Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7522 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/03/2017, (ud. 15/12/2016, dep.23/03/2017),  n. 7522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29227/2014 proposto da:

BUSITALIA SITA NORD S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona dell’avvocato

R.A. non in proprio ma quale institore ex art. 2203 c.c.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 332, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE DE MAJO, rappresentata e difesa dall’avvocato

VITTORIO BECHI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato MARCO PASTACALDI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO

BENVENUTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 597/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/07/2014 R.G.N. 20/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato VITTORIO BECHI;

udito l’Avvocato MARCO PASTACALDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Firenze del 15.2.2012 P.R., già dipendente di BUSITALIA SITA NORD srl (in prosieguo, per brevità: BUSITALIA) con mansioni di autista, impugnava l’esonero intimatogli con comunicazione del 14.11.2011 a tenore del R.D. n. 148 del 1931, art. 27, lett. d), Allagato A, per “scarso rendimento e palese insufficienza nell’adempimento delle funzioni del proprio grado”, chiedendo dichiararsene la illegittimità ed adottarsi i provvedimenti reintegratori e risarcitori consequenziali.

Il giudice del lavoro – con sentenza del 29.7.2013 (nr. 841/2013) accoglieva la domanda.

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 3.7. 2014 (nr. 597/2014), rigettava l’appello proposto da BUSITALIA srl.

Osservava che correttamente il giudice del primo grado, in applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, aveva escluso la rilevanza delle sanzioni disciplinari risalenti a più due anni rispetto all’ultima contestazione.

Lo scarso rendimento al pari della “palese insufficienza imputabile” (quest’ultima posta comunque a base del recesso) doveva essere sorretto dalla imputabilità della condotta e non valutato sul piano esclusivamente oggettivo.

In assenza di una norma speciale del R.D. n. 148 del 1931, doveva trovare applicazione la L. n. 300 del 1970, art. 7 u.c.; tale disposizione sarebbe stata applicabile anche a voler ritenere prevalente il carattere oggettivo dello scarso rendimento, in quanto espressione di un principio di carattere generale.

I fatti relativi all’ultimo biennio non erano di gravità tale da ledere il rapporto fiduciario e nemmeno oggettivamente tali da giustificare la interruzione di un rapporto di lavoro di durata quasi trentennale: lo scarso rendimento, pur a volerne riconoscere una valenza meramente oggettiva, sussisteva solo in caso di rilevante incidenza sulla produzione aziendale, che nella fattispecie non si era verificata; ove si fosse dato rilievo al profilo soggettivo, poi, non vi erano condotte generatrici della lesione del vincolo fiduciario.

Da ultimo, non poteva essere accolta la domanda di applicazione della L. n. 300 del 1970, novellato art. 18, giacchè il licenziamento era stato intimato anteriormente alla data di entrata in vigore della L. 28 giugno 2012, n. 92.

Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società BUSITALIA srl, articolando quattro motivi, illustrati con memoria.

Ha resistito con controricorso il lavoratore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del R.D. n. 148 del 1931, art. 27lett. d), allegato A, L. n. 300 del 1970, art. 7, art. 12 preleggi.

Con il motivo viene censurata la statuizione di applicabilità alla fattispecie dello “scarso rendimento” – di cui al R.D. n. 148 del 1931, art. 27, lett. d), allegato A – della previsione della L. n. 300 del 1970, art. 7, u.c..

La società ha assunto che in ragione della specialità del corpus di norme contenuto nel R.D. n. 148 del 1931, la sua integrazione ad opera della legge generale poteva riconoscersi nel solo caso di lacune non superabili – neppure in via interpretazione estensiva o analogica – ovvero per assicurare tutela, altrimenti deficitaria, a principi di rilievo costituzionale (quali quello del contraddittorio) e non semplicemente nei casi in cui la disciplina comune del rapporto di lavoro fosse più favorevole per il lavoratore rispetto a quella speciale.

Nella fattispecie dello scarso rendimento non ricorreva nè l’una nè l’altra condizione: la disciplina era organica e completa ed aveva superato il vaglio di legittimità costituzionale (Corte cost. nrr. 108 e 240/1984; 439/2002).

2. Con il secondo motivo la società BUSITALIA srl ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del R.D. n. 148 del 1931, art. 27, lett. d), allegato A, L. n. 300 del 1970, art. 7, art. 12 preleggi, in relazione alla ricognizione della fattispecie dell’esonero per scarso rendimento operata in sentenza.

Ha dedotto l’errore commesso dalla Corte di merito con la sussunzione dell’esonero per scarso rendimento nell’ambito del licenziamento disciplinare; lo scarso rendimento,invece, configurava una ipotesi di inefficienza oggettiva della prestazione rispetto al perseguimento degli obiettivi aziendali, con la conseguenza che il modello di riferimento era quello del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Il comportamento del P. era stato oggettivamente causa di grave disservizio e di conseguente pregiudizio all’immagine della società, come provato dalle innumerevoli contestazioni disciplinari.

Il datore di lavoro poteva considerare come fattori di scarso rendimento anche le pregresse infrazioni disciplinari, sotto un angolo di valutazione diverso da quello disciplinare perchè esclusivamente obiettivo.

Il giudizio della Corte territoriale era dunque privo di fondamento giuridico giacchè escludeva dalla valutazione le sanzioni anteriori al biennio laddove l’esonero era stato disposto in ragione del complessivo numero di sanzioni disciplinari emesse a carico del lavoratore.

I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Nella più recente giurisprudenza di questa Corte la nozione di “scarso rendimento” di cui all’art. 27, lett. d), del regolamento allegato A al R.D. n. 148 del 1931, è stata legata – piuttosto che al dato obiettivo della inidoneità della prestazione al conseguimento degli obiettivi aziendali – ad un inadempimento del lavoratore che abbia carattere notevole e sia a lui imputabile.

In particolare, in Cass. 5 agosto 2015 nr. 16472 e 2 settembre 2015 nr. 17436 trovasi affermato che lo scarso rendimento è caratterizzato da colpa del lavoratore; tanto in continuità con una consolidata giurisprudenza di questa Corte che, pronunziandosi nel senso della irrilevanza ai fini della integrazione dello scarso rendimento delle assenze per malattia del dipendente, aveva già osservato che la previsione congiunta, alla lett. d) dell’articolo 27, dello scarso rendimento e della palese insufficienza imputabile a colpa dell’agente induce a ritenere implicita nel primo l’imputabilità (Cass. nr. 10617/1997; 3210/1997; 10075/1993; 11593/1993) e che l’esonero per scarso rendimento di cui alla lett. d) del cit. art. 27 è, in sè, collegato in modo imprescindibile ad un fatto risalente alla condotta negligente dell’agente, lesiva di obblighi contrattuali (Cass. nr. 3060/1990).

La necessità che l’inadempimento del lavoratore sia “di non scarsa importanza” rispetto agli obiettivi fissati dai programmi di produzione è stata, poi, affermata nell’arresto del 12.06.2013 nr. 14758 sul rilievo che trattasi del precipitato della regola generale di cui all’art. 1455 c.c..

Deve dunque considerarsi ormai superato il diverso indirizzo (per cui si veda Cass. nr. 10286/1996), secondo cui lo scarso rendimento previsto dall’art. 27, comma 1, lett. d) dell’allegato A al R.D. n. 148 del 1931, rileva indipendentemente dalla sua imputabilità a colpa del lavoratore.

L’esonero definitivo dal servizio per scarso rendimento previsto dal R.D. n. 148 del 1931, art. 27, lett. d), allegato A, si connota dunque per un duplice profilo, oggettivo e soggettivo:

– Sul piano oggettivo per un rendimento della prestazione inferiore alla media esigibile;

– Sul piano soggettivo per la imputabilità a colpa dell’agente.

Una volta ricostruita la fattispecie dello scarso rendimento in termini di violazione evidente della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile – divengono palesi le analogie con l’omologo illecito disciplinare previsto nella disciplina comune del rapporto di lavoro; del resto nella pronunzia di questa Corte nr. 14758/2013, sopra richiamata, la definizione di scarso rendimento nella disciplina del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri è stata ricavata dalla giurisprudenza formatasi in relazione alla disciplina generale.

Di qui la conseguenza, già ricavata da questa Corte (Cass. nr. 16472/2015; nr. 17436/2015 sopra citate), secondo cui lo scarso rendimento non può essere di per sè dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, perchè ciò costituirebbe una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite.

Deve in sostanza trovare applicazione anche nella fattispecie di scarso rendimento di cui alla disciplina speciale del R.D. n. 148 del 1931, il divieto, più volte affermato da questa Corte con riguardo al procedimento disciplinare, di esercitare due volte il potere disciplinare per lo stesso fatto sotto il profilo di una sua diversa valutazione o configurazione giuridica (ex plurimis: Cass. sez. lav. 11 ottobre 2016 nr. 20429 e 22 ottobre 2014 nr. 22388).

Da quanto esposto deriva che la sentenza impugnata deve essere confermata, pur correggendosi la relativa motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., nel senso della irrilevanza ai fini dell’esonero per scarso rendimento anche dei fatti sanzionati in via disciplinare nell’ultimo biennio.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e art. 115c.p.c..

La censura investe la mancata ammissione dei mezzi istruttori, i cui capitoli sono stati trascritti in ricorso, in relazione al grave disservizio causato dalle condotte del P. nell’ultimo biennio.

Il motivo è inammissibile.

Esso non investe la ripartizione dell’onere probatorio operata dal giudice dell’appello, come disciplinata dalla regola dell’art. 2697 c.c., nè lamenta una violazione dei criteri legali di acquisizione della prova nel processo (art. 115 c.p.c.) ma censura la mancata ammissione dei mezzi istruttori che, inerendo ai fatti materiali da provare in causa, costituisce un giudizio di fatto sindacabile davanti a questa Corte nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (cfr Cass. SU 22.5.2012 nr. 8078,in motivazione).

Nella vicenda di causa – prima ancora del rilievo della non deducibilità del vizio di motivazione a mente dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, – resta preclusivo all’esame della censura, per difetto di interesse del ricorrente, il principio di diritto, sopra esposto, della non – configurabilità dello scarso rendimento in ragione di condotte già sanzionate disciplinarmente, in quanto l’esame del motivo non consentirebbe comunque di pervenire alla cassazione della sentenza.

4. Con il quarto motivo la società BUSITALIA ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2912, art. 1, comma 42, L. n. 300 del 1970, art. 18, art. 11 preleggi.

Con il motivo si censura la mancata applicazione da parte del giudice dell’appello della disciplina della L. n. 300 del 1970, art. 18, introdotta dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, per essere intervenuto il licenziamento in epoca anteriore alla data di entrata in vigore delle relative disposizioni (il 18.7.2012).

La società ricorrente invoca l’applicazione alla fattispecie di causa del regime sanzionatorio introdotto dalla L. n. 92 del 2012 quale legge vigente al momento della decisione; assume che lo ius superveniens incide non sul fatto generatore ma esclusivamente sui suoi effetti e trova conferma dell’operata ricostruzione nel regime transitorio della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 67, che solo per le nuove disposizioni procedurali prevede la inapplicabilità ai giudizi in corso.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato che la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, di novella della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, è inapplicabile ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa nonchè, più generalmente, ai licenziamenti intimati precedentemente alla suddetta data (Cass. nr. 16265/2015; n. 21054/2015; n. 9098/2014; nr. 301/2014 n. 10550/13).

A tale indirizzo deve darsi in questa sede continuità.

La circostanza che la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 67, preveda l’applicabilità delle nuove norme processuali solo alle controversie instaurate dopo l’entrata in vigore della legge stessa non significa, a contrariis, che le nuove norme sostanziali in essa contenute siano applicabili ai licenziamenti anteriormente intimati ma semplicemente che queste ultime seguono, in assenza di esplicita disposizione contraria, la regola dell’irretroattività sancita dall’art. 11 preleggi.

Al fine di individuare ratione temporis la legge regolatrice va fatto riferimento, poi, alla fattispecie negoziale del licenziamento – al quale la legge ancora le conseguenze sanzionatore della illegittimità/inefficacia – e dunque al momento del perfezionamento del recesso.

Questa Corte, del resto, ebbe a pronunciarsi in senso analogo in tema di applicabilità della L. n. 300 del 1970, art. 18, ai licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore dello Statuto del maggio 1970 (Cass. 10.7.74 n. 2144, Cass. n. 3713 del 05/11/1975; Cass. n. 10 del 04/01/1979, Cass. n. 1834 del 30/03/1981; Cass. n. 6407 del 28/10/1983, etc.).

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese si compensano per la novità delle questioni trattate.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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