Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7525 del 08/03/2022
Cassazione civile sez. III, 08/03/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 08/03/2022), n.7525
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35344/2019 proposto da:
O.A.A., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato SALVATORE CENTONZE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 16/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/10/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. – Con ricorso affidato a tre motivi, O.A.A. (alias B.), cittadino di origine (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Lecce, comunicato il 24 ottobre 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.
2. – Il Tribunale di Lecce, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: a) il racconto del richiedente (esser fuggito, in quanto segretario del partito (OMISSIS), dal Paese d’origine, dapprima in Libia, poi in Italia, per timore di esser perseguitato a causa degli scontri occasionati dalla contestazione dei risultati elettorali del 2012) non giustificava il riconoscimento dello status di rifugiato, sulla scorta del rilievo per cui “il richiedente riferiva esclusivamente di scontri avvenuti in occasione dei risultati delle elezioni tenutesi a gennaio 2012, cui, poi, (era) seguita una rinnovazione degli organi di governo e un insediamento dei candidati sostenuti dal suo partito di appartenenza”; b) non potevano riconoscersi le forme di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; c) non poteva riconoscersi la protezione umanitaria, poiché “i fatti narrati non (consentivano) di ritenere accertato che il richiedente (versasse) in una situazione di vulnerabilità”.
3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.
4. – Il ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. – Con il primo motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, ossia le “dichiarazioni (trascritte nel corpo del motivo) rese dall’interessato in sede di audizione personale innanzi alla Commissione territoriale”, dimostrative della inadeguatezza della valutazione del primo giudice in ordine al pericolo di persecuzione riscontrabile per il caso di rientro del ricorrente nel Paese d’origine.
2. – Con il secondo motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ossia le trascritte dichiarazioni, rese dal richiedente, dinanzi alla commissione territoriale, le quali fornirebbero contezza del “danno grave” cui l’odierno ricorrente sarebbe esposto per il caso di rimpatrio.
2.1. – Il primo e il secondo motivo sono inammissibili.
Con essi motivi non è colta, in ordine al diniego delle invocate forme di protezione, internazionale e sussidiaria, la ratio decidendi posta a fondamento delle relative statuizioni impugnate, ossia l’inattualità del timore di esser perseguitato o di subire un grave danno per il caso di rimpatrio, e tanto sulla scorta del rilievo del giudice del merito per cui le elezioni politiche, tenutesi successivamente agli scontri dedotti ad oggetto del racconto del ricorrente, erano culminate proprio nel successo politico del suo partito di appartenenza.
3. – Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, nonché del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e art. 35 bis, comma 9, per aver omesso il giudice del merito di adempiere, in punto di riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria, al proprio dovere di accertamento officioso sulla situazione oggettiva del Paese d’origine, per non essersi il ricorrente “limitato a dire che sarebbe stato felice di restare in Italia, ma (…) di essere fuggito dalla sua città perché in pericolo di vita, di aver subito minacce, di avere visto i suoi compagni feriti”.
3.1. – Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Esso difetta di specificità, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della statuizione di mancato riconoscimento della protezione umanitaria, ossia l’assenza di allegazione d’una condizione di vulnerabilità soggettiva, indice della privazione, per il caso di rimpatrio, dei diritti fondamentali dell’odierno ricorrente.
Ne’ la carenza di specificità delle censure veicolate con il ricorso può essere emendata con le deduzioni della memoria successivamente depositata, che ha funzione solo illustrativa di quelle già proposte (tra le molte, Cass. n. 17893/2020).
4. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022