Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7519 del 23/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 23/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.23/03/2017),  n. 7519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11336-2011 proposto da:

G.N. C.F. (OMISSIS), nella qualità di genitore nonchè di

amministratore di sostegno del figlio G.E., domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIOVANNI LIMINA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1552/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 31/12/2010 R.G.N. 618/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI;

udito l’Avvocato TOSCANO ISIDORO per delega Avvocato LIMINA GIOVANNI;

udito l’Avvocato MARITATO LELIO per delega orale Avvocato PULLI

CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 31.12.2010, la Corte d’appello di Catanzaro confermava la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda di G.N. volta a conseguire l’indennità di comunicazione per i sordi prelinguali in favore del di lui figlio E., nonostante questi fosse affetto da autismo e ritardo mentale e del linguaggio, limitato a pochi fonemi.

Avverso tale pronuncia ricorre G.N. con un motivo, con cui svolge due censure, illustrate con memoria. Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 508 del 1988, art. 4, e L. n. 381 del 1970, art. 1, comma 2, nonchè vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata ritenuto che la condizione di autismo e di portatore di sindrome di Down, con grave ritardo mentale e del linguaggio (di fatto limitato a pochi fonemi), non costituissero presupposti idonei a vulnerare la comunicazione del proprio figlio minore, sì da guadagnargli la corresponsione dell’indennità oggetto della domanda.

Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che la concessione dell’indennità di comunicazione disciplinata dalle disposizioni dianzi richiamate presuppone che la difficoltà di comunicazione da cui è affetto il richiedente sia derivata da una menomazione dell’udito, congenita o acquisita in età evolutiva, che gli abbia impedito l’apprendimento del linguaggio parlato (c.d. sordi prelinguali). Detto altrimenti, il fatto costitutivo del diritto è quella sordità che, essendo stata contratta prima dell’apprendimento del linguaggio, ha impedito all’invalido di acquisire quest’ultimo secondo il processo evolutivo normale (così espressamente Cass. n. 22290 del 2014, sulla scorta di Cass. n. 9887 del 2005), non già la sussistenza di altre infermità che abbiano comunque ostacolato o impedito l’apprendimento del linguaggio. E poichè, nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato che la capacità uditiva del minore è nei limiti della norma, difettano in radice i presupposti per il riconoscimento dell’indennità oggetto della domanda, le infermità di cui è portatore il minore potendo semmai dar luogo, concorrendone gli ulteriori requisiti, alle comuni prestazioni previste a sostegno dell’invalidità civile.

Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, in difetto di idonea dichiarazione ex art. 152 att. c.p.c., seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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