Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7512 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/03/2017, (ud. 30/11/2016, dep.23/03/2017),  n. 7512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21573-2012 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A. p.i. (OMISSIS), EQUITALIA NORD

S.P.A. ((già Equitalia Sestri S.p.A);

– intimati –

Nonchè da:

TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GIUSEPPE

GENTILE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIANLUCA CIAMPOLINI, FILOMENA PASSEGGIO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

EQUITALIA NORD S.P.A. (già Equitalia SATRI S.P.A.);

– intimata –

nonchè contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in

calce alla copia notificata del controricorso e ricorso incidentale;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 835/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/09/2011 R.G.N. 1369/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Dott. RIVERSO ROBERTO;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO;

udito l’Avvocato IOLANDA GENTILE per delega verbale Avvocato GIOVANNI

GIUSEPPE GENTILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano con sentenza 835/2011 ha accolto parzialmente l’appello della Terna – Rete Elettrica Nazionale Spa, dichiarando non dovuti da parte dell’Azienda i contributi per maternità iscritti a ruolo dall’INPS, confermando per il resto la sentenza di prime cure con la quale l’appellante, opponente a ruolo esattoriale, era stata dichiarata invece tenuta, oltre alla contribuzione per maternità nei mesi da giugno e novembre dell’anno 2005, al pagamento della contribuzione per cassa integrazione guadagni ordinaria, per cassa integrazione guadagni straordinaria, per mobilità, per disoccupazione, per CUAF. La Corte d’appello compensava inoltre le spese del secondo grado di giudizio.

A fondamento del decisum la Corte ha ritenuto che, per quanto riguarda i contributi per maternità, sussistesse una riduzione di aliquota espressamente stabilita dal legislatore al D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 79, laddove con norma avente portata di carattere generale era stata ridotto il contributo per maternità nel settore dell’industria allo 0,46% (con una riduzione del 0,57%); e che essa andasse perciò applicata anche ai dipendenti, come quelli della Terna – Rete Elettrica Nazionale Spa, iscritti all’INPDAP e non all’INPS, e che pertanto non fosse dovuta la differenza pretesa dall’Istituto nella cartella opposta in giudizio. Contro la sentenza, l’INPS ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, cui resiste Terna – Rete Elettrica Nazionale Spa con controricorso contenente ricorso incidentale con due motivi, in relazione al quale l’INPS ha depositato delega in calce alla copia ad esso notificata. Equitalia Nord è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 78 e 79, oltre al vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5) e ciò perchè contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello la riduzione di aliquota contributiva allo 0,46 % per il calcolo dei contributi di maternità prevista dall’art. 79 si applica ai soli dipendenti iscritti all’INPS e non anche a quelli che abbiano conservato l’iscrizione all’INPDAP in seguito ad opzione individuale L. n. 274 del 1991, ex art. 5.

Il ricorso dell’INPS è infondato. Questa Corte, in numerose pronunzie, ha chiarito che il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 78, comma 1, prevede, a decorrere dal 1.1.2002, la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza della fiscalizzazione degli importi delle indennità di maternità erogate per eventi successivi al 1 luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 23, con la conseguente applicabilità della riduzione contributiva anche sulle retribuzioni dei lavoratori che siano dipendenti da datori di lavoro privati e che, in forza di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della posizione assicurativa presso l’INPDAP. (v., tra le altre, Cass. n. 9593/2014, 7834/2014, 18455/2014, 14098/2014, 8211/2014). E’ stato in particolare precisato che il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 78 (in cui è stato trasfuso la L. n. 488 del 1999, art. 49, commi 1, 4 e 11), introduce la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza (“Conseguentemente”) della prevista messa a carico del bilancio statale (nei limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti, alle adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far quindi alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 23; non può quindi condividersi l’assunto dell’INPS secondo il quale la suddetta disposizione costituirebbe la disciplina di riferimento. Sotto il profilo testuale, inoltre, il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 79, stabilisce espressamente che il contributo “in attuazione della riduzione degli oneri di cui all’art. 78” è “dovuto dai datori di lavoro (…) sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti”; l’inequivoca dizione legislativa “tutti i lavoratori dipendenti” impedisce pertanto di accogliere l’opzione ermeneutica secondo cui la riduzione in parola non dovrebbe applicarsi per i lavoratori (dipendenti da datori di lavoro privati) che, per effetto di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della propria posizione assicurativa presso l’Inpdap” (Cass. n. 18455/2014).

2. Con il ricorso incidentale Terna Rete Elettrica Nazionale srl deduce al primo motivo violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 41, violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 23, (art. 630 c.p.c., n. 3) in quanto appartenendo la ricorrente al settore elettrico l’individuazione dell’aliquota per contributi CUAF da applicare andava effettuata in base alla norma, sopravvenuta alle norme del 1995 – 1996, costituita dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 41, la quale con norma di portata generale per tutto il settore elettrico ha previsto una riduzione dei contributi CUAF di 3,72 punti percentuali senza distinzione tra iscritti all’IVS – INPS ovvero all’IVS – INPDAP.

3. Con il secondo motivo il ricorso incidentale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 238, (art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto la ricorrente avrebbe avuto diritto alla c.d. aliquota ridotta dell’1,68% per i contributi CUAF dovuti per quei lavoratori delle aziende municipalizzate privatizzate del settore elettrico, che, ai sensi della L. n. 274 del 1991, art. 5, comma 1, lett. a) e b), avevano optato per mantenere l’iscrizione all’INPDAP,anche in base alle regole di carattere generale non specifiche del settore elettrico.

I due motivi, da valutare unitariamente, sono infondati.

Le questioni proposte con i detti motivi, anche sotto il profilo della necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di riferimento, sono state ripetutamente disattese dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha escluso che tali norme, interpretate nel senso della non applicabilità dell’aliquota ridotta per i dipendenti rimasti all’INPDAP, si ponessero in contrasto con superiori principi, costituzionali e comunitari.

E’ stato infatti precisato che “l’obiettivo di armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, fatto proprio alla riforma previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, non implica che sia sottratta alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione della disciplina contributiva in relazione alle peculiari necessità dei diversi enti previdenziali, sicchè non può ritenersi che le norme che implichino al riguardo una diversificazione contributiva costituiscano violazione del principio di uguaglianza; tanto meno potrebbe quindi legittimarsi una loro interpretazione che, nella suddetta ottica, si discosti dal contenuto testuale delle disposizioni scrutinate.

La manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità sollevati sussiste anche con riferimento al parametro di cui all’art. 41 Cost., la cui asserita violazione è del resto espressa in termini generici, non potendo ravvisarsi nelle specifiche disposizioni regolanti gli oneri contributivi a carico delle aziende in misura diversificata a seconda dell’ente previdenziale di iscrizione dei dipendenti una limitazione della libertà di iniziativa economica. Non consta, nè è stato dedotto, che la Commissione UE abbia ravvisato nella riduzione contributiva di che trattasi un aiuto di stato incompatibile; il che, del resto, avrebbe semmai condotto alla soppressione della disposta riduzione, non certo ad una sua estensione nel senso propugnato dalla ricorrente principale.

Ciò premesso, deve rilevarsi che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 23, laddove prevede che “Con effetto dal 1 gennaio 1996, l’aliquota contributiva di finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, (…)” è assolutamente inequivoco nel ricollegare la “contestuale” riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota contributiva dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non vi è spazio per poter ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore dei soggetti che non versano i contributi a tale Fondo; e il successivo comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote contributive dovute “all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative della medesima” suona a conferma che la ricordata previsione di cui al precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

3. Anche per ciò che riguarda le disposizioni di cui alla L. n. 488 del 1999, art. 41 deve riconoscersi che la riduzione delle percentuali contributive introdotte dal quarto periodo del comma 1 è direttamente collegata alle previsioni di cui ai precedenti periodi dello stesso comma (soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti dell’Ente nazionale per l’energia elettrica e delle aziende elettriche private e del Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia; iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti dei titolari di posizioni assicurative e dei titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti presso i detti fondi soppressi) e si applica quindi in relazione alle posizioni dei soggetti che venivano ad essere iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, non certo ai dipendenti delle imprese del settore elettrico che avevano mantenuto l’iscrizione all’Inpdap.

Parimenti il contributo straordinario di cui alla L. n. 488 del 1999, medesimo art. 41, commi 2 e 3 è testualmente ricollegato alla soppressione degli anzidetti fondi e risulta pertanto privo di consequenzialità voler desumere dalla norma di interpretazione autentica del comma 3 (L. n. 388 del 2000, art. 68, comma 7) l’estensione alle posizioni dei dipendenti iscritti all’Inpdap della riduzione contributiva di cui al comma 1″ (Cass. n. 18455/2014 e, in termini, fra le altre, v. Cass. n 14098/2014 e n. 13721/2014).

3. In conclusione entrambi i ricorsi sono da respingere per infondatezza, siccome affermato in plurime pronunce rese da questa Corte (nn. 17408/2016, 15389/2016, 4227/2016, 26662/2014, 11489/2013).

Atteso l’esito del giudizio le spese di lite sono compensate per intero.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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