Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7520 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. II, 31/03/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 31/03/2011), n.7520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 28231/2008 proposto da:

C.R. (OMISSIS), S.N.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

LENTINI Giuseppe giusto mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona

dell’amministratore pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

RAMPOLLA Emilio e FORTUNATO CIRO giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2848/2007 del GIUDICE DI PACE di PALERMO,

depositata il 25/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

è presente il Procuratore Generale in persona del dott. LIBERTINO

ALBERTO RUSSO che nulla osserva sulla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – Si tratta di ricorso avverso sentenza resa dal Giudice di Pace nell’ambito dei limiti della sua cognizione equitativa, pubblicata in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha definito una diversa disciplina del regime delle impugnazioni per tali sentenze (appello e non ricorso per Cassazione).

Resiste con controricorso la parte intimata.

2. – Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il Consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

3. – Parte ricorrente ha depositato memoria.

4. – Il ricorso è stato proposto avverso un provvedimento appellabile e non direttamente ricorribile in Cassazione. Infatti, l’art. 1 del citato decreto legislativo ha sostituito l’art. 339 c.p.c., stabilendo al comma 3, l’appellabilità e non più la ricorribilità immediata delle “sentente del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’art. 113, comma 2”.

Il successivo art. 27 di tale decreto, dettando la disciplina transitoria, ha previsto, al comma 5, che tale nuova disciplina si applica “alle ordinante pronunciate ed alle sentente pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Il provvedimento oggi impugnato, pubblicato in data posteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 (2 marzo 2006), rientra nella previsione della disciplina transitoria appena richiamata con la conseguenza che il regime delle impugnazioni è quello dettato dal nuovo testo dell’art. 339 c.p.c. (appello e non ricorso per cassazione).

Il ricorso è, quindi, inammissibile.

Nè possono essere condivise le argomentazioni contenute nella memoria depositata, secondo le quali la nuova disciplina normativa, relativa al mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze rese dal Giudice di Pace ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, avrebbe introdotto un doppio regime di impugnazione per tali provvedimenti, uno descritto dalla norma dell’art. 339, comma 3, applicabile solo nei limiti ivi indicati e l’altro, relativo a tutti gli altri casi, che parte ricorrente indica come segue: “sentente del Giudice di Pace rese secondo equità per tutti i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1: quelli relativi a giurisdizione, competenza, violazione di legge, (ma non quella costituzionale o comunitaria o espressiva di principi generali del diritto), nonchè ai vizi di motivazione”.

Questa Corte, a Sezioni Unite, con sentenza n. 27339 del 18/11/2008 (Rv. 605683), ha già affrontato tale problematica, anche sotto il profilo del possibile rilievo di incostituzionalità della normativa che ha introdotto il nuovo regime di impugnazione delle pronunce del giudice di pace ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, affermando che “Dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339 cod. proc. civ., comma 3 è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza ed al difetto di radicale assenza della motivazione. Ne consegue che è manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 339 cod. proc. civ., comma 3, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, per violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, prospettato sotto il profilo che tra i motivi di appello avverso le sentente secondo equità del giudice di pace non rientrerebbero quelli anzidetti, giacchè esso si fonda su un erroneo presupposto interpretativo, dovendosi ritenere tali motivi ricompresi nella formula generale della violazione di norme sul procedimento, con conseguente sottrazione della sentenza al ricorso straordinario, in quanto sentenza altrimenti impugnabile”.

Tale principio di diritto è condiviso dal Collegio.

P.T.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 800,00, per onorari e Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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