Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7525 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 17/03/2021), n.7525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 278-2020 proposto da:

D.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO RAVAZZOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA – SEZIONE

DI PADOVA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici

domicilia ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 9619/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 12/11/2019 R.G.N. 13337/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 9619/2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso proposto da D.L., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria dallo stesso avanzata;

2. dal decreto emerge che il D. ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con le minacce ricevute dal padre che, di religione musulmana, voleva costringerlo ad abbracciare tale fede e ad abbandonare la fede (OMISSIS) alla quale egli apparteneva, come pure la madre che era morta; rifugiatosi nel villaggio della nonna materna e subito un tentativo di aggressione da parte di emissari del padre, si era indotto a fuggire in Libia dove si trovava uno zio; durante il tragitto era stato malmenato e, persi i contatti con lo zio, aveva, infine, deciso di venire in Italia;

3. il Tribunale ha escluso i presupposti per l’accoglimento del ricorso osservando: quanto allo status di rifugiato, che il richiedente non aveva assolto all’onere probatorio, pur attenuato, su di esso gravante e che, in particolare, la complessiva narrazione era risultata poco credibile; quanto alla protezione sussidiaria, che non era stata allegato il ricorrere dell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e che l’assenza di credibilità del narrato escludeva la configurabilità di una situazione riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. b; quanto all’ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. C che le fonti consultate escludevano la esistenza di un conflitto armato interno – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – che crei una situazione di indiscriminata violenza che possa coinvolgere il ricorrente; quanto alla protezione umanitaria che non erano emerse, specifiche ragioni di vulnerabilità in caso di rientro nel paese di origine;

4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso D.L. sulla base di tre motivi;

5. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva;

5. è stata depositata rinunzia agli atti del giudizio sottoscritta dal D. con firma autenticata dal difensore.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. parte ricorrente non ha offerto prova della notifica a controparte dell’atto di rinunzia per cui non può farsi luogo alla dichiarazione di estinzione del processo;

2. come ripetutamente affermato da questa Corte, in assenza dei requisiti di cui all’art. 390 c.p.c., u.c. (notifica alle parti costituite o comunicazione agli avvocati delle stesse per l’apposizione del visto), l’atto di rinunzia, sebbene non idoneo a determinare l’estinzione del processo, denota il venire meno definitivo di ogni interesse alla decisione e, comporta, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, salvo che la controparte manifesti la volontà di ottenere, comunque, la pronuncia sull’oggetto del contendere (cfr. Cass. n. 2259 del 2013, Cass. n. 11606 del 2011, ss. uu. n. 3876 del 2010, n. 23685 del 2008, n. 3456 del 2007, n. 24514 del 2006, n. 15980 del 2006, n. 22806 del 2004), ipotesi questa non ricorrente nella fattispecie;

3. a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

4. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

5. non sussistono i presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, con riferimento alla statuizione di inammissibilità sopravvenuta del ricorso (ex plurimis Cass. n. 23175 del 2015, n. 13636 del 2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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