Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7522 del 25/03/2020

Cassazione civile sez. I, 25/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 25/03/2020), n.7522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34051/2018 proposto da:

D.B., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Dei Consoli,

62 presso lo studio dell’avvocato Inghilleri Enrica che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Paolinelli Lucia;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 da MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona con decreto in data 8/10/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da D.B. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese dopo essere stato vittima delle persecuzioni dei ribelli del Casamance che avevano devastato il villaggio di Manka Kunda e lo avevano costretto a fuggire dopo aver lasciato moglie e figli a casa dei suoceri. Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia un vizio di motivazione in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere il Tribunale di Ancona inserito nella sentenza impugnata, come in molte altre sentenze analoghe, clausole di stile ed interi periodi identici senza riferimenti alle censure formulate con motivazione meramente apparente.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria e sussidiaria, pur esistendo in tutta la Nigeria, paese di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato come più volte affermato in analoghi ricorsi sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità.

Il Tribunale di Ancona ha osservato che la vicenda narrata dal richiedente, che aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio paese dopo essere stato vittima delle persecuzioni dei ribelli del Casamance che avevano devastato il villaggio di Manka Kunda e lo avevano costretto a fuggire dopo aver lasciato moglie e figli a casa dei suoceri, era poco attendibile e non credibile, osservando come il dichiarante non avesse riferito di atti persecutori nei propri confronti.

Ad avviso del Collegio tali argomenti appaiono del tutto inidonei a sorreggere, sul piano logico, il convincimento espresso dal giudice del merito, tanto da determinare una motivazione apparente e perplessa secondo i parametri stabiliti da Cass. S.U. n. 8053 del 2014. Infatti non è sorretta da argomentazione logica nè la dedotta genericità del racconto nè la valutazione d’ inattendibilità ed il giudizio espresso dal giudice del merito sulla genericità del narrato non risulta fondarsi su argomentazioni intellegibili. Nemmeno può attribuirsi rilievo dirimente, sul piano della costruzione logica, all’assenza di riscontri di atti di persecuzione nei confronti del ricorrente: tanto più che, come è noto, giusta il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c), ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale, i responsabili della persecuzione o del danno grave sono anche soggetti non statuali, se lo Stato, i partiti, le organizzazioni che controllano il paese e le organizzazioni internazionali non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi. Inoltre, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, le lacune probatorie del racconto del richiedente asilo non comportano necessariamente inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione che il giudice del merito è tenuto a compiere delle circostanze indicate alle lettere da a) ad e) della citata norma (Cass. 29 gennaio 2019, n. 2458; Cass. 10 luglio 2014, n. 15782), oltre che dalla spendita, da parte dello stesso,dei poteri officiosi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

In conclusione, l’incomprensibilità del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito per dar conto della non credibilità del richiedente, tale da determinarne – come detto – la mera apparenza, è riconducibile a una delle ipotesi in cui il provvedimento prospetta una anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, attinente all’esistenza della motivazione in sè: anomalia suscettibile di essere denunciata per cassazione (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054).

La sentenza è cassata, con rinvio della causa al Tribunale di Ancona, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione Civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2020

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