località
Cannuozzo, concesso in affitto a Cammarano Giuseppe, cui erano
subentrati i figli Lucio e Valentino, deduceva la morosità degli

chiedeva la risoluzione del contratto e la condanna dei
Cammarano al rilascio del fondo ed al pagamento dei canoni
scaduti; in via subordinata,chiedeva accertarsi la scadenza del
contratto per la data del 10.11.2000. Si costituivano Cammarano
Fernando, Ivana, Giuseppe e Lorenzo, figli di Cammarano
Valentino, deducendo la mancanza di un contratto di affitto e
spiegando riconvenzionale volta ad ottenere l’indennità per i
miglioramenti realizzati nel fondo; si costituiva altresì
Cammarano Antonio assumendo una posizione analoga. La domanda
riconvenzionale veniva dichiarata inammissibile perché
resistenti non avevano chiesto lo spostamento dell’udienza di
discussione. In esito al giudizio, il giudice adito rigettava il
ricorso e compensava le spese. Avverso tale decisione
proponevano appello Fedon Vanda, Fariello Paola ed Ornella,
quali eredi di Fariello Claudio ed in esito al giudizio, in cui
si costituivano Cammarano Ferdinando, Ivana, Giuseppe e Lorenzo
nonché Cammarano Antonio,la Corte di Appello di Salerno
sezione agraria-

con

sentenza depositata in data

6 maggio

2008 dichiarava risolto il rapporto di affitto agrario,
condannava i Cammarano al rilascio dell’immobile, libero e vuoto

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affittuari nel pagamento di varie mensilità. Ciò premesso,

da persone e cose per la data dell’11.11.2008, provvedeva infine
al governo delle spese. Avverso la detta sentenza, con atti
separati, hanno proposto ricorso per cassazione Cammarano
Antonio notificandolo il 7 agosto 2008 ed articolandolo in sei
motivi nonché Cammarano Fernando, Giuseppe, Lorenzo

Resistono con separati controricorsi illustrati da memoria la
Fedon nonchè Fariello Ornella e Paola.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve rilevarsi che i due ricorsi vanno
riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Sempre in via preliminare, procedendo all’esame del ricorso
proposto da Cammarano Antonio, mette conto di segnalare che le
controricorrenti hanno depositato una memoria ex art.378 cpc,
nella quale hanno comunicato che “la controversia 20796/08 R.G.
è stata conciliata nel senso che il ricorrente Cammarano Antonio
ha riconosciuto le giuste ragioni delle resistenti FarielloFedon rinunciando al proposto ricorso per cassazione e ricevendo
la somma di

14.000,00 per i miglioramenti apportati nella

qualità di affittuario”. Alla memoria è stato allegato un atto
del 27.3.2009, sottoscritto dalla stessa Fariello Ornella, in
proprio e nella qualità di procuratrice di Fedon Vanda e
Fariello Paola, nonchè da Cammarano Antonio, unitamente ai
rispettivi procuratori, in cui le parti dichiaravano di essere
addivenute

nella

determinazione

di

transigere

l’insorta

controversia e convenivano che il ricorso avanzato dal Cammarano

5

notificandolo 1’8.8.2008 ed articolandolo in 25 motivi.

e pendente innanzi la Suprema Corte di Cassazione sarebbe stato
“rinunciato ai sensi dell’art.390 cpc con spese integralmente
compensate”.
Ciò premesso, si deve rilevare che il ricorrente

non ha

depositato in cancelleria il preannunciato atto di rinuncia al

per cui non può farsi luogo alla pronuncia di estinzione del
processo ex art.391 cpc. L’atto allegato alla memoria di cui
sopra vale comunque a far ritenere cessato l’interesse alla
decisione del ricorso con conseguente declaratoria di
inammissibilità del gravame proposto da Cammarano Antonio per
sopravvenuta carenza dell’interesse alla decisione. Alla luce di
quanto sopra, sussistono giusti motivi per compensare tra il
ricorrente Cammarano Antonio, Fedon Vanda, Fariello Ornella e
Paola le spese del giudizio.
Passando al ricorso proposto da Cammarano Fernando, Giuseppe e
Lorenzo, va rilevato che le prime ragioni di doglianza svolte
dai ricorrenti (la prima, per violazione e falsa applicazione
degli artt.1146, 2697 cc. 49 legge 203/82; la seconda e la
terza, per vizi motivazionali; la quarta per inosservanza
dell’art.116 cpc; la quinta e la sesta, per vizi motivazionali)
si fondano sulla premessa che la successione nella detenzione a
titolo di affittuari non si verifica in base alla mera
successione universale nei confronti dell’affittuario defunto ed
alla mera disponibilità del terreno occorrendo invece la prova
che l’erede abbia esercitato prima della morte e continui ad

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ricorso, nel rispetto delle formalità previste dall’art.390 cpc,

esercitare dopo il decesso dell’ereditando attività agricola in
qualità di coltivatore diretto o di imprenditore a titolo
principale.
Nella specie, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente
omettendo di valutare se dalla deposizione della teste De Feo

subentro dei comparenti nel contratto; avrebbe trascurato, nel
valutare la credibilità della teste Fariello Emanuela, la
dichiarazione non veritiera sui rapporti fra suo padre e
Cammarano Valentino; avrebbe trascurato che la testimonianza de
relato actoris non può essere utilizzata e che, in particolare,
la testimonianza de relato del teste D’Amato non può avere alcun
rilievo, così come la mera ripetizione degli episodi vissuti in
prima persona non può confermare la deposizione di Fariello
Emanuela.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in
quanto, sia pure sotto diversi ed articolati profili,
prospettano un’unica censura concernente la pretesa erroneità
della decisione circa la ritenuta successione dei ricorrenti
nella detenzione a titolo di affittuari, sono in parte infondati
ed in parte inammissibili.
Ed invero, l’infondatezza deriva dal rilievo che la Corte di
merito, partendo dalla premessa che, in materia di contratti
agrari vale il principio generale della libertà di forme,
sancito dall’articolo 41 della legge n. 203 del 1982, e che, in
caso di decesso di alcuni affittuari di un unico fondo agricolo,

7

fr

Maria si potessero trarre gli elementi necessari in ordine al

il rapporto prosegue con gli eredi, se continuano ad esercitare
attività agricola sul fondo, è giunta a ritenere che dalle
risultanze processuali fosse emersa la piena prova circa la
sussistenza di un rapporto agrario fra i Fariello ed i
Cammarano, sulla base delle seguenti ragioni. In primo luogo,

quale aveva riferito, tra le altre cose, di aver assistito alla
consegna dell’olio, da parte di Cammarano Valentino alle zie di
Fariello Claudio; di aver tre-quattro volte, in concomitanza con
la campagna olearia, accompagnato il padre sul fondo Cannuozzo
ove aveva incontrato entrambi i due fratelli Cammarano, Lucio e
Valentino; di aver appreso dal padre che i Cammarano nel corso
degli anni avevano continuato a coltivare il fondo,
corrispondendo a Fariello Claudio, la resa dell’olio ogni anno.
La deposizione della Fariello era stata confortata dalla
deposizione di altro teste, D’Amato Vincenzo, il quale aveva
riferito, tra l’altro, di essere stato in due occasioni
incaricato da Fariello Claudio di recarsi presso le abitazioni
dei Cammarano al fine di riferirgli che l’indomani il Fariello
si sarebbe recato da loro per riscuotere l’olio. Altra utile
deposizione era quella di De Feo Maria, la quale aveva riferito
che l’intero fondo in questione era originariamente coltivato da
Cammarano Giuseppe, che a quest’ultimo erano subentrati dapprima
i figli Lucio e Valentino e successivamente i nipoti, parti
appellate nel giudizio de quo.

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occorreva tener conto della deposizione di Emanuela Fariello, la

Inoltre, gli elementi di prova, emergenti dalle testimonianze
raccolte, erano stati riscontrati oggettivamente dai seguenti
documenti: l) due lettere di vetture, datate 31.3.1980 e
20.3.1981, attestanti la spedizione, da parte di Cammarano
Valentino, presso la casa di abitazione di Fariello Claudio in

129; 2) alcune dichiarazioni sostitutive di atto notorio,
sottoscritte da Cammarano Lorenzo (il 24.3.1986, il 19.4.1989,
il 30.5.91)

e da Cammarano Antonio (1’11.10.1985, 29.1.88,

31.5.90)ed allegate alle istanze presentate per percepire gli
aiuti comunitari per l’olivicoltura, in cui il primo dichiarava
di coltivare in uso gratuito dal 1984 i terreni di proprietà
degli eredi Fariello ed il secondo dichiarava di coltivare a
titolo gratuito porzioni di terreno di proprietà Fariello.
Tutto ciò premesso, risulta pertanto evidente come la Corte
territoriale abbia argomentato adeguatamente sul merito della
controversia con una motivazione sufficiente, logica, non
contraddittoria e rispettosa della normativa in questione, sulla
base di numerosi e convincenti elementi di prova. Né d’altra
parte i ricorrenti sono riusciti ad individuare effettivi vizi
logici o giuridici nel percorso argomentativo dell’impugnata
decisione.

Ne

deriva

l’assoluta

infondatezza

dei

vizi

motivazionali addotti dai ricorrenti. Ma vi è di più. Invero,
il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al
Giudice di legittimità non consente la rivalutazione delle
risultanze probatorie poste dal giudice di merito a base della

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Vicenza, di due bidoni d’olio, rispettivamente di Kg 130 e Kg

decisione e che lo hanno portato ad una determinata soluzione
della questione esaminata. Infatti una revisione siffatta si
risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del
giudizio di fatto, riservato al Giudice del merito, e sarebbe
estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al Giudice di

Da ciò l’inammissibilità di quelle ragioni di censura, oggetto
di esame, le quali, sollecitando sia pure implicitamente una
nuova pronuncia sulle risultanze probatorie ritenute
sufficienti, valide e concludenti da parte della Corte di
secondo grado, trascurano che la valutazione delle risultanze
probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute
più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento
di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il
quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della
propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre,
nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di
altre, non incontra altro limite che quello di indicare le
ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto
ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale
ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva.
Con la conseguenza che resta preclusa ogni possibilità per la
Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione
delle risultanze degli atti di causa.
Passando all’esame delle successive censure, va rilevato che la
settima doglianza, per inosservanza dell’art.414 cpc; l’ottava

10

/

legittimità.

doglianza per inosservanza degli artt.414,421,437cpc, la decima
doglianza per inosservanza degli artt.414, 421,437 cpc (la cui
trattazione viene anticipata per comodità di trattazione), si
fondano sull’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del
giudizio di primo grado, di alcuni documenti,sull’omesso

decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi,
sulla considerazione che il giudice di appello non può attivare
i poteri istruttori ex art.421 cpc quando le risultanze
probatorie cui essi tendono avrebbero potuto già essere
perseguite dal ricorrente previa produzione di documenti già
disponibili al momento del deposito del ricorso.
Tali doglianze non colgono nel segno e vanno disattese. Se è
esatto infatti che l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo
del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito
degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la
decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, tale
regola trova un contemperamento – ispirato alla esigenza della
ricerca della “verità materiale”, cui è doverosamente
funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela
differenziata in ragione della natura dei diritti che nel
giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri d’ufficio
del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai
sensi del citato art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove
essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa,
poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a

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deposito degli stessi contestualmente a tale atto, sulla

fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del
contraddittorio delle parti stesse.
Passando all’esame del nono motivo, articolato sotto il profilo
della motivazione omessa, va rilevato che i ricorrenti hanno
lamentato che la Corte territoriale, dopo aver asserito che

deposizione della Fariello, si traeva dalle informative fornite
dall’A.I.CA, avrebbe poi mancato di precisare in cosa
consistesse tale elemento di riscontro.
La doglianza è priva del pur minimo fondamento risultando con
tutta evidenza dalla lettura dell’informativa in questione che
la comunicazione ivi contenuta (riguardante il fatto che
Cammarano Antonio e Cammarano Lorenzo si fossero riconosciuti
detentori a titolo gratuito dei fondi di Fariello Claudo ed
avessero percepito gli aiuti comunitari Aima) costituiva
elemento di sicuro riscontro della fondatezza della deposizione
della teste quando aveva affermato di aver appreso che i
Cammarano nel corso degli anni avevano continuato a coltivare il
fondo.
Sono

invece

inammissibili

le

due

successive

censure,

l’undicesima per inosservanza dell’art.437 e la dodicesima per
omessa motivazione, con cui i ricorrenti lamentano che la Corte
non avrebbe specificatamente motivato le ragioni che
giustificavano l’emissione delle ordinanze istruttorie del 19
aprile e del 15 novembre 2007, limitandosi ad esprimere
.

l’esigenza di addivenire ad una integrazione istruttoria.

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ulteriore elemento di riscontro della fondatezza della

L’inammissibilità deriva dal difetto di autosufficienza del
ricorso, avendo i ricorrenti omesso di specificare puntualmente
il contenuto delle ordinanze richiamate e di provvedere alla
loro integrale trascrizione. Ed invero, denunciata con il
ricorso la sussistenza di talune circostanze che risulterebbero

giudice di legittimità il relativo controllo, ha l’onere di
riportarne interamente il contenuto, non essendo sufficiente a
riguardo la mera deduzione e non essendo possibile sopperire a
tali lacune con indagini integrative, mediante l’accesso a fonti
esterne, che resta precluso alla Corte di cassazione. Il mancato
assolvimento dell’anzidetto onere, da parte del ricorrente,
comporta pertanto l’inammissibilità della censura.
Passando all’esame della tredicesima doglianza per violazione e
falsa applicazione degli artt.2730 e 2735 cc, va osservato che i
ricorrenti hanno lamentato l’erroneità della decisione per aver
trascurato che la dichiarazione contenuta in un atto sostitutivo
di notorietà non può essere qualificata come confessione
stragiudiziale se, nel momento in cui è formata, non configuri
un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante.
Inoltre – ed il rilievo sostanzia la quattordicesima doglianza
(violazione e falsa applicazione degli artt.2730-2735 cc) – la
dichiarazione contenuta in un atto sostitutivo di notorietà,
diretto ad un ente ai fini di una richiesta di agevolazioni
economiche in ordine alla produzione olearia di un coltivatore,
non può essere qualificata come una confessione stragiudiziale

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da determinati atti, il ricorrente, al fine di consentire al

fatta ad un terzo ex art.2735 cc che un soggetto estraneo alla
pratica possa invocare a proprio favore né il rilievo
sostanzia la quindicesima doglianza per violazione degli artt.4
legge 15/68 – può costituire elemento di prova in un processo
civile fra privati in quanto le prove devono essere raccolte nel

Infine – ed il rilievo dà contenuto alla sedicesima doglianza l’eventuale portata confessoria di una dichiarazione sostitutiva
non è valutabile dal giudice in quanto la stessa può essere
raggiunta con i mezzi di prova tipici previsti dalla legge. Le
doglianze, riportate nella loro essenzialità, e che vanno
trattate congiuntamente in considerazione dell’intima
connessione che le unisce, pur partendo da una premessa
corretta, sono infondate.
Ed invero, se è esatto che la dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà ha una mera attitudine certificativa e
probatoria, fino a contraria risultanza, solo nei confronti
della P.A. e in determinate attività o procedure amministrative,
per cui, in difetto di diversa, specifica previsione di legge,
nessun valore probatorio può essere a essa attribuito nel
giudizio civile caratterizzato dal principio dell’onere della
prova, è ugualmente corretto ritenere che possa costituire un
indizio, valutabile in relazione agli altri elementi acquisiti
(Cass.n.27173/2011) e possa costituire una dichiarazione
confessoria a natura stragiudiziale, come tale liberamente

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processo e con la partecipazione del giudice.

valutabile dal giudice quale prova, ai sensi dell’art. 2735,
primo comma, cod. proc. civ. (Cass.n.27042/2011).
Infatti,

se alle dichiarazioni sostitutive deve negarsi

qualsiasi rilevanza, sia pure indiziaria, nel processo civile,
qualora costituiscano l’unico elemento esibito in giudizio al

dell’eccezione, atteso che la parte non può derivare elementi di
prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell’onere
di cui all’art. 2697 cod. civ., da proprie dichiarazioni non
asseverate da terzi. (Cass.n.10191/2010), ogni valutazione muta
qualora la dichiarazione, rivolta a terzi, contenga
l’enunciazione di fatti obiettivi che possano rilevarsi a sé
sfavorevoli in altro contesto. In tale ipotesi, la dichiarazione
di scienza, riguardante un determinato fatto storico ovvero un
proprio comportamento, ben può avere l’efficacia di una
confessione stragiudiziale, come tale liberamente valutabile dal
giudice in relazione agli altri elementi acquisiti nel corso
della causa oppure quale unica fonte di prova ai fini della
formazione del suo convincimento.
Passando alla diciassettesima doglianza, per omessa motivazione,
va osservato che, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di appello
ha del tutto obliterato la risultanza emersa dalla deposizione
del teste Pica Mauro, secondo cui ogni convenuto coltivava in
autonomia un appezzamento diverso di terreno mentre la
valutazione di tale circostanza avrebbe consentito di
ricostruire i fatti di causa in modo diverso da quelli ritenuti

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fine di provare un elemento costitutivo dell’azione o

dal giudice. Peraltro, la detta omissione – il rilievo sostanzia
la diciottesima doglianza per insufficienza logica della
motivazione avrebbe propiziato anche l’illogicità della
motivazione con cui la Corte ha fatto discendere dalle
dichiarazioni sostitutive di Antonio e Lorenzo Cammarano effetti

Entrambe le doglianze sono infondate,

alla luce delle

considerazioni già svolte in precedenza, secondo cui la scelta
delle risultanze probatorie, ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via
esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento
del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza
essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola
risultanza processuale.
Passando alle successive doglianze, va osservato che la
diciannovesima (inosservanza degli artt.116, 416 cpc) si fonda
sulla considerazione che la Corte avrebbe sbagliato quando ha
affermato che il comportamento dei comparenti sarebbe stato tale
da corroborare il giudizio di sussistenza del rapporto agrario.
Il motivo è stato concluso con il seguente quesito -”

la

contestazione radicale degli assunti degli attori in un giudizio
agrario da parte dei convenuti

che

sostengono

che

relazione materiale con il terreno è di possesso
detenzione

la loro
e non

di

qualificata di natura affittuaria, non integra

per gli altri esponenti.

contegno processuale da cui desumere prove o argomenti di prova
contro gli stessi convenuti”.
La ventesima censura, per violazione e falsa applicazione degli
artt.2697, 2727 e 2729 cc, è conclusa con il seguente quesito
:”la contestazione radicale degli assunti del ricorrente che

assume possessore e non detentore qualificato-affittuario- del
fondo, non può costituire un fatto noto da cui inferire
argomenti di prova in ordine alla sussistenza del rapporto
invocato dal ricorrente, in quanto la contestazione è un fatto
suscettibile di togliere valore processuale all’allegazione
contestata e non già di corroborarne la veridicità”
La ventunesima censura per inosservanza degli articoli 116, 416
cpc, è conclusa con il seguente quesito di diritto: ”

l’art.416

cpc, nell’imporre al convenuto di prendere posizione in maniera
precisata e non limitata ad una generica contestazione circa i
fatti affermati dall’attore, non dispone che il convenuto abbia
l’onere di fornire tesi alternative a quelle proposte con
l’azione”
La ventitreesima censura per inosservanza degli articoli 116, 88
cpc – la cui trattazione viene anticipata per comodità di
esposizione – è conclusa con il seguente quesito di diritto:
“il contegno delle parti che nel processo può fornire argomenti
di prova ex art.116 cpc, è anche quello contrario al dovere di
lealtà di cui all’art.88 cpc, che risulta violato quando una
parte si serve di scritture private con le quali pretende un

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deduce l’esistenza di un rapporto agrario, da parte di chi si

rapporto obbligatorio di fitto agrario, la cui sottoscrizione è
stata falsamente apposta”
Tutte le censure riportate sono inammissibili perché i quesiti
di diritto, posti a loro corredo, non soddisfano neppure
minimamente le prescrizioni di cui all’art.366 bis del CPC.

orientamento di questa Corte, non può e non deve consistere in
un’affermazione di diritto astratta ed avulsa dal caso concreto
ma deve consistere in un interrogativo che deve necessariamente
contenere, sia pure sintetizzandola, l’indicazione della
questione di diritto controversa e la formulazione del diverso
principio di diritto rispetto a quello che è alla base del
provvedimento impugnato, di cui il ricorrente, in relazione al
caso concreto, chiede l’applicazione, in modo da circoscrivere
l’oggetto della pronuncia nei limiti di un accoglimento o di
rigetto del quesito stesso (Sez.Un. n.23732/07, n.20360 e
n.36/07.
Nella specie, i ricorrenti si sono invece limitati a prospettare
il solo principio che secondo il loro punto di vista si sarebbe
dovuto applicare, senza provvedere alla riassuntiva esposizione
dei fatti, senza indicare la regola di diritto applicata dal
giudice del merito, anzi senza neppure porre alcun quesito ma
chiedendo soltanto la condivisione delle tesi esposte nei
motivi. Ne deriva l’inammissibilità delle censure in questione.
Passando ad esaminare le ultime doglianze, va osservato che la
ventiduesima censura per insufficienza logica della motivazione,

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Ed invero, il quesito di diritto, secondo il consolidato

è conclusa con il seguente momento di sintesi: “è

insufficiente

dal punto di vista razionale la motivazione là ove ritiene che
la

deduzione,

da parte dei comparenti, di una situazione

possessoria che esclude la detenzione fondata sul titolo agrario
azionato da Fariello Claudio, non sia alternativa alla tesi di

domanda di risoluzione e rilascio del fondo sulla sussistenza di

un rapporto agrario, logica vuole che sia assolutamente
alternativa a questa ipotesi quella, proposta dagli esponenti,
che la mette radicalmente in discussione.
La ventiquattresima censura per insufficienza logica della
motivazione, è conclusa con il seguente momento di sintesi:

“la

produzione in giudizio delle scritture de quibus, per l’attività
processuale cui hanno dato luogo ed i risultati inerenti alla
verificazione delle stesse, non
trascurate dal
suscettibili di

giudice che,

possono essere assolutamente

al cospetto di documenti apocrifi,

rilevanza penale, deve esprimere valutazioni in

ordine alla sussimibilità dei fatti processuali

negli

articoli

116 – 88 cpc”
L’ultima censura per omissione di motivazione, è conclusa con il
seguente momento di sintesi:
interrogatori dei

“le trascritte

risultanze degli

testi dei resistenti non sono state in alcun

modo valutate e messe in relazione con le altre emergenze
dedurne

un mero giudizio di

deposizioni

testimoniali su cui è

istruttorie, sia pure per
recessività rispetto alle
fondata

la sentenza impugnata. La valutazione delle prove in

19

quest’ultimo. Il giudice dovrà considerare che, fondandosi la

questione conduce al giudizio di una sussistenza di una
relazione di fatto con gli appezzamenti di causa, di natura
possessoria e dunque del tutto diversa da quella, di detenzione
qualificata, prospettata dagli appellanti, sicchè conduce al
ribaltamento del giudizio reso dalla Corte salernitana”

sottolineare che il ricorrente, che denunci un vizio di
motivazione della sentenza impugnata è tenuto ad indicare, nel
c.d. quesito di fatto, chiaramente anche se in modo sintetico,
il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione. L’indicazione del fatto controverso
in maniera univoca e precisa è indispensabile nella misura in
cui consente alla Corte di individuare quali siano le
circostanze, non esaminate o comunque trascurate dal giudice del
merito, che ad avviso del ricorrente con un giudizio di
certezza e non di mera probabilità, avrebbero potuto condurre ad
una decisione diversa da quella adottata.
Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno provveduto ad
indicare, in modo non equivoco, quali sarebbero stati tali
fatti. Ciò posto, poiché il requisito in parola non può
ritenersi rispettato quando solo la completa lettura
dell’illustrazione del motivo, all’esito di una interpretazione
svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte
ricorrente, consenta di comprendere il contenuto ed significato

20

Anche tali censure sono inammissibili. A riguardo, occorre

delle censure, ne deriva l’inammissibilità anche di queste
ultime doglianze.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle
censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del

rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri
di cui al D.M. n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso
proposto da Cammarano Antonio, rigetta il ricorso proposto da
Cammarano Fernando, Cammarano Giuseppe e Cammarano Lorenzo,
compensa le spese del presente giudizio tra Cammarano Antonio e
le contro ricorrenti, condanna gli altri ricorrenti Cammarano
Fernando, Cammarano Giuseppe e Cammarano Lorenzo, in solido, al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
complessivi C 5.200,00 di cui

e

5.000,00 per compensi, oltre

accessori di legge, ed C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Rom in camera di Consiglio in data 4.2.2014

ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido alla

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