Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7519 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 17/03/2021), n.7519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 606-2020 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II N

4, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 23786/2019 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 10/10/2019 R.G.N. 14463/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Roma, con decreto del 10.10.2019, rigettava il ricorso proposto da K.S., cittadino della (OMISSIS) di religione (OMISSIS), avverso il provvedimento della Commissione Territoriale di Roma di reiezione del ricorso proposto dal predetto per il riconoscimento della protezione internazionale. La storia narrata dal ricorrente era riferita ad una vicenda di persecuzione da parte degli appartenenti a diversa fazione politica che l’avrebbero minacciato di morte per avere egli aiutato i funzionari di governo a fuggire dalla città di (OMISSIS). A seguito di ciò, per sfuggire alle minacce, egli si era recato in Libia, passando dal Mali e dal Niger;

2. quanto allo status di rifugiato il Tribunale ne escludeva i presupposti per non essere emerso un diretto coinvolgimento politico del K. nelle vicende interessanti il suo paese ed evidenziava agli stessi fini il lungo tempo trascorso tra l’ingresso in Italia dal 2009 e la presentazione dell’istanza di protezione internazionale, avvenuta solo nel 2018;

3. con riguardo alla protezione sussidiaria, il Tribunale, con riguardo alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) rilevava che la situazione del paese d’origine del richiedente era del tutto mutata, essendo intervenuta una sostanziale generale riappacificazione del paese, che aveva condotto, il 30.6.2017, alla fine della Missione delle Nazioni Unite in (OMISSIS) ed induceva ad escludere il pericolo per il ricorrente di subire, in caso di rientro in patria, minaccia grave ed individuale alla vita ed alla persona, non emergendo conflitti armati o contrasti tra fazioni opposte integranti un pericolo di coinvolgimento del predetto, essendo, anzi, rilevabile da fonti informative internazionali accreditate che lo Stato, attraverso le proprie autorità, era capace di proteggere i propri cittadini;

4. il Tribunale riteneva non sussistenti i presupposti della protezione umanitaria, non potendo attribuirsi ai detti fini rilevanza determinante all’impiego del K. in Italia quale bracciante agricolo, non essendo presente una situazione di vulnerabilità da proteggere o prospettata una condizione di menomata dignità vissuta in (OMISSIS), o condizioni di povertà inemendabili o impossibilità di soddisfare esigenze primarie di sopravvivenza in patria in violazione dei diritti fondamentali;

5. di tale decisione domanda la cassazione il K., affidando l’impugnazione a due motivi. Il Ministero è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, K.S. denunzia il carattere apparente della motivazione, per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti nel valutare la domanda di protezione internazionale di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3, 4 e 5 ed artt. 7 e 8 con riguardo ulteriormente al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 D.L. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27 assumendo che tale carenza o apparenza si era sostanziata nella mancanza di motivazione sull’asserita non credibilità delle ragioni ed argomentazioni fornite dal ricorrente, laddove erano decisive le allegazioni sull’attualità della minaccia concreta rappresentata dai sostenitori di O. nei suoi confronti, per essere stato egli sostenitore effettivo del Presidente G.; assume che tali circostanze provavano, invece, la fondatezza delle persecuzioni subite in ragione dell’aiuto prestato ai funzionari governativi sia ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, sia della subordinata richiesta protezione sussidiaria;

1.1. sostiene che il Tribunale abbia omesso di considerare la decisività degli elementi forniti, anche in relazione alla situazione politica della (OMISSIS) che, come risultante dalle fonti allegate, non è pacificata ed è ancora pericolosa per chi ha preso parte alla guerra civile, avuto riguardo alla esistenza di processi in atto, caratterizzati da giustizia sommaria, contro il lealisti di G.; richiama il rapporto di Amnesty International 2017/2018, evidenziante come la situazione delle violenze postelettorali sia tutt’altro che definita e pone in evidenza che l’essere di etnia (OMISSIS), ossia della etnia maggioritaria dei sostenitori di O., poteva farlo considerare come traditore;

2. con il secondo motivo, il ricorrente lamenta motivazione apparente e violazione e falsa applicazione dell’art. 3 CEDU e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.L. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27 non corretta valutazione della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sulla base delle prove fornite e delle norme di legge che governano la protezione umanitaria; adduce, in particolare, che la vulnerabilità sia provata attraverso il circostanziato racconto delle violenze e minacce subite in (OMISSIS), che hanno portato il ricorrente anche all’allontanamento definitivo dal suo Paese d’origine ed alla perdita di ogni possibilità di un reinserimento atto a garantire un livello di vita nel rispetto della dignità umana; aggiunge che la particolare vulnerabilità sia provata attraverso le fonti informative, che dimostrano la violazione e l’impedimento dei diritti umani in (OMISSIS);

3. i due motivi, pur nella diversità delle censure, possono trattarsi congiuntamente per la connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto, sostanziantisi per entrambe le censure nella mancata adeguata valutazione della situazione socio politica della (OMISSIS);

4. il Tribunale non si è fatto carico di valutare come le fonti richiamate nella decisione impugnata non fossero aggiornate e ciò trova conferma nel fatto che sono state sì richiamate la sentenza della Corte Penale Internazionale per i crimini contro l’umanità e la fine della Missione delle Nazioni Unite in (OMISSIS), ma non si è dato atto dell’esito delle decisione della Corte internazionale, che ha statuito l’assoluzione di G., ciò che ha determinato una situazione ben diversa dalla ritenuta pacificazione del paese e la mancata attuazione del processo di democratizzazione verso il quale si riteneva potesse incamminarsi il paese. Il processo è invero ben lontano dell’essersi realizzato e permane il clima di violenza generalizzata anche in relazione ad elezioni presidenziali succedutesi nel periodo successivo alla detta sentenza;

5. il Tribunale nella specie non ha disatteso il racconto del K. sul piano della credibilità, ma ha escluso la sussistenza delle ragioni di ogni forma di protezione, escludendo un coinvolgimento politico diretto del predetto, l’attualità di subire un grave danno in caso di rimpatrio ed ha valorizzato in termini negativi il lungo termine trascorso tra l’ingresso del ricorrente in Italia e la presentazione di domanda di protezione internazionale, escludendo, poi, i presupposti anche per la protezione umanitaria, sul rilievo della mancanza di vulnerabilità collegata ad una situazione effettiva di deprivazione dei diritti umani in (OMISSIS) che abbia giustificato l’allontanamento dell’istante dal suo paese d’origine;

6. la diffusione e la gravità della violazione dei diritti fondamentali sono attestate anche da organismi indipendenti che riferiscono che le forze di sicurezza si sono resi responsabili di arresti arbitrari, tortura ed esecuzioni extragiudiziali di detenuti (v. in tali termini Cass. 25549/2020) e pertanto la valutazione deve ritenersi non effettuata correttamente alla luce del quadro di violenza endemica del paese e delle minacce provenienti da esponenti della fazione politica avversa a quella cui appartiene il ricorrente; il Tribunale avrebbe dovuto valutare i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria verificando anche la situazione di conflitto esistente tra le opposte fazioni politiche e, con riguardo al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la sussistenza di una minaccia grave e individuale alla persona, derivante da violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, il cui accertamento, condotto d’ufficio dal giudice in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del richiedente, salvo che il giudizio di non credibilità non riguardi le affermazioni circa lo Stato di provenienza, le quali, ove risultassero false, renderebbero inutile tale accertamento (Cass. 8819/2020);

7. anche la sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono il presupposto di una vita dignitosa, come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, non è stata adeguatamente scandagliata alla luce di fonti informative internazionale più aggiornate, che in ipotesi potrebbero legittimare uno spazio applicativo per la protezione reclamata, in ragione di specifiche situazioni soggettive di vulnerabilità riferibili al richiedente;

8. pertanto, il ricorso va accolto e, per l’effetto, il decreto impugnato va cassato, con rinvio della causa, anche per le spese, al Tribunale di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, cui demanda la determinazione anche delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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