Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7516 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. I, 31/03/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21228/2010 proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), K.A. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

FERRARI 11, presso l’avvocato PINTO ALDO, rappresentati e difesi

dagli avvocati CIPRIANI Michele, RUZZINI MARCO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI

FIRENZE, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI

APPELLO DI FIRENZE – SEZIONE PER I MINORENNI;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE depositata il

25/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/02/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MARRA S., con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la Corte d’Appello di Firenze, sezione per i minorenni, con decreto del 25 giugno 2009, ha respinto il reclamo proposto dai cittadini (OMISSIS) P.S. ed K.A. – genitori della minore P.E., nata il (OMISSIS) – avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Firenze del 4 marzo 2009, con il quale era stata loro negata l’autorizzazione a permanere nel territorio dello Stato italiano ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, per provvedere alla cura ed all’educazione della predetta minore;

che la Corte di Firenze – premesso che i reclamanti avevano dedotto che la figlia minore era vissuta in Italia fin dalla nascita, frequentava l’asilo comunale ed era affetta da bronchiti asmatiformi ricorrenti, per cui l’allontanamento del nucleo familiare dall’Italia, oltre a non assicurarle cure mediche adeguate, avrebbe esposto la stessa minore a gravi pregiudizi per il suo benessere psico-fisico e per una crescita equilibrata -, nel respingere il reclamo, ha applicato il cosiddetto orientamento giurisprudenziale “restrittivo” in materia di interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3 (richiamando le sentenze della Corte di cassazione nn. 1 Al e 10135 del 2007) ed ha, in particolare, osservato che: a) “Nella specie non possono venire, quindi, in considerazione, al fine di giustificare il rilascio dell’autorizzazione richiesta, profili di tutela riguardanti l’integrazione della minore nel tessuto socio-ambientale o discendenti dal radicamento di fatto dei genitori nel territorio dello Stato, ove entrambi sono illegalmente presenti”; b) “La bambina, oltretutto, ha tre anni e per la sua tenera età non può avere ancora stabilito legami significativi con il mondo esterno alla famiglia, per cui non è ragionevolmente presumibile che abbia a subire un trauma apprezzabile per il fatto di doversi allontanare dall’Italia assieme ai propri genitori”; c) “Quanto poi alla patologia certificata, a parte la scarna documentazione sanitaria prodotta, si tratta comunque di una malattia ben conosciuta a livello internazionale, di modesta rilevanza e che può essere certamente curata in modo adeguato anche in (OMISSIS) mediante una normale terapia farmacologia”;

che avverso il decreto di reiezione del reclamo P.S. ed K.A. hanno proposto ricorso per cassazione – deducendo due motivi di censura – nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Firenze e del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Firenze;

che le parti nei cui confronti è stato proposto il ricorso, benchè ritualmente intimate, non si sono costituite nè hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i due motivi di censura, i ricorrenti criticano il decreto impugnato anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, sostenendo che i Giudici a quibus: a) non hanno considerato che l’allontanamento della figlia minore dall’Italia sradicherebbe quest’ultima dall’ambiente scolastico e sociale nel quale è inserita da tempo, con grave ed irreparabile pregiudizio per la sua stabilità psico- fisica; b) non hanno considerato che l’interpretazione restrittiva del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, dagli stessi seguita collide, in violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, Cost., con il Trattato dell’Unione Europea e con la cosiddetta “Carta di Nizza” ivi recepita, nonchè con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo; c) non hanno tenuto nel debito conto la documentazione medica attestante la grave patologia della minore;

che il ricorso merita accoglimento nei sensi di seguito indicati;

che le sezioni unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 21799 del 2010, nel risolvere un contrasto della propria giurisprudenza sull’interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, hanno enunciato il principio di diritto, secondo cui la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, in presenza di gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico dello stesso minore, non postula necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal definitivo sradicamento dello stesso minore dall’ambiente in cui è cresciuto, dovendo tuttavia trattarsi di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità le quali, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare;

che in particolare, con questa sentenza, le sezioni unite: a) nel ribadire quanto affermato con la precedente sentenza n. 22216 del 2006, hanno precisato che “la tecnica di normazione a clausola generale dell’art. 31 induce a comprendervi qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva, o è altamente probabile deriverà al minore, dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto”, trattandosi, “all’evidenza, di situazioni che non si prestano ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, ma richiedono un’indagine svolta in modo individualizzato, peraltro da parte di un organo specializzato, tenendo conto della peculiarità delle situazioni prospettate, nonchè di ogni possibile variabile – come l’età, le condizioni di salute, la presenza o meno dell’altro genitore e la situazione della famiglia e di qualsiasi altro fattore idoneo a consentire l’operazione di corretto bilanciamento degli interessi richiesta dalla norma: in relazione ai quali non a caso la Corte europea ha elaborato una serie di parametri finalizzati ad ottenere una soluzione fortemente caratterizzata dal caso concreto nonchè ad orientare l’interprete allorquando si rende necessario operare un bilanciamento di interessi” (cfr. n. 7 dei Motivi della decisione); b) hanno sottolineato “la necessità che tra il minore ed il genitore espulso sussista – e sia documentato un rapporto affettivo significativo idoneo a giustificare l’inversione della regola generale secondo cui il figlio minore segue la condizione giuridica del genitore (comma 1); prevedendo invece che quest’ultima possa seguire quella del figlio attraverso la richiesta dello straniero irregolare di entrare o soggiornare in Italia anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge per la necessità di non privare traumaticamente il minore della figura parentale fino ad allora presente nella sua vita psichica” (cfr. n. 8 dei Motivi della decisione); c) hanno affermato, altresì, che “una diversa interpretazione legittimerebbe l’utilizzo pretestuoso dei figli minori e dei diritti ad essi riconosciuti dalle fonti nazionali ed internazionali, da parte dei genitori nel loro esclusivo interesse;

ed attribuirebbe alla norma la funzione che le è estranea, più volte paventata dall’indirizzo restrittivo, di introdurre una modalità anomala di legittimazione del soggiorno di famiglie di stranieri attraverso non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell’infanzia che di fatto convertirebbe i diritti dei fanciulli in privilegio per i genitori non regolarmente soggiornanti: sostanzialmente traducendosi in una vera e propria sanatoria permanente di immigrati presenti irregolarmente sul territorio nazionale” (ibidem); d) hanno affermato, infine, che tutto ciò “impone al giudice minorile di accertare pregiudizialmente che la coesione familiare vi sia stata davvero e che nell’ambito di essa lo straniero richiedente abbia esercitato effettivamente a beneficio del figlio minore la propria funzione genitoriale, la cui improvvisa interruzione costituirebbe un nocumento irreversibile per il suo sviluppo psico-fisico; ovvero, se si tratta di minore in tenerissima età (significativamente considerata una variabile dalla norma), che sussista la sua idoneità effettiva ad occuparsi del minore, ad allevarlo in un ambiente familiare idoneo a garantirne la crescita, nonchè a prendersi carico dei bisogni e dei problemi di lui” (ibidem);

che, nella specie, nessuno dei predetti, mirati accertamenti è stato eseguito dai Giudici a quibus, i quali sono pervenuti alla conferma del decreto del Tribunale per i minorenni di Firenze principalmente invocando il principio enunciato dall’orientamento giurisprudenziale cosiddetto “restrittivo”, per cui l’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare del minore straniero (che invece andavano differenziate) può essere rilasciata solo in condizioni di emergenza ovvero in circostanze contingenti ed eccezionali per lo stesso minore, senza esaminare nè i concreti ed effettivi rapporti della figlia minore con i propri genitori e con l’ambiente sociale, specificamente scolastico, in cui la stessa è inserita, nè se e quale pregiudizio alla stessa minore sarebbe derivato dall’espulsione dei genitori;

che, in particolare, appaiono apodittiche – se non puntualizzate ed inserite nella cornice dei predetti, più ampi accertamenti – le affermazioni della Corte fiorentina, secondo cui “La bambina, oltretutto, ha tre anni e per la sua tenera età non può avere ancora stabilito legami significativi con il mondo esterno alla famiglia, per cui non è ragionevolmente presumibile che abbia a subire un trauma apprezzabile per il fatto di doversi allontanare dall’Italia assieme ai propri genitori”, e secondo cui “Quanto poi alla patologia certificata, a parte la scarna documentazione sanitaria prodotta, si tratta comunque di una malattia ben conosciuta a livello internazionale, di modesta rilevanza e che può essere certamente curata in modo adeguato anche in Albania mediante una normale terapia farmacologia”;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio alla stessa sezione per i minorenni della Corte di Appello di Firenze che, in diversa composizione, provvederà al riesame dei motivi di appello della ricorrente uniformandosi al su ribadito principio di diritto ed effettuando i conseguenti accertamenti, nonchè a regolare le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze, sezione per i minorenni, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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