Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7525 del 01/04/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 7525 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 18522-2011 proposto da:
MARSI GABASSI SYLVIA MRSSLV49R55L424J, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo
studio dell’avvocato NUZZO MARIO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato PADOVINI FABIO
giusta delega a margine;
– ricorrente –

, 2014
contro

183

FINAZZER ERARDO FNZRRD34A10Z102S, CORRADINI SIMONE
CRRSMN72E03G337R,

FINAZZER

CORRADINI

FNZFRC72L58L483Q,

GABASSI

FINAZZER

1

FEDERICA
ANNAMARIA

Data pubblicazione: 01/04/2014

GBSNMR46A43L483I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA G.AVEZZANA 31, presso lo studio dell’avvocato DE
DOMINICIS TOMMASO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DIEGO MARIO giusta delega in
calce;

avverso la sentenza n. 59/2011 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 07/02/2011 R.G.N.
192/C/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/01/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato FABIO PADOVINI;
udito l’Avvocato TOMMASO DE DOMINICIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

– controricorrenti –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 30 aprile 2002 Sylva Marsi
Gabassi esponeva che nel 1981, essendo farmacista abilitata
ed intendendo acquistare una farmacia in Aquilinia nel Comune
di Muggia, allora in proprietà del dott. Giuliano Barbo, ne

manifestò l’intenzione di acquistare in prima persona la
farmacia, intestandone la proprietà ad essa attrice, non
essendo egli farmacista. Dopo la stipula di un preliminare,
la Gabassi stipulava l’acquisto della farmacia; con
scrittura, successivamente distrutta dal Finazzer, questi
riconosceva che la farmacia era stata acquistata nel suo
interesse allo scopo di fare propri i profitti della
farmacia, dove lavorava soltanto essa attrice, e le imponeva
la stipulazione di un fittizio contratto di associazione in
partecipazione con sua moglie Annamaria Finazzer, in forza
del quale si garantiva la metà degli utili. Due anni dopo il
cognato otteneva di novare il rapporto e di stipulare un
preliminare di compravendita con cui essa attrice si
impegnava a vendergli ed il cognato ad acquistare per sé o
persona da nominare la farmacia, dandosi reciprocamente atto
dell’avvenuto pagamento per lire 100 milioni nonché un nuovo
contratto di associazione in partecipazione. Il Finazzer
otteneva altresì che la cognata conferisse una procura

3

aveva parlato con il cognato rag. Erardo Finazzer, il quale

speciale a vendere al ragionier Paolo D’Agnolo e a sua moglie
Annamaria Finazzer. Negli anni successivi le parti avevano
sottoscritto atti di proroga dell’associazione in
partecipazione e del termine per la stipulazione del
contratto definitivo. Ciò premesso, l’attrice conveniva

Gabassi Finazzer, Federica Finazzer Corradini, Simone
Corradini e Paolo D’Agnolo chiedendo che fosse dichiarata la
“nullità e/o inefficacia” del contratto preliminare stipulato
in data 4 giugno 1984, con il quale aveva promesso ad Erardo
Finazzer di vendere la propria farmacia a persona da questi
indicata, nonchè del successivo contratto preliminare del 10
gennaio 1993, di analogo contenuto e “della sua successiva
proroga del 7 marzo 1997 e dei coevi atti modificativi ed
integrativi. Ciò, in quanto si trattava di atti nulli perchè
in contrasto con gli artt. Il e 12 L. 02/04/1968 n. 475 che
vietano il trasferimento della proprietà della farmacia a
persona priva dei requisiti di legge”. Inoltre, chiedeva
dichiararsi la nullità e/o inefficacia dei contratti di
associazione in partecipazione del 27/04/1982, 04/06/1984, 30
marzo 1987, 10 gennaio 1993, 31 dicembre 1997, conclusi i
primi tre con Erardo Finazzer e gli altri due con Federica
Finazzer per non avere gli associati prestato alcun apporto
nè in denaro nè in opere, con conseguente condanna degli

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davanti al Tribunale di Trieste Erardo Finazzer, Annamaria

associati alla restituzione degli utili percepiti. Si
costituivano Erardo Finazzer e Simone Corradini contestando
la fondatezza della domanda attorea e chiedendo, in via
riconvenzionale, che fosse pronunciata sentenza traslativa
della proprietà della farmacia indicando nella persona del

per l’esercizio di una farmacia, la persona a cui doveva
essere effettuato il trasferimento. Con altra comparsa di
risposta si costituivano Annamaria Gabassi Finazzer e
Federica Finazzer Corradini chiedendo il rigetto della
domanda attrice. Non si costituiva invece Paolo D’Agnolo,
sebbene ritualmente citato. La causa, senza assunzione di
mezzi di prova, veniva decisa con sentenza n. 170/2005 con
cui il Tribunale di Trieste rigettava le domande proposte
dall’attrice; in accoglimento della domanda riconvenzionale
proposta da Erardo Finazzer e Simone Corradini, trasferiva
dalla dott.ssa Sylva Marsi Gabassi al Dott. Simone Corradini
la proprietà della farmacia corrente in Muggia Via Flavia di
Aquilinia 39/c; condannava l’attrice alla rifusione in
favore dei convenuti costituiti delle spese di lite. Avverso
tale decisione proponevano appello, la soccombente in via
principale, e Erard Finazzer, Annamaria Gabassi Finazzer,
Simone Corradini e Federica Corrafini Finazzer, in via
incidentale. In esito al giudizio, la Corte di Appello di

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dottor Simone Corradini, in possesso dei requisiti di legge

Trieste con

sentenza depositata in data

7 febbraio 2011

respingeva l’appello principale ed in accoglimento di quello
incidentale condannava la Marsi Gabassi al risarcimento del
danno da ritardo nella stipula del contratto di cessione
della farmacia dal 30 aprile 2002; condannava la stessa alla

sentenza ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato
in cinque motivi. Resistono con controricorso Erardo
Finazzer, Annamaria Gabassi Finazzer, Simone Corradini e
Federica Corrafini Finazzer. Le parti hanno depositato
memorie illustrative a norma dell’art.378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa
applicazione degli artt.11 legge 475/1968, 1703, 1418, 1344 e
1234 cc, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata
nella parte in cui la Corte di Appello ha negato che possa
essere applicato alla fattispecie del contratto oggetto di
novazione il divieto dei contratti in frode alla legge
integrata dalla elusione della disciplina inderogabile sulla
titolarità qualificata delle farmacie. Ed invero, attualmente
la titolarità può essere attribuita anche a società ma
soltanto ove di persone ed ove formate da farmacisti
abilitati. Inoltre, avrebbe errato la Corte quando assume che
il negozio novativo sia insensibile rispetto alla invalidità

6

rifusione delle spese di secondo grado. Avverso la detta

del precedente negozio oggetto di novazione e quando ritiene
valido un mandato senza rappresentanza all’acquisto di una
farmacia quando non sia mandante un farmacista.
Con la seconda doglianza, svolta per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, la ricorrente ha dedotto che la

al fatto, risultante dagli atti di causa (confessione
stragiudiziale di Erardo Finazzer in una missiva dell’aprile
1984; testimonianze dei testi Giona e Batic, Gabassi) che
l’acquisto della farmacia da parte di essa Marsi era avvenuto
sulla base di un mandato senza rappresentanza, conferitole
dal cognato Finazzer, effettivo acquirente, e che essa Marsi
aveva assunto il mero ruolo di prestanome, onde l’illiceità e
la nullità della novazione.
Con la terza doglianza, articolata sotto il profilo della
violazione e/o falsa applicazione degli artt.11 legge
475/1968, 1414, 1417, 2549 la ricorrente ha dedotto che la
Corte di Appello avrebbe errato quando assume che il mandato
senza rappresentanza concluso fra la Marsi ed rag.Finazer
sarebbe lecito. Al contrario, all’illeceità di un contratto
di siffatto contenuto e dei contratti novativi di esso o
collegati ad esso consegue l’applicabilità della norma di cui
all’art.1417 cc sulla prova della simulazione.

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Corte di merito non avrebbe motivato adeguatamente in ordine

Inoltre

ed in tale rilievo si sostanzia la quarta

doglianza, articolata sotto il profilo della motivazione
insufficiente – la Corte territoriale sarebbe incorsa nel
vizio dedotto per non aver argomentato in maniera adeguata
circa la negazione della natura simulata dei contratti di

proprietario sostanziale della farmacia, degli utili
realizzati, al netto di una remunerazione in favore della
farmacista, titolare apparente della farmacia.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in
quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili,
prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro,
sono infondati e devono essere disattesi alla luce delle
seguenti considerazioni.
Gli artt. 11 e 12 della legge 2 aprile 1968 n.475 postulano
rispettivamente che il titolare della farmacia abbia la
gestione diretta e personale dell’esercizio e dei beni
patrimoniali della farmacia (art.11) e che il trasferimento
della titolarità della farmacia abbia luogo a favore di un
altro farmacista, che abbia conseguito la titolarità o sia
risultato idoneo in un precedente concorso (art.12).
Ciò, in quanto l’osservanza di tali requisiti è necessaria
al fine di assicurare che la titolarità delle farmacie spetti
a persone qualificate sul piano professionale ed iscritte ad

8

associazione concepiti per mascherare l’attribuzione, al

un ordine professionale, così da essere tenute a rispettare
le relative regole giuridiche e deontologiche, e che la
gestione delle farmacie e dei relativi servizi e beni sia
affidata, nell’interesse della salute collettiva, agli stessi
professionisti, in modo da evitare che le farmacie possano

così da essere tentati di pregiudicare gli interessi della
comunità, ove siano in conflitto con il perseguimento del
loro maggior guadagno.
Ma, fermo il rispetto di tali requisiti, ogni figura
contrattuale che conferisca a terzi solo diritti di
partecipazione economica nell’ambito dell’attività di una
farmacia, lasciandone la titolarità, l’amministrazione e la
gestione ad un farmacista, che abbia conseguito la titolarità
o sia risultato idoneo in un precedente concorso, non viola
assolutamente la previsione di cui agli artt. 11 e 12 della
legge 2 aprile 1968, n. 475.
Ed invero, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, ”
in tema di esercizio di farmacia, il contratto di
associazione in partecipazione tra il titolare del servizio,
in qualità di associante, ed un terzo e, in generale, i patti
che conferiscono a terzi solo diritti di cointeressenza
economica, lasciando all’associante la titolarità,
l’amministrazione e la gestione della farmacia, non si

9

far capo ad imprenditori animati solo da intenti lucrativi

pongono in contrasto con gli artt. 11 e 12 della legge 2
475,

aprile 1968, n.
titolarità

dell’impresa

responsabilità

del

che vietano la scissione della
della

e

servizio

sua

gestione

farmaceutico.

(Cass.

dalla
n.

14808/2006).

corrispettivo di finanziamenti occorrenti per la sua
attività, si impegni al versamento di una percentuale degli
utili netti (cointeressenza) non incorre in sanzione di
nullità, sotto il profilo della violazione dell’inderogabile
principio della inscindibilità della titolarità della
farmacia dalla titolarità della gestione del relativo
servizio e dell’azienda la disposizione dell’art. 12 della
legge 2 aprile 1968 n. 475, che consente il trasferimento
della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari
requisiti (v. Cass. n. 4996/1991).
La premessa torna utile poiché, nel caso di specie,
come è stato riconosciuto dalla stessa ricorrente, in
farmacia lavorava soltanto la dott.ssa Sylva Marsi Gabassi,
già farmacista abilitata, ed il contratto di associazione in
partecipazione, stipulato con la moglie del rag. Finazzer,
consentiva a quest’ultimo la mera possibilità di garantirsi
la metà degli utili (v. pag. 4 paragrafo f) del ricorso per
cassazione).

10

Parimenti, il contratto, con il quale il farmacista, in

Deve pertanto escludersi ogni ipotesi di ricorrenza di frode
alla legge, la quale, come è noto si realizza soltanto ove si
manifesti una divergenza fra la causa tipica dell’atto
negoziale e la determinazione causale del suo autore
indirizzato alla elusione dei una norma imperativa,

assolutamente insussistenti.
Ugualmente, deve ritenersi l’assoluta validità dei contratti
preliminari di compravendita in questione, con cui la
ricorrente si impegnava a vendere al Finazzer (che per sé o
persona da indicare si impegnava ad acquistare) la farmacia
di Aquilinia, in quanto la disposizione dell’art. 12 della
legge 2 aprile 1968 n. 475, che consente il trasferimento
della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari
requisiti, non impedisce affatto la stipulazione di un
contratto preliminare di compravendita delle farmacia
condizionato alla futura acquisizione dei requisiti di legge
da parte del promittente acquirente o di un terzo a favore
del quale il contratto preliminare sia destinato ad operare e
che lo stipulante si riservi di indicare” (Cass. n.7026/95,
n.4996/91).
La

conclusione

rassegnata

comporta

inevitabilmente

l’assorbimento di ogni questione, relativa all’allegata – ma
non provata – esistenza di un mandato senza rappresentanza,

11

divergenza ed elusione che nella specie devono ritenersi

concluso nel 1982 tra la ricorrente ed il cognato, così come
rende irrilevante il profilo di doglianza con cui la
ricorrente ha dedotto che la Corte avrebbe errato quando
assume che il negozio novativo sia insensibile rispetto alla
invalidità del precedente negozio oggetto di novazione.

contratti di associazione in partecipazione sarebbero frutto
di

simulazione

perché

concepiti

per

mascherare

l’attribuzione, al proprietario sostanziale della farmacia,
degli utili realizzati, al netto di una remunerazione in
favore della farmacista, titolare apparente della farmacia.
Ed invero, come ha adeguatamente argomentato la Corte di
merito con una motivazione precisa e coerente, a parte
l’inesistenza di una controscrittura che provi la simulazione
dell’associazione in partecipazione,

la lettura della

scrittura del 4 giugno 1984 dimostra l’effettiva volontà
delle parti di dar corso all’associazione,come risulta
confermato da numerosi documenti di causa e dalle prove
acquisite. Né d’altra parte il motivo del ricorso in esame,
volto con tutta evidenza a sollecitare una nuova ed
inammissibile rivalutazione delle prove, è riuscito ad
individuare effettivi vizi logici o giuridici nel percorso
argomentativo dell’impugnata decisione. Giova aggiungere
inoltre che il controllo di logicità del giudizio di fatto –

12

Né merita rilievo l’assunto della ricorrente secondo cui i

consentito al Giudice di legittimità non equivale alla
revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione
che ha condotto il Giudice del merito ad una determinata
soluzione della questione esaminata: invero una revisione
siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova

merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione
assegnata dall’ordinamento al Giudice di legittimità. (così
Cass.n.8808/08 in motivazione).
Resta infine da esaminare l’ultimo motivo di ricorso per
violazione e falsa applicazione dell’art.278 cpc e per omessa
ed insufficiente motivazione, con cui la ricorrente ha
censurato l’accoglimento dell’appello incidentale. La
decisione sarebbe censurabile – così, in sintesi, la
doglianza – perché la condanna generica può essere
pronunciata solo ove sia stata raggiunta la prova piena della
sussistenza del danno e sia incerta soltanto la
quantificazione: nel caso di specie, non vi sarebbe prova di
effettive perdite patrimoniali.
La censura non coglie nel segno e deve essere disattesa.
Invero, la condanna generica al risarcimento dei danni, sia
essa oggetto di autonomo giudizio, ovvero di quello che
prosegue per la determinazione del quantum, presuppone
soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso,

13

formulazione del giudizio di fatto, riservato al Giudice del

in base ad un accertamento anche di probabilità o di
verosimiglianza, mentre la prova dell’esistenza in concreto
del danno, della sua reale entità e del rapporto di causalità
è riservata alla fase successiva di determinazione e di
liquidazione, sicché la pronuncia sulla responsabilità si
configura come una mera

declaratoria juris, da cui esula

qualunque accertamento in ordine alla misura ed alla concreta
sussistenza del danno, con la conseguenza che il giudicato
formatosi sulla responsabilità non incide sul giudizio di
liquidazione.
In definitiva, integrando un accertamento di potenziale
idoneita’ lesiva di quel fatto, e non anche l’accertamento
del fatto effettivo, la condanna generica non impedisce che
sia riconosciuta l’infondatezza della pretesa risarcitoria,
ove si accerti che in realta’ nessun danno si sia verificato
o che quello esistente non sia eziologicamente ricollegabile
al fatto illecito accertato

(ex multis

Sez. Un. n.8545/93,

Cass.n.6257/2002, Cass. n.9709/2003,n.6717/2004).
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle
censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto
del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione
delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come
in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al

.-

D.M. n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che

13.200,00 di cui E 13.000,00 per compensi, oltre accessori di
legge, ed C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 22.1.2014

liquida, a favore dei contro ricorrenti, in complessivi C

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