Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7517 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. II, 08/03/2022, (ud. 15/06/2021, dep. 08/03/2022), n.7517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23838-2019 proposto da:

S.W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

n. 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1551/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma dichiarava inammissibile il gravame proposto da S.W. avverso l’ordinanza del 22.6.2017 con la quale il Tribunale di Roma aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva respinto l’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.W., affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Il ricorso è stato chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 14.1.2021, all’esito della quale era stato rinviato a nuovo ruolo con ordine, a cura della cancelleria, di acquisire il fascicolo di ufficio del giudizio svoltosi innanzi la Corte distrettuale.

Eseguito l’adempimento, il ricorso è stato nuovamente chiamato all’odierna adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 342 c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la genericità, e quindi l’inammissibilità, del gravame proposto dal richiedente asilo avverso la decisione di primo grado.

La censura è fondata.

L’esame del fascicolo, consentito al collegio in presenza di un motivo che deduce un vizio processuale, rivela che l’atto di appello conteneva la sufficiente deduzione delle ragioni per le quali l’odierno ricorrente aveva interposto gravame avverso la decisione di prime cure, con indicazione dei passaggi di quest’ultima specificamente attinti. Il S., in particolare, aveva lamentato, con il primo motivo di appello, la genericità ed erroneità della motivazione con la quale il Tribunale aveva escluso il riconoscimento delle forme maggiori di protezione internazionale, sulla base della considerazione che il racconto fornito dall’interessato fosse basato su fatti di natura essenzialmente familiare. Con il secondo motivo, il richiedente si era invece lamentato del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, in particolare in riferimento al contesto di insicurezza generalizzata esistente in Nigeria, suo Paese di origine. Con il terzo motivo aveva invece contestato la violazione della Convenzione di Ginevra, perché il giudice di prime cure non aveva considerato la sussistenza, a suo carico, di un pericolo di subire persecuzioni in caso di rimpatrio. Con il quarto motivo aveva contestato ancora la mancata considerazione, da parte del Tribunale, della documentazione prodotta e delle allegazioni proposte a sostegno della domanda di protezione, in particolare poiché il primo giudice non aveva tenuto conto del pericolo proveniente dall’uomo che lo riteneva responsabile della violenza carnale subita dalla sua compagna.

Rispetto a queste allegazioni, inoltre, l’Avvocatura dello Stato si era difesa nel merito, sia quanto alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, che in relazione alla concedibilità della protezione sussidiaria, nelle sue varie articolazioni, che con riguardo alla tutela umanitaria.

Al riguardo, occorre ribadire il principio secondo cui “Nel giudizio di appello – che non è un novum iudicium – la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Ne consegue che, nell’atto di appello, ossia nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18932 del 27.9.2016, Rv. 641832; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9244 del 18.4.2007, Rv.597867; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21566 del 18/09/2017, Rv.645411).

Il principio è interpretato, con orientamento ormai consolidato, nel senso che “L’onere di specificità dei motivi di appello deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall’appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18307 del 18.9.2015, Rv.636741). In senso conforme, cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25218 del 29.11.2011, Rv.620524, secondo la quale “Ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2814 del 12/02/2016, Rv.638551).

Nel caso di specie, l’appello era idoneo a soddisfare i predetti requisiti formali, ond’esso avrebbe dovuto essere ritenuto ammissibile e scrutinato nel merito.

L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento di tutte le altre censure proposte dal ricorrente.

La sentenza impugnata va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma, in differente composizione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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