Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7515 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. I, 31/03/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24847/2005 proposto da:

PICCIOCCHI MARIO S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), già PICCIOCCHI MARIO

S.N.C. DI MASUCCI ROSINA & C, in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36,

presso l’avvocato PUCCIONI Paolo, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CAGNETTA VINCENZA, DE CONCILIIS GIUSEPPE,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 11 – SC.B – INT. 4, presso

l’avvocato TIRONE MASSIMO, rappresentato e difeso dagli avvocati

MENSITIERI Renato, MENSITIERI GIUSEPPE, giusta procura speciale per

Notaio Dott.ssa PAOLA LANDOLFI di NAPOLI – Rep. n. 28103 del 30.9.08;

– controricorrente –

contro

DORIGUZZI MARIO S.P.A., A.T.C. DI GARGIULO GIOVANNI S.N.C., AKZO

NOBEL INDUSTRIAL COATINGS S.R.L., COLELLA LEGNAMI S.P.A., M.

D., P.F., M.G., CURATELA DEL

FALLIMENTO DI M.G. E M.A. NONCHE’ DELLA

LEGNINDUSTRIA S.R.L., PROGETTO IMMOBILIARE S.P.A., CURATELA DEL

FALLIMENTO LEGNAMI ESOTICI S.P.A., P.R., ZINCOF DI

ORLANDO LUIGI E WALTER S.N.C., D.F., E.

D., ISTITUTO DI VIGILANZA LA LEONESSA S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2248/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9/5/1985, il Tribunale di Napoli, su istanza di vari creditori, dichiarava il fallimento della Legnindustria s.r.l., in precedenza denominata Figli di Gennaro Malasomma s.r.l., che derivava dalla trasformazione in società di capitali della Figli di Gennaro Malasomma s.n.c., avvenuta il 6/7/82, e con la successiva sentenza del 28/6/89, estendeva il fallimento ai soci illimitatamente responsabili della società di persone, M.A. e G., stante l’esistenza di debiti insoluti risalenti ad epoca anteriore alla trasformazione della società.

Detti falliti proponevano opposizione, convenendo la sola curatela deducendo, per quanto qui interessa, che il fallimento era stato dichiarato oltre l’anno successivo alla perdita della qualità di soci illimitatamente responsabili, avvenuta con la trasformazione, onde doveva trovare applicazione la L. Fall., art. 10, che, ove interpretato secondo il costante orientamento, che ne escludeva l’applicabilità ai soci illimitatamente responsabili di società di persone, doveva considerarsi costituzionalmente illegittimo.

Il Tribunale, con sentenza del 6/4/1990, n. 4260 del 1990, nella contumacia della curatela, respingeva l’opposizione; su appello dei M., la Corte d’appello, con sentenza del 12/11/91, revocava la sentenza di fallimento, sulla base del rilievo che non vi erano obbligazioni preesistenti alla trasformazione della società di cui fossero responsabili i soci, atteso che gli stessi erano stati liberati ex art. 2499 c.c..

Ricorreva per cassazione la curatela, deducendo la non integrità del contraddittorio, per non avere partecipato al giudizio i creditori, su istanza dei quali era stato dichiarato il fallimento; la Corte, con sentenza 9407/95, accoglieva il ricorso, cassava ambedue le sentenze di merito e rimetteva avanti al Tribunale per la rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio.

Il giudizio veniva riassunto nei confronti di tutte le parti necessarie; si costituiva solo la curatela; il Tribunale, con sentenza n. 3371 del 1998, depositata il 17/4/98, respingeva nuovamente l’opposizione, ribadendo che non era applicabile la L. Fall., art. 10, e che, ai fini dell’estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, era sufficiente l’esistenza di obbligazioni anteriori alla trasformazione.

I M. proponevano appello con atto tempestivamente notificato alla curatela, ma non iscrivevano la causa a ruolo, e provvedevano alla riassunzione con atto notificato il 13/11/2000 alla Colella Legnami s.p.a., alla A.T.C. s.n.c. il 6/12/2000, ed alla curatela del fallimento Legnami Esotici s.p.a. il 22/3/02.

La Corte d’appello, con ordinanza del 19/6/2003, rilevava che la notifica tempestiva e corretta alla curatela, eseguita il 7/4/1999, aveva impedito l’inammissibilità dell’appello trattandosi di ipotesi di litisconsorzio necessario, disciplinato dall’art. 331 c.p.c., per cui andava ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti che non avevano ricevuto la notificazione dell’appello;

che peraltro, la notificazione alle parti rimaste contumaci in I grado era inesistente, perchè eseguita presso i procuratori che le avevano rappresentate nel procedimento prefallimentare, mentre le notifiche alla curatela presso il domicilio personale e non presso il procuratore costituito del 1^ grado e quella alla Doriguzzi erano nulle; ha quindi ordinato la rinnovazione delle due notificazioni nulle ed ordinato l’integrazione del contraddittorio verso le altre parti. Adempiuti tempestivamente detti incombenti, gli appellati rimanevano contumaci, ad eccezione della Picciocchi s.p.a., che eccepiva l’estinzione del giudizio a causa della tardiva riassunzione del giudizio di rinvio avanti al Tribunale di Napoli, ex art. 392 c.p.c., chiedendo nel merito la reiezione dell’appello.

La Corte territoriale ha ritenuto infondata l’eccezione di estinzione e nel merito, in riforma della sentenza impugnata, ha revocato la sentenza del 28/6/89, con cui era stato dichiarato il fallimento personale di M.A. e G., quali soci illimitatamente responsabili della s.n.c. Figli di Gennaro Malasomma, poi trasformatasi in s.r.l. Figli di Gennaro Malasomma ed infine denominata s.r.l. Legnindustria, già dichiarata fallita con sentenza del 9/5/85.

La Corte ha respinto l’eccezione di estinzione, rilevando che l’atto in riassunzione risultava notificato tempestivamente a P. M. presso il procuratore che lo aveva rappresentato nel procedimento prefallimentare.

Sul punto, la Corte ha rilevato che il conferimento dell’azienda, che il P. gestiva individualmente all’epoca in cui aveva proposto istanza di fallimento, alla società in seguito costituita, implicava la successione a titolo particolare nel diritto controverso, per cui il giudizio iniziato con l’istanza di fallimento ben era continuato nei confronti del P. sino a quando si era costituita la società avente causa, onde correttamente l’atto di riassunzione era stato notificato al P. in proprio; la cassazione delle due sentenze di merito aveva riportato il giudizio nel grado immediatamente successivo a quello chiusosi con la dichiarazione di fallimento, ed il P. non era stato evocato in giudizio in precedenza, per cui non andava applicato il principio secondo il quale la notificazione alla parte rimasta contumace nel precedente grado del giudizio deve essere eseguita al domicilio personale, con la conseguenza che era regolare la notificazione al procuratore che aveva rappresentato la parte nel procedimento prefallimentare e presso il quale in quella fase era domiciliato.

Nel merito, la Corte territoriale ha richiamato le sentenze della Corte Costituzionale, n. 66 del 1999 e n. 319 del 2000, la quale ultima non lascia più margini ad orientamenti dissenzienti, esplicandosi in un intervento additivo, che impone di leggere la L. Fall., art. 147, nel senso che il fallimento degli ex soci illimitatamente responsabili di una società commerciale poi dichiarata fallita (o dei soci di una società trasformatasi in società di capitali), può essere pronunciato solo entro l’anno dal momento in cui essi hanno perso tale posizione, per decesso, recesso, esclusione, cessione della quota o trasformazione della società di persone in società di capitali.

La Corte ha rilevato che nel caso il dies a quo andava riferito al momento dell’iscrizione della trasformazione della società di persone in società di capitali, che segna la fine della posizione di soci illimitatamente responsabili, e che nel caso risultava che la trasformazione, avvenuta con atto pubblico (verbale di assemblea straordinaria del 6/7/82), era stata omologata dal Tribunale di Napoli il 14/7/82, il che implicava che fosse stata iscritta nel registro delle società presso la cancelleria commerciale del Tribunale (che all’epoca sostituiva ex art. 100 disp. att. c.c., il non ancora istituito registro delle imprese), rilevando, a comprova, che nel 1985 era stato dichiarato il fallimento della s.r.l., in cui si era trasformata la s.n.c., che non sarebbe stato dichiarato, ove la trasformazione non fosse stata iscritta, atteso il controllo eseguito dal Tribunale sulle risultanze del registro.

La Corte territoriale ha pertanto concluso nel senso che il termine annuale per la dichiarazione di fallimento della società, che aveva iniziato a decorrere nel luglio 1982, era longe et ultra decorso alla data di dichiarazione di fallimento della società ed ancor più quando era stato esteso il fallimento agli appellanti. Ricorre per cassazione la Picciocchi Mario s.n.c., sulla base di due motivi;

resiste con controricorso il solo M.A., mentre gli altri intimati non hanno depositato difese; la ricorrente ed il controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, la società ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 331 e 152 c.p.c., inammissibilità dell’appello, sostenendo che “non emerge alcun accertamento della ritualità e regolarità della notificazione del gravame dinanzi alla corte d’appello”, gravando sulla parte appellante il rischio del mancato rispetto del termine di integrazione del contraddittorio, a fronte del mutamento di denominazione sociale e/o domicilio, ecc..

1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’omessa motivazione circa un punto essenziale della controversia, avuto specifico riguardo all’art. 2499 c.c., vecchio testo, in relazione alla L. Fall., artt. 10 e 147, sostenendo che l’uniformazione della disciplina del fallimento del socio illimitatamente responsabile a quello dell’imprenditore individuale o collettivo, come risultante alla stregua dell’intervento della Corte costituzionale, deve essere coordinata con l’art. 2499 c.c., occorrendo serbare tutela ai creditori che si sono opposti alla cessazione della responsabilità illimitata o che ,come nella specie, non sono stati posti in grado di opporsi e/o aderire, in mancanza di comunicazione formale, mai sufficientemente provata dai M., come accertato dal Tribunale; tra le vicende della morte o perdita della qualità di socio e quella della trasformazione della società, continua la ricorrente, sussistono differenze tali da giustificare la diversità di disciplina quanto all’assoggettabilità al fallimento, e nel caso della trasformazione, non sussistono le esigenze di equità sottese alla sentenza n. 66 del 1999, nè le esigenze di certezza dei rapporti giuridici, e il permanere della responsabilità illimitata in tal caso non è automatico, ma subordinato alla mancata liberazione da parte dei creditori, ai quali quindi dovrebbe attribuirsi il valore di una manifestazione di volontà diretta a tenere ferma la fallibilità dei soci senza limiti temporali. La società ricorrente infine solleva questione di legittimità costituzionale della L. Fall., artt. 10 e 147, “là dove prevedono che il fallimento dei soci a responsabilità illimitata di società fallita non possa essere dichiarato dopo il decorso di un anno dal momento in cui essi abbiano perso, per qualsiasi causa, la responsabilità illimitata, senza tener conto degli effetti di cui al disposto ex art. 2499 c.c., o addirittura delle conseguenze della sua omessa ottemperanza”.

1.3.- Nella memoria ex art. 378 c.p.c., la ricorrente ha sollevato eccezione di inammissibilità e improcedibilità dell’appello, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado e quindi anche avanti al S.C., per non avere la parte resistente notificato l’atto di impugnazione in riassunzione a tutti i creditori interessati, come disposto nell’ordinanza della corte d’appello di Napoli del 1/7/2003, non avendo tenuto conto che il P. era deceduto, e che quindi la notifica andava eseguita agli eredi personalmente e singolarmente, irrilevante essendo l’eventuale ignoranza dell’evento da parte dell’impugnante, nè potendo lo stesso essere ammesso alla rinnovazione ex art. 291 c.p.c. (vedi Cass., sez. un., 26279 del 2009); non poteva infine valere la notifica effettuata alla società, in quanto soggetto giuridico distinto, originatosi nel 2001 dalla trasformazione della s.n.c., costituta dagli eredi per la prosecuzione dell’impresa, nè potevano venire in considerazione il nuovo testo dell’art. 164 c.p.c., come modificato dalla L. n. 353 del 1990, art. 9, nè l’art. 153 c.p.c., comma 2, come inserito dalla L. n. 69 del 2009, avendo avuto inizio il giudizio nel 1985.

La società ricorrente ha supportato l’eccezione sollevata nella memoria con la produzione della dichiarazione di successione di P.M., deceduto il (OMISSIS), e dell’atto di trasformazione della società in nome collettivo in società per azioni, per rogito notaio Guida in data 9/5/2001, registrato il 16/5/2001.

2.1.- L’eccezione sollevata nella memoria va esaminata prioritariamente ed a riguardo, in via assorbente, ed a prescindere dal vizio prospettato (se configurante inammissibilità- improponibilità dell’appello o estinzione del giudizio riassunto) vanno effettuate le seguenti considerazioni: la giurisprudenza di questa corte ammette la produzione di documenti nuovi ex art. 372 c.p.c., non solo nei casi di nullità della sentenza derivante da vizi propri della stessa, per la mancanza dei requisiti di sostanza e di forma prescritti dal codice di rito, ma anche derivante in via riflessa da vizi del procedimento, come quelli relativi alla regolare costituzione del rapporto processuale, e in particolare, nel caso di nullità derivante dalla inesistenza o nullità della notificazione della citazione introduttiva nei casi in cui la sentenza sia impugnabile solo con il ricorso per cassazione, in quanto in questi casi, la produzione di documenti costituisce l’unico modo per dimostrare, con il vizio del procedimento, la nullità della sentenza, per cui il divieto di produzione di nuovi documenti si tradurrebbe in una ingiustificata limitazione del diritto di difesa della parte (in tal senso, Cass. 23576/04, 13011/06, 13535/07, 3373/09).

Nei casi di nullità inficiante direttamente la sentenza impugnata, il S.C. si è espresso nel senso di ritenere che i documenti vanno prodotti entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., con la conseguenza che è inammissibile la produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’art. 378 c.p.c., mentre il deposito dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso e del controricorso, in base alla previsione del comma 2, può avvenire in qualsiasi momento anteriore alla discussione della causa, ma deve essere notificato mediante elenco alle altre parti,sempre che sulla relativa questione non si sia formato il contraddittorio (così Cass. 2431/1995, 8713/04, 6656/04,7600/97).

Si è pronunciata per il deposito di documenti relativi alla nullità diretta della sentenza anche al di fuori dei termini per resistere in cassazione, purchè prima dell’inizio della relazione della causa, Cass. 5480/06, richiamando peraltro il capoverso dell’art. 372 c.p.c., nel caso particolare in cui era stata depositata l’ordinanza della corte d’appello, di correzione, quanto alla indicazione del terzo componente, dell’errore materiale della intestazione della sentenza impugnata per cassazione.

Ciò posto, aderendo all’impostazione nettamente maggioritaria sopra riportata, che si basa sulla diversa specifica formulazione dell’art. 372 c.p.c., comma 2, si deve concludere nel caso per la inammissibilità dei documenti prodotti dalla ricorrente in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., così rimanendo preclusa ogni valutazione sull’eccezione sollevata.

2.2.- Il primo motivo del ricorso è inammissibile, atteso che con lo stesso la ricorrente si è limitata in via del tutto generica a rilevare che la corte territoriale non avrebbe effettuato alcun accertamento sulla ritualità e regolarità della notificazione, senza precisare in quali termini si sia verificata la “mancata ottemperanza” a quanto stabilito dalla sentenza del S.C. 9407 del 1995, e per quali profili sia stata omessa la verifica della ritualità delle notificazioni da parte della corte d’appello.

2.3.- Quanto al secondo motivo, va evidenziata la totale irrilevanza della questione sollevata, rimanendo la stessa assorbita dalle pronunce della Corte costituzionale, in ispecie dalla sentenza 319/2000, per cui, accertato il decorso del termine annuale per la fallibilità dei soci illimitatamente responsabili nel caso di fallimento della società trasformata da società di persone a società di capitali, null’altro doveva essere accertato, per cui il non avere fatto cenno all’art. 2499 c.c., nel testo vigente ratione temporis non configura in alcun modo omessa pronuncia, non attenendo alla ratio decidendi adottata.

Da ultimo, si deve rilevare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, prospettata dalla ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., atteso che proprio la sentenza del Giudice della L. n. 319 del 2000, è, stata resa in relazione a casi di trasformazione del tipo sociale, e proprio in applicazione dell’art. 3 Cost..

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,seguono la soccombenza, con distrazione a favore dei difensori antistatari, avv. Renato Mensitieri a avv. Giuseppe Mensitieri.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere alla parte resistente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, e con distrazione a favore degli avv. Renato Mensitieri e Giuseppe Mensitieri, antistatari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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