Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7524 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.23/03/2017),  n. 7524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5550/2015 proposto da:

COSMIN COSTRUZIONI MANUTENZIONI INDUSTRIALI S.P.A. P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI, 23, presso lo studio

dell’avvocato PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIUSEPPE MACCIOTTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.A. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato LUIGI MARCIALIS, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 405/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 29/11/2014 R.G.N. 18/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito l’Avvocato FIECCHI PAOLA per delega verbale Avvocato MACCIOTTA

GIUSEPPE;

udito l’Avvocato MARCIALIS LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Cagliari, con la sentenza n. 405/2014, ha riformato la pronuncia n. 1198/2013 del Tribunale della stessa città e ha dichiarato ingiustificato il licenziamento comunicato dalla Cosmin Costruzioni Manutenzioni Industriali spa (da ora Cosmin spa) ad S.A. con lettera del 28.10.2010; ha ordinato alla società di reintegrare il lavoratore in servizio con il pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino al saldo nonchè dei contributi previdenziali; ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dalla Cosmin spa nonchè l’intervento della Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili.

2. La Corte territoriale, in sintesi, ha ritenuto fondato l’appello del lavoratore (assunto nel 2004 a titolo di avviamento agevolato al lavoro dei soggetti invalidi ai sensi della L. n. 68 del 1999, e licenziato per giustificato motivo oggettivo a causa dell’aggravamento delle condizioni di salute che rendeva impossibile il suo utilizzo in qualsiasi attività aziendale) con riferimento alla lamentata violazione della L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, sottolineando che il principio secondo cui la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore integrasse una impossibilità oggettiva della prestazione si applica alla generalità dei rapporti di lavoro ma non a quelli costituiti a titolo di avviamento privilegiato degli invalidi ai sensi della L. n. 68 del 1999. Inoltre ha specificato che il giudizio emesso dalla commissione istituita ex L. n. 104 del 1992, di cui nel caso di specie non era stata dedotta l’erroneità, e quello emesso dal Servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro della ASL n. (OMISSIS) ai sensi della L. n. 81 del 2008, art. 41, comma 4, anche esso non contestato, si erano pronunciati sull’idoneità del S. alla mansione di operarlo di 2° livello con mansioni di aiuto meccanico, sia pure con particolari esclusioni, e dall’istruttoria espletata non era emersa l’impossibilità di un utilizzo del lavoratore. Infine, quanto all’appello incidentale, la Corte ha precisato che essa aveva ad oggetto non una statuizione della sentenza di I grado ma unicamente un passaggio della motivazione e, pertanto, era inammissibile.

3. Per la cassazione propone ricorso la Cosmin spa affidato a due motivi.

4. Resiste con controricorso S.A..

5. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo la società denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, precisando che le affermazioni sul punto della Corte di merito contrastavano con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità alla normativa sul collocamento obbligatorio perchè, in caso di aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore disabile, il datore di lavoro non era tenuto a modificare o adeguare, sostenendo costi aggiuntivi, la sua organizzazione aziendale alle condizioni di salute del lavoratore protetto nè, in particolare, a creare per lui in nuovo posto di lavoro. E, nel caso in esame, era stato ampiamente provato l’impossibilità del reimpiego del S., all’interno della propria azienda complessivamente considerata, “in attività riconducibile a mansioni compatibili con la sua residua idoneità fisica, sia pure ipotizzando una ridistribuzione degli incarichi tra i lavoratori già in servizio”.

7. Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, e la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 ccper avere la gravata sentenza dato atto che l’accertamento dell’idoneità o meno degli invalidi di servizio assunti con la relativa forma di collocamento obbligatorio, è oggetto di un accertamento demandato alla commissione prevista dalla L. n. 104 del 1992, art. 4. Obietta, invece, la società che la suddetta statuizione non tiene conto che comunque il datore di lavoro è responsabile ex art. 2087 c.c., e non può in ogni caso adibire il lavoratore a mansioni incompatibili con il suo stato fisico, anche in presenza di un giudizio vincolante del collegio medico.

8. Il primo motivo è infondato.

9. La Corte territoriale si è correttamente attenuta al principio, condiviso da questo Collegio e al quale si intende dare continuità, espresso dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (sent. n. 15269 del 12.9.2012), secondo cui “il licenziamento dell’invalido, assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza della perdita totale della capacità lavorativa, ovvero di una situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, il cui accertamento compete all’apposita commissione medica prevista dalla L. n. 104 del 1992, cui spetta, altresì, la verifica dell’impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, il disabile all’interno dell’azienda”.

10. Il giudizio emesso il 10.5.2010 dalla Commissione istituita ex L. n. 104 del 1992, è stato il seguente: “Idoneo alla mansione di operarlo di 2^ livello con mansioni di aiuto meccanico. Esclusione di attività che prevedano l’operare in condizioni in cui necessiti una valida funzione streoscopica (luoghi ristretti, irregolari, conduzioni di mezzi meccanici; esclusione dalla movimentazione manuale dei carichi)”.

11. I giudici di seconde cure con argomentazioni conformi al principio sopra indicato hanno, quindi, precisato che: 1) tale accertamento non è stato contestato dalle parti; 2) non era stato previsto un giudizio di inidoneità totale al lavoro; 3) non erano ravvisabili situazioni di pericolo o di rischio essendo stato l’accertamento della Commissione reso con piena cognizione della realtà aziendale in quanto furono presentate, oltre al documento di valutazione dei rischi, varie schede informative sulle mansioni di aiutante meccanico, il parere del responsabile aziendale per la sicurezza e i documenti descrittivi degli ambienti di lavoro.

12. Gli stessi giudici, poi, analizzando l’istruttoria dedotta in causa, con una valutazione probatoria di esclusiva spettanza delle fasi di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27197/2011; n. 6288/2011), hanno sottolineato che non era emersa l’impossibilità di un utilizzo limitato del lavoratore nella realtà aziendale: limitazioni, del resto, compatibili con la ratio delle L. n. 68 del 1999, e L. n. 482 del 1968, che era quella di privilegiare il collocamento degli invalidi nel mondo del lavoro a fronte, peraltro, di sgravi contributivi e di altri aiuti economici per i datori di lavoro che assumono disabili (vedi L. n. 68 del 1999, art. 13).

13. Alcuna violazione della L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, da parte della Corte di appello di Cagliari è ravvisabile nel caso de quo alla stregua della interpretazione datane dalla giurisprudenza della Suprema Corte sopra richiamata.

14. Anche il secondo motivo non è fondato.

15. Non vi è contrasto tra la L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, nell’interpretazione adottata dai giudici di merito, secondo cui il giudizio delle Commissioni mediche L. n. 104 del 1992, ex art. 4, vincolerebbe il datore di lavoro a rispettarlo, con il rischio di quest’ultimo di violare il particolare dovere di non adibire il lavoratore a mansioni incompatibili con il suo stato fisico ex art. 2087 cc, e quest’ultima disposizione perchè la normativa di cui alla legge n. 68/1999, così come quella precedente (legge n. 482/1968) è speciale rispetto alla norma ordinaria del codice civile, sia con riguardo alla competenza della commissione, come appositamente integrata e con valutazione “sentito anche l’organismo di cui alla D.Lgs. n. 469 del 1997, art. 6, comma 3”, sia con riguardo alle verifiche e agli accertamenti ad essa demandati (in questi termini da ultimo Cass. n. 8450 del 5.3.2014) in ordine alla possibilità di reinserimento all’interno dell’azienda anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro.

16. Tale regime normativo, connotato da un indubbio principio di specialità, rende pertanto insussistente, sotto il profilo logico-giuridico, la denunziata antinomia tra la L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 3, da un lato, e l’articolo 2087 cc, dall’altro.

17. Alla stregua di quanto sopra esposto il ricorso deve essere respinto.

18. Al rigetto del ricorso segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forf. spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come per legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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